Ecco cosa ha detto il nostro allenatore.
L'inizio è stato molto equilibrato. C'è stata forse troppa prudenza, troppo rispetto, perché è stata una Roma poco propositiva.
"Sono d'accordo, tornavamo indietro e a me questo non piace. Avevo chiesto di andare in profondità, di mettere la palla più davanti, invece tornavamo sempre indietro. Le ali le abbiamo messe apposta, sia per controbattere i loro terzini, sia per metterli in difficoltà, invece venendo dietro, venendo dentro e indietro, ritornavamo sempre dai nostri difensori, e questo non mi è piaciuto. Però va bene così.
Io credo che alla fine sia stato un derby nervoso, come al solito. La Lazio ha fatto qualcosina in più sotto l'aspetto delle opportunità da gol. Noi abbiamo fatto meno, però mi prendo questo pareggio".
Anche con la presenza di Dybala, può Soulé prendere in mano questa Roma, perché mi sembra che sia l'unico che la possa accendere.
"Se parte dall'esterno, per il momento può prendere la Roma per mano. Soltanto che oggi non riuscivamo a servirlo come facevamo tempo fa, cioè: cambio gioco e poi uno contro uno. Invece no, oggi arrivavamo sempre in ritardo, per cui davamo sempre alla Lazio l'opportunità di raddoppiarlo. Nel secondo tempo è stato molto più ficcante.
È un ragazzo che ha dei colpi importanti, è un ragazzo che trova la porta e - l'ho detto - il futuro è suo, perché ha tutto per esplodere".
Con l'entrata di Eldor, la Roma avanza di 20 metri ed è molto più pericolosa. Ti volevo chiedere se quella della doppia punta pesante è un'ipotesi che potresti considerare anche dall'inizio in futuro. E poi su Dybala: bellissimo vederlo in panchina, addirittura abbracciare i ragazzi, nonostante il lungo infortunio.
"Paulo è un leader. Era leader in campo, era leader nello spogliatoio, e adesso purtroppo per noi è leader soltanto nello spogliatoio. Viene tutti i giorni, sta sempre con tutti i ragazzi e questo è importante.
L'altra domanda me l'hanno fatta anche dopo la partita con la Juventus: io lo so che con due punte siamo più ficcanti, siamo più verticali. Il mio pensiero è sempre che, se gioco con entrambe le punte, se dopo devo cambiare qualcosa non ho calciatori che mi possano giocare là davanti.
Questo è l'unico freno che ho prima delle partite. Io sto fino al venerdì che mi dico che lo faccio giocare perché così attacchiamo, e poi quando arrivo al sabato o alla domenica mi dico '"E se poi succede qualcosa e se devo riprendere una partita, come faccio?'.
Vedo che lui, quando entra, è molto determinante. Evidentemente anche la squadra si sente più sicura di mettere questa palla in verticale. Anche Dovbyk si sente forse anche un po' meno isolato là davanti. Per cui sta a me trovare la soluzione più idonea".
Come si sente di descrivere questo ultimo atto per lei nella stracittadina? Perché ha già detto che lascerà al termine della stagione, da imbattuto.
"Sì, ci pensavo prima e ci penso adesso, perché durante la partita non pensi all'imbattibilità: pensi che stai perdendo e che devi risolvere la questione e aiutare i tuoi giocatori. Io sono di poche parole, quello che ho, quello che vivo, me lo tengo per me. Sicuramente è una cosa bellissima, da tifoso romanista. Potevo, volevo, mi sarebbe piaciuto chiudere con un'altra vittoria, non è stato possibile, mi dispiace, ma il calcio è questo. Ti regala delle cose belle, delle cose meno belle e bisogna saperle accettare, questo è lo sport".
C'è un'emozione particolare che magari ha vissuto questa sera che le mancherà di più di queste partite?
"La cosa che mi mancherà, non solo di questa partita, è tutto lo Stadio pieno: quando tu entri all'Olimpico e lo vedi pieno... Mancherà, come mancherà a tutti i calciatori che vengono a giocare nella Roma: è una cosa che ti coinvolge, ti riempie di pathos, di sensibilità, di voglia di fare, di dare sempre di più.
A me come allenatore, spinge a cercare di sbagliare di meno, perché noi allenatori dobbiamo cercare di sbagliare il meno possibile e di aiutare i nostri giocatori nel momento delle difficoltà".