Introduzione Ranieri
“Prima di iniziare e delle vostre domande, volevo mettere i puntini sulle i. Io avevo smesso di allenare, devo dire – e non lo dico perché ne ho bisogno – ho avuto più richieste in questi mesi, che quando ho vinto il campionato con il Leicester. È incredibile ed è la verità. Ho sempre detto di no. E a qualcuno ho detto “solo in due casi posso tornare ad allenare, o per la Roma o per il Cagliari”. Ma ero super convinto di andarmene per i fatti miei e vedermi il calcio da un’altra parte. Il fato, però, ha voluto che tornassi a casa. Quando sono tornato a Cagliari ho detto “è iniziata la mia carriera a Cagliari e finirà a Cagliari”. Evidentemente, il destino ha voluto che iniziassi nella Roma da giocatore e finirò nella Roma da dirigente e allenatore. Questo ci tenevo a dirlo, per esattezza di cose. Cagliari mi ha accolto come uno di loro, ci tenevo a dire queste cose. Grazie”.
In un’intervista recente a Radio Anch’io ha parlato della Proprietà giallorossa, esprimendo alcune perplessità. Questi argomenti li ha affrontati a Londra con i Friedkin? Secondo lei i proprietari hanno fatto tesoro di alcuni errori?
“Se mi conoscete, sapete che io parlo in faccia. Per cui gliel’ho detto. E io, devo essere sincero, mi ha lasciato a bocca aperta. Per le cose che ha detto. Per il bene che vuole a questa squadra, a questa città, a questo Club. Non perché è il suo. Dice, io non posso girare e vedere Roma caput mundi, al centro del mondo, e la squadra non va. Lui sa di aver speso tanti soldi, ma di non essere ancora riuscito a fare quello di cui ha intenzione. E per questo mi ha preso. Adesso tocca a me. Con la mia esperienza. Con il mio modo di fare le cose. E io mi auguro di riuscire nel mandato che mi ha messo davanti. Lui quando ha detto queste parole, io non ho potuto dire che sì. Perciò, lo ringrazio perché mi ha riportato alla casa madre. Lo ringrazio perché i tifosi sanno che se io dico A, farò di tutto poi per fare A. Non per tergiversare. Questo è quello che io mi sento di dire a voi e a tutti quanti”.
Il mister aggiunge una postilla ad una risposta data dal DS Ghisolfi, sull’assetto societario: “Noi siamo abituati a vedere le cose in modo piramidale, gli americani o la famiglia Friedkin la vedono in modo orizzontale, collegiale. Per cui le decisioni che verranno prese, verranno prese con il bene placido di tutti quanti. Tutti noi stiamo lavorando per portare la Roma dove deve stare, dove i nostri tifosi sognano. Io gliel’ho detto al presidente, “lei ha speso un sacco di soldi”. E ho aggiunto: “Ma perché non lo dice? Se lo dice, la città la ama”. E lui ha risposto: “Tempo al tempo”. Ora, ovviamente, è scioccato. Mettere dentro una barca di quattrini e non avere risultati. Avrà sbagliato persone, avrà sbagliato altro. Qualcosa, sicuro, è andato storto. Auguriamoci che ora le cose vadano per il verso giusto. Me lo auguro io, prima di tutto come tifoso. E poi come persona che sta dentro questa società come dirigente e come allenatore. Per aiutare Florent e tutte le altre persone per far sì che le cose marcino per il verso giusto”.
Lei in carriera ha utilizzato tutti i sistemi di gioco, anche a Cagliari ha proposto spesso la difesa a tre. Qual è il sistema più giusto per questa squadra?
“Io credo che ormai non esista più un sistema base, a meno che per le squadre con allenatori che stanno lì da tanti anni. Lo stesso Gasperini non gioca più solo con la difesa a tre. Ed è lì da nove anni. Tutti gli allenatori cercano di portare delle modifiche durante la partita per rovinare i piani degli avversari. Ora dirvi “giocherò in un modo o nell’altro” non sarei onesto con me stesso, prima che con voi e con i tifosi. Io devo vedere prima chi sarà in buona forma, per il mio modo di vedere il calcio, poi sceglierò se sarà il caso di giocare a 3, a 4, a 5. Non è questione di moduli, è questione di giocatori, è questione di avere giocatori che hanno voglia di sputare sangue sul tempo, anche se le cose vanno male, non voglio che mollino un centimetro. Io sono prima di tutto un tifoso e poi un allenatore. Quando me ne sono andato, ho detto: “Io sono più tifoso di tutti i tifosi”. Stavo vincendo 3-0 a Genova, ho perso 4-3. Sono entrato nello spogliatoio, ho detto: “Signori, arrivederci”. Per questo dico ai tifosi, stateci vicino. Guardate, come ex giocatore, come sportivo, giocare a casa propria con il pubblico che ti fischia è la cosa più difficile che ci possa essere. Perché tu vai in campo avverso, ti fischiano, ti caricano ancora di più. Ma i tuoi tifosi… che giustamente erano scontenti. E vi dico una cosa, che l’impegno era tanto. Ci mettevano tutto, ma correvano a vuoto a volte. Loro ci mettevano tutto, ma le cose non venivano. È sfortuna? Non lo so. Io credo nella fortuna se te la vai a prendere, a sudare. Può andare una volta male, due volte male, tre. Ma se tu insisti, alla fine deve girare la fortuna. Io voglio una squadra, un pubblico, coesi. Siamo tutti una famiglia. Società, dirigenza, allenatori, giocatori, magazzinieri, staff medico, tutti quanti, da chi cura i campi. Ho fatto un discorso a tutti quanti, mi devono aiutare più possibile. Non ho tempo di fare errori, non li posso fare. Qui iniziamo e già abbiamo tre partite una più bella dell’altra. Io devo far venire i tifosi e farli andare via con “oh, perlomeno ci abbiamo provato” se le cose dovessero andar male. Abbiamo lottato fino all’ultimo secondo, poi le cose sono andate così, però devono uscire dal campo orgogliosi della squadra. Questo mi sento di promettere ai tifosi e a me stesso”.
Qual è l’obiettivo di questa stagione? E sul ruolo dirigenziale può chiarire quale sarà?
“L’obiettivo è cercare di fare il massimo. Io, oltre al contratto, ho dei premi al raggiungimento degli obiettivi, di tutti gli obiettivi possibili. Quando stavo al Leicester avevo anche quello della vittoria del campionato, pensate un po’… Una squadra che si doveva salvare… è logico che ho messo tutti gli obiettivi, non mi voglio precludere nulla. So delle difficoltà, ma sono una persona positiva. Io non guardo “Roma mia, cosa è successo, cosa non è successo”. Io do sempre tutto me stesso, ero così anche da giocatore, sapevo che potevo giocare bene o male, però io dovevo dar tutto in campo. Qui ci sta gente che si fa delle trasferte incredibile. Ho trovato l’altro giorno, quando ero stato a Cagliari per la ricorrenza degli 80 anni di Gigi Riva, dicevo ho trovato tre tifosi che tornavano dal Belgio. A Cagliari. Gli ho detto: “Mamma mia, che giro avete fatto voi…”. Poi da Cagliari a Roma. Mi hanno detto: “Mister, era un giro per spendere di meno”. C’è gente che davvero fa dei sacrifici enormi e noi quando andiamo in campo dobbiamo sentire anche questo. Sul ruolo dirigenziale, io sono l’uomo vicino alla famiglia Friedkin. In modo che facciamo tutto insieme. Si valuterà, si vedrà e poi si cercherà di sbagliare il meno possibile. Ricordatevi, solo chi fa sbaglia. Su un bellissimo palazzo a Firenze c’è scritto: “Più facile criticare che fare”. Noi proveremo a fare, saremo criticati, ma cercando di fare le cose nel verso giusto. Questo è quello che mi è stato chiesto. C’è bisogno di una persona che è conosciuta, che sa di calcio, per far sì che la Roma stia sempre nelle prime posizioni. Poi si può arrivare primi, secondi, terzi, quarti, perché il campionato è così, ma il presidente vuole una squadra, una società seria, ha fatto molti cambiamenti. Io ho visto Trigoria, non la riconoscevo. Sta facendo delle cose belle, diciamocelo. La squadra: la squadra è la cosa più importante. Io gliel’ho detto: “Lei può fare tutto quanto”, ma la squadra è il biglietto da visita. Roma è conosciuta in tutto il mondo e lui vuole lui che Roma sia conosciuta bene anche sotto l’aspetto calcistico”.
C’è tra i progetti quello di riportare a casa un patrimonio come Francesco Totti?
“Io non sono chiuso a niente, onestamente. È logico che adesso come adesso la priorità è riportare la squadra in alto, poi sicuramente si parlerà con Francesco, per l’amor di Dio. Perché no? Se ci può dare una mano… Vediamo quello che ci può dare. Non siamo chiusi, io non sono chiuso. Questo non vuol dire, “Totti ritorna alla Roma”. Perché io le conosco le penne di voi giornalisti e fate i titoli… Siate chiari, vi prego. Sennò facciamo come quella dichiarazione: “Una bella gatta da pelare…”. Non l’ho detta io, l’ha detto quella che l’ha detto a voi. Io non sapevo che era dell’Ansa. E ho detto: “Per forza, per questo mi hanno chiamato”, sennò mi chiamavano se fossero stati primi in classifica? Poi, le parole diventano le mie… Vabbe’, va’… Però siete bravi, è incredibile. Conoscete pure i giri dell’erba, complimenti…”.
Ha già fatto richieste per il mercato di gennaio?
“No, perché ancora devo capire, devo toccare con mano e comprendere cosa ti può dare quel giocatore o quell’altro giocatore. La Roma ha preso tanti giovani e tutti validi. I giovani vanno inseriti in una squadra compatta. Qui è cambiato un allenatore, ne è arrivato un altro… Invece di proteggere questi giovani che sono tutti bravi, vanno allo sbaraglio. Per me sono tutti bravi, da qui a gennaio. Poi, se c’è l’opportunità di prendere qualcuno, e ci sarà sicuramente l’opportunità, allora mi accontenteranno. C’è un fatto, poi, in tutti gli sport di squadra che vorrei sottolineare. Non c’è un giocatore che giochi contro un allenatore. Non è vero. Non è vero. Ci sono allenatori che riescono a trovare le chiavi di entrata di ogni singolo giocatore e questo giocatore dà il 120%. Ci sono allenatori e giocatori che non riescono a trovarsi, ad avere un feeling” e questo giocatore non riesce a dare il 120%, magari dà l’80. Capite? E l’80 alla Roma non basta. I giocatori della Roma devono dare il 120%. In un modo o nell’altro. Altrimenti vanno fuori dal campo. Ho letto le critiche che sono state fatte ad alcuni giocatori importanti, ma io li vedevo, correvano come matti. Forse male, ma correvano, si impegnavano. Il cuore ce l’hanno messo sempre. Loro hanno dato il massimo, io voglio che diano con me anche di più. Però non dobbiamo fischiarli, ragazzi. Vanno aiutati. Non possiamo permetterci di fischiare nessuno. Fatelo a fine partita. A fine partita vengo io e fischiate. Ma non lo fate in partita”.
Ha sentito De Rossi in questi giorni? E, secondo lei, la squadra avverte la sua mancanza? Se ne è parlato a lungo del suo esonero.
“Ci siamo sentiti e ci sentiremo in questi giorni. Perché Daniele, oltre a essere stato un mio giocatore, è una grande persona. Lo spogliatoio? Lo spogliatoio è un quarto di spogliatoio, non ci sono ancora tutti. I primi momenti sono stati proprio… ma poi anche a vederlo, cambiare due allenatori in poco tempo non è facile per nessuno. Uno vuole giocare in una maniera, un altro vuole giocare in un’altra. Un po’ di shock c’è, è normale. Conto di riportare tutti nella stessa direzione”.
Da dove bisogna ripartire per non commettere gli errori commessi fino ad oggi?
“Non lo so, ci sono mille perché in questa situazione. E, onestamente, non mi interessano. È arrivata una nuova persona, un nuovo allenatore, gli è stata data carta bianca, e io devo fare il massimo con questi giocatori. Non mi interessa quello che è successo prima, devo dire quello che succede da oggi in poi. Da oggi sono il responsabile”.
Ci promette che non vedremo più Angelino difensore centrale? E, secondo lei, Soulé e Dybala possono giocare insieme?
“Lo prometto… Io credo che possano giocare bene. Sapete che la squadra ha degli equilibri. Io credo di sì, ma non mi sento di prometterlo perché se non lo sento, non posso dire una cosa che non sento insomma”.
I Friedkin hanno ammesso i loro errori? Poi, avete parlato della struttura dirigenziale e di una figura che la possa affiancare?
“Io voglio stare sempre solo, per me è importante lo spogliatoio. Io meno gente vedo, meglio è. Capisco che in Italia la figura di un presidente ci deve stare, è questo quello che io ho detto al presidente. In Italia, il presidente deve farsi vedere. Se ci fate caso, tutte le proprietà straniere parlano pochissimo. Io Abramovich, ad esempio, lo incontravo solo sull’aereo. Non hanno mai parlato o detto nulla. E io stavo in grazia di Dio. Noi abbiamo bisogno della figura del presidente, all’estero non esiste la figura del presidente. Esiste, ma solo per fine mese. S’è reso conto? Se mi ha chiamato, si è reso conto. Se ci sono stato dei personaggi che hanno sbagliato? Questo lo saprà lui. Io non mi sono messo a dire “chi ha sbagliato”, “chi ha fatto questo o altro”. Lui mi ha detto: “Io voglio portare la Roma ad alti livelli, per questo ho chiamato lei”. Che mi deve dire una persona di più? Io di che ho bisogno? Ho i giocatori, non mi serve altro. Io non ho bisogno di niente. A voi servono, più persone ci stanno, più notizie riuscite a prendere. Ragazzi, io vi capisco, non è facile riempire tutti i giorni le pagine. Non è facile. Avete tutta la mia stima, vi giuro. Poi vi odierò quando scriverete delle cazzate… Però non è facile, lo so”.
Nel comunicato che annuncia il suo ritorno forse non si parla troppo del futuro e magari questa stagione è meno centrale?
“No no, è super centrale. È super centrale. Io sono un allenatore, io faccio l’allenatore. Ho sempre fatto con visioni lungimiranti, non è il primo presidente che mi chiede di fare questo. Ho detto questo va bene, voglio dire, voglio fare, ma non voglio parlare di soldi. Io sono contento dei soldi che mi vengono dati. Non mi fate parlare con procuratori, che non ci voglio parlare. Io voglio dire quello che mi serve e che non mi serve. Io sono un allenatore, che poi nei momenti di concentrazione massima si guarda tutto globalmente, è un altro discorso”.
Lei ha detto che ha chiesto al suo staff di sbagliare il meno possibile. Cosa ha chiesto ai giocatori?
“Più o meno quello che ho detto a voi. Voglio il massimo da voi, mi dovete dare tutto perché non è possibile vedere la Roma in questa situazione. Qui si viene a lavorare seriamente, con il sorriso sul volto, io non accetto che si vada in qualunque posto di lavoro con un viso preoccupato. Noi siamo persone super fortunate, ci siamo scelti il mestiere. Ci sono milioni di persone che non ce l’hanno e altri che non se lo possono scegliere. Noi, proprio per queste persone, dobbiamo venire qui con un sorriso largo e lavorare con serietà, determinazione, rabbia. Solo così si ottengono i risultati. E devono essere ambiziosi”.
L’ha avuto il pensiero di far tornare De Rossi come allenatore con lei in veste dirigenziale? E magari può essere una possibilità per il futuro, dato che lei avrà voce in capitolo su questo?
“È un’ottima domanda. Adesso mi è stata data la direzione della panchina, penso a questo. Non mi sento di illudere nessuno, poi vediamo. Non ne abbiamo parlato con Friedkin in questi giorni”.
Sull’utilizzo di Dybala cosa si può dire?
“È la prima cosa che ho chiesto al presidente: “Ma il caso Dybala?”. Presidente, io faccio come mi pare. È chiaro questo? Io non voglio sapere se ha clausole, se non ce l’ha. Una volta un presidente mi ha detto: “Se gioca questo calciatore, lei va a casa”. Io gli ho risposto: “Non andrà fuori rosa, come vuole lei. Altrimenti, lo dichiara lei pubblicamente che non può stare in rosa, lei è il presidente…”. Invece, è rimasto in rosa, lui non l’ha tolto. E, secondo voi, ha giocato o non ha giocato? Ha giocato… E me ne sono andato a casa. Però io allo specchio mi posso guardare. Io al presidente gli ho raccontato questo fatto, parlando di Dybala. Voi mi vedete sempre col sorriso. Però io mi incazzo, parlo romano, mando per aria i tavoli. Un conto è quello che vedete, ma io ai miei presidenti parlo in faccia. Poi dopo sono tutte rose e fiori. Io su Dybala sono stato chiaro: non so se è vero o no, ma io scelgo chi voglio. E il presidente ha detto che andava bene? Certo, sennò non mi prendeva… Sul giocatore si vede che è di un’altra categoria. Io non voglio offendere i miei giocatori, io sono gelosissimo dei miei giocatori. Però si vede che quando Dybala sta bene fa la differenza. Parlerò con il ragazzo. Ho visto il calendario, giocheremo ogni tre giorni. Non so se potrà giocare sempre, vedremo. Ci ho scambiato due battute, gli ho fatto i complimenti. Gli ho ricordato che quando allenavo la Sampdoria, lui fece gol, l’altro lo segnò Ronaldo. Le sette meraviglie. Noi giocammo da Dio, E io, all’entrata in campo, feci i complimenti a entrambi. Paulo segnò tipo Totti al volo, “pum”. E se l’è ricordato. Lui avrà la mia massima considerazione, poi io starò lì a decidere quando può giocare. Per me può stare in campo 90 minuti sempre, tutte le partite. Li potrà fare? Ho dei dubbi. Ma se ce la fa, io non lo levo”.
Quando l’ha chiamata il presidente Friedkin? E poi, questo ruolo dirigenziale, era una cosa che era stata già proposta in precedenza?
“Florent mi ha chiamato lunedì mattina. Mi ha detto: “Claudio vorrei parlare con te”. È venuto a casa mia e poi mi ha detto che il presidente ci aspettava a Londra. E in poco tempo abbiamo fatto il volo per andare su. È stato deciso così, allenatore, dirigente, persona vicino al presidente, a Florient. Una persona che può fare bene per la Roma”.
Lo farà giocare Hummels?
“Mi sono andato a vedere un po’ di partite. Mi sono visto la finale con il Real Madrid, altre gare, mi sono detto: “Perché non può giocare questo ragazzo?”. Vediamo. Io voglio mettere in campo chi mi fa vincere le partite”.