È la prima volta che viene in Finlandia, cosa sa del Paese?
"In realtà è la seconda volta, e la prima per giocarci. Non sono concentrato sul Paese ma su questa partita, che dobbiamo vincere assolutamente. Abbiamo bisogno di vincere per non dipendere dagli altri risultati o per dare un’occhiata a quello che succede in Bulgaria. Sappiamo che non sarà facile: dopo la partita di andata avevo detto con la massima onestà che, finché era rimasta undici contro undici, non era stata affatto facile. Nel secondo tempo abbiamo fatto meglio e la partita è diventata facile.
Ho visto le altre partite giocate in casa dall’Helsinki contro Real Betis e Ludogorets e non sono state delle gare facili nemmeno per loro, anche se il Ludogorets è stato abbastanza fortunato: poteva andargli molto peggio. Non sarà una passeggiata, non siamo qui in vacanza. Stiamo accumulando tante partite. Questo match è cruciale per noi, perché vogliamo andare avanti nella competizione e non vogliamo scendere in Conference League, dove siamo i detentori del titolo”.
Cosa pensa del terreno artificiale e come mai la squadra non si è allenata qui?
“Non voglio lamentarmi, non voglio piangere, anche perché non ne deriverebbe alcun vantaggio per noi. Dobbiamo vincere, e non importa che si giochi su erba naturale o su un terreno sabbioso: dobbiamo restare concentrati solo su questo. Se vuoi la mia opinione, giocare sul campo artificiale è un altro sport, non è calcio, perché cambiano delle questioni a livello tecnico, non tattico: cambia il gesto tecnico. Ed evidentemente, chi è abituato a giocare su questa superficie ne è avvantaggiato. Ma ecco, ne sto parlando e sto rispondendo solo per cortesia, perché me lo hai chiesto”.
Cosa teme di più dell’Helsinki?
“Non parlare di ‘temere’, ma conoscere, essere preparato. Dopo l’andata, ho fatto i compimenti al loro allenatore, perché ho visto una squadra molto bene organizzata. A dire la verità, penso che negli ultimi anni le squadre scandinavi si siano evolute molto: dieci, venti anni fa, qua potevi trovare qualche giocatore molto bravo, ma non delle squadre molto brave. Oggi vedi le squadre finlandesi, danesi e svedesi molto bene organizzate, con allenatori preparati.
All’andata ho avvertito che dall’altra parte c’era una squadra che sapeva quello che voleva fare in campo, che aveva una buona identità. E come ho detto, in undici contro undici sarebbe stata una gara difficile per noi. Giocando domani undici contro undici, dovremo giocare a un livello alto, perché è un avversario difficile”.
Dopo tutti i discorsi sulle difficoltà nel fare gol, pensa che questa possa essere la partita della resurrezione, quella dove l’attacco possa sbloccarsi e qualcuno possa pagare pegno?
“La squadra. Quando si parla in modo positivo, sono molto felice di esaltare le individualità. Quando si tratta di commentare le cose negative, non mi piace. L’ho fatto già qualche volta con la stampa, perché qualche volta ti scappa, ma per principio è una cosa che non mi piace: siamo noi come squadra a dover segnare di più, non voglio andare sui singoli”.
Con questo campo, con le difficoltà che avete, con le assenze e i giocatori che non stanno al 100%, il gap nel ranking UEFA tra la Roma e Helsinki si riduce?
“Il ranking non mi interessa per niente: mi interessa quello che succede in campo. Contro di loro abbiamo giocato e non ho avvertito questa differenza abissale nel ranking. Il ranking è un po’ come le statistiche della partita: una squadra che ha fatto cinque azioni pericolose e che non ha tirato tra i pali, a livello di statistiche sembra che non abbia creato nessuna opportunità.
Per me, gli unici numeri che nel calcio non puoi smentire sono i numeri di gol fatti e i punti accumulati se vince. Tutte le altre statistiche possono essere interpretate. In questo caso, il ranking è costruito con criteri dubbiosi. Per me, l’Helsinki è una buona squadra.
Quando lei parla del campo, penso di avere già risposto. Chi è abituato ad allenarsi e a giocare ogni partita qui ha un vantaggio. Sarà per questa ragione che, pur avendo un bellissimo stadio qua a fianco, lì non si gioca”.
Ci sono motivi di sponsor.
“È una buona scusa. Poteva dire che ci giocano in campionato, ma quando arriva una competizione europea… Però è anche una responsabilità della UEFA, non è semplicemente una responsabilità del club. L’anno abbiamo giocato due partite sul sintetico e sono arrivate due sconfitte. Una delle due è stata storica. Però poi abbiamo giocato la partita della verità, quando ai quarti abbiamo ‘ammazzato’ il Bodo. Domani non avremo un’altra opportunità: sarà l’ultima volta che giocheremo con l’Helsinki e non ci sarà un’altra gara all’Olimpico. Se domani perdiamo, siamo fuori. Per questo, non sono venuto in conferenza per parlare del campo: perché non c'è da piangere, dobbiamo giocare e dobbiamo vincere".
Nella manovra, sta avvertendo più difficoltà di manovra da parte degli esterni, nel saltare l’uomo e creare la superiorità numerica? Perché questo poi influisce sugli attaccanti.
“Non ho problemi a rispondere. Non sono d'accordo con lei, è semplice: una squadra che ha problemi di manovra è una squadra che non crea opportunità da gol. È così. E se nell'ultima partita contro una squadra prima in classifica non abbiamo creato dieci opportunità, contro l'Atalanta – un’altra buona squadra di Serie A - ne abbiamo create quindici.
La manovra è positiva. A livello di esterni, l’unica cosa che si può dire è che, per gli infortuni, non abbiamo mai giocato tre, quattro partite di fila con gli stessi esterni. Anche Zalewski, che è un esterno di sinistra, si è trovato a giocare a destra. Celik è infortunato da un mese e Spinazzola dopo l’anno scorso ha dei limiti, e fa ancora un po’ di fatica a giocare tre, quattro partite di fila per 90 minuti.
Ma a livello di manovra, non sono d'accordo. Però nel calcio i numeri obiettivi, quelli che non puoi dire che non siano veri, sono il numero di gol segnati e i punti fatti. E fino ad adesso, abbiamo segnato poco".
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