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    Mourinho: "La mentalità giusta è pensare alla partita di venerdì"


    José Mourinho ha parlato in conferenza stampa presso il centro sportivo “Fulvio Bernardini” di Trigoria durante la giornata UEFA Media Open Day.

    Ecco le sue parole.

    Lei è rimasto molto colpito dal rapporto di empatia creato con il pubblico di Roma. Le piacerebbe un progetto a lungo termine qui, diventare tipo il Ferguson della Roma?

    “Sir Ferguson è stato 20 anni al Manchester United. Io oggi ho 59 anni, arrivare a 79 è difficile. Ma capisco la tua domanda. A me piace tanto stare qui. Questo è visibile, si sente. Ho accettato un profilo di progetto e questo progetto è di tre anni. Vediamo dopo quale sarà il profilo di progetto dopo questi tre anni”.

    “Penso di rimanere qui questi tre anni, non sto pensando e nemmeno cercando di partire prima di questi tre anni. E poi si vedrà la direzione di questo progetto. Tante volte i progetti si avvicinano di più a quello che si pensa, a volte si allontanano, ma il calcio è soprattutto oggi e al massimo domani. Domani voglio stare qui. La prossima stagione voglio stare qui. È il modo più obiettivo per rispondere alla tua domanda”.

    Cosa sente di aver già vinto in questo primo anno a Roma, a prescindere da come finirà la finale di Tirana? E cosa serve per portare avanti questo progetto?

    “Difficile per me fare un bilancio, è molto difficile. È molto difficile rispondere. Domanda complicata…”.

    C’è grande entusiasmo a Tirana per aspettare la Roma e Tirana. Ma ci sono anche problematiche con i tifosi romanisti, vista la capienza del nostro stadio di 20mila persone. E poi su Kumbulla, ci sarà nel suo stadio?

    “Con Kumbulla o senza Kumbulla, mi auguro che i tifosi di Tirana stiano di qua e non di là. Se la Roma vince la coppa, ci sarà un albanese che vincerà la coppa a Tirana. E questo per me deve essere più che sufficiente per stare più vicini alla Roma che al Feyenoord. Questo riporta un equilibrio. Noi giochiamo una finale venerdì e un’altra mercoledì, mentre l’altra squadra no è già in vacanza e con più riposo sulle gambe. Magari questa connessione tra Albania e Kumbulla può riequilibrare questo squilibrio. La finale in Albania è un doppio piacere. Uno perché giochiamo la finale, due perché andrò per la prima volta in questo paese. Inoltre, ho qualche amico a Tirana”.

    “Il fatto che lo stadio abbia pochi spettatori per tifoserie come quella della Roma e del Feyenoord è l’unica nota negativa. Se si giocasse in uno stadio da 40-50 o 60mila persone sarebbe poco. Se si giocasse questa partita al Santiago Bernabeu sarebbe pieno. Ma un paese come l’Albania merita questa opportunità. Ho giocato già in Macedonia del Nord con il Real Madrid, la finale di Europa League con il Manchester a Stoccolma. Sono paesi che meritano eventi di calcio come questi. Sarà bello, soprattutto sarà bello se Kumbulla alzerà la coppa”.

    Lei e Carlo Ancelotti siete tra i tecnici arrivati nelle finali UEFA. Qualcuno vi aveva dato per finiti troppo presto?

    “Io penso che il problema con Carlo è che quando tu alleni l’Everton, sicuramente non vinci la Champions. Il problema con me è che la gente ha guardato qualche lavoro mio per vincere e non era per vincere. Quando abbiamo una storia di successi regolari, quasi ciclici, si può dire questo tipo di cosa. Non è un problema. Io non mi sono mai preoccupato di questo. Non penso a nuove generazioni. Penso alla qualità. E la qualità non si vede con l’età”.

    “Ci sono giocatori fortissimi di 20 anni e fortissimi di 40. Per esempio, il gol di Quagliarella contro la Fiorentina mi piacerebbe vederlo in alcuni dei miei ragazzi di 20 anni, magari avremmo vinto con il Venezia. Per gli allenatori quando viene a mancare la passione, sei finito. Conosco molto bene il sottoscritto, conosco molto bene anche Carletto. Quando la passione c’è, la qualità c’è, siamo noi a decidere quando basta. Se qualcuno aspetta che io dica basta, deve aspettare tanto perché non sarà presto”.

    Per concludere al meglio questa stagione si devono incastrare un paio di risultati nelle prossime due gare. Se questo non avvenisse, sarebbe una beffa? Ma – a suo avviso – per diverse ragioni, sarebbe lo stesso una stagione positiva?

    “Questo rischio esiste, non possiamo dire che si tratti di uno scenario impossibile. Esiste questo rischio. Ci sono due finali per giocare, ipoteticamente si possono giocare entrambe e perdere. È un rischio che esiste. Io lo so, i giocatori lo sanno. E non è una situazione facile da gestire. Io sono capace di pensare solo a venerdì, infatti non sono contento di stare qui oggi a parlare in un evento dedicato alla finale di mercoledì”.

    “Non ho potuto fare un allenamento vero e proprio perché l’allenamento è stato aperto a voi. Sono stato tutto il tempo seduto in panchina, senza poter fare esercitazioni tattiche o altri allenamenti specifici. È stato un allenamento fake. Però è una realtà, ci sono vari modi per approcciarsi a questo scenario. Sicuramente c’è chi pensa di concentrarsi solo sulla finale di Tirana. C’è chi pensa di mettere i migliori venerdì e poi pensare alla finale di Tirana, che è una gara unica, con 50 e 50 di possibilità. C’è chi pensa metà e metà”.

    “Se tu mi fai la domanda, quale dei tre è la filosofia che mi piace più a me, per me è tutto venerdì. Il problema è che non posso essere io a pensare solo a venerdì. I giocatori devono pensare lo stesso, i miei assistenti devono pensare lo stesso, i medici devono pensare lo stesso. Oggi nell’allenamento non abbiamo nascosto nessun giocatore. Ovvero, Smalling, Karsdorp, Zaniolo, Mkhitaryan. I giocatori che non erano lì sono giocatori che in principio non sono disponibili per venerdì, in questo momento. Non è facile. Sarebbe più facile essere già qualificati o essere già fuori dalla forza. Il mio modo di pensare, è tutto per venerdì”.

    Ceferin ha svelato una conversazione telefonica con lei in cui lei gli esprimeva la sua contentezza di essere in finale di Conference League. Il fatto che lei sia in finale, è uno spot per la UEFA? E poi, notizie sulle condizioni di Mkhitaryan e Zaniolo?

    “Mkhitaryan ha avuto quell’infortunio contro il Leicester, ha bisogno di tempo. Quanto tempo, vedremo. Non ha fatto ancora un allenamento con la squadra. Nessuna possibilità per venerdì e poche per mercoledì. Zaniolo poche per venerdì, penso di più per mercoledì. Ma se le poche possibilità per venerdì diventasse più grande, io farei di tutto per recuperarlo. Smalling è infortunato, zero per cento di possibilità di giocare venerdì, in dubbio per mercoledì. Karsdorp è tra i quattro quello che ha più possibilità di recuperare”.

    “Per questa finale, io mi sono emozionato perché più per me, io pensavo alla gente, ai giocatori, meno a me stesso. Ovviamente voglio il trofeo e la finale per me stesso, ma ovviamente per me è più importante la gente che non vive un momento così da tanto. Per i giocatori che possono fare un primo passo, vincendo un titolo. Sono meno egocentrico, più uomo di gruppo e di club. Mi piacerebbe vincere per loro, aiutare a farlo. Mi piacerebbe tanto”.

    “Per l’UEFA, dico la verità. Quando esiste un cambio, esistono sempre critiche e scetticismo. La gente che fa un passo di rischio, ha bisogno di aiuto. È una nuova competizione che quando ha iniziato, la gente ha visto i playoff. E quando vedi i playoff squadre di diversi paesi, magari senza club inglesi o spagnoli. Pensi che sia una competizione minore”.

    “Poi arrivano in fondo club come Roma, Marsiglia, Leicester, Feyenoord bisogna che questa squadra la prendano sul serio. Per dire le quattro semifinaliste. Semifinali con 70mila persone. Lo stadio nostro pieno, il Velodrome pieno, lo stadio del Leicester pieno. Siamo contenti di aver aiuto l’UEFA e questa nella prossima stagione sarà una competizione ancora più attrattiva”.

    Lei ha giocato diverse finali in carriera. Sta riscontrando differenze tra questa preparazione al match e le altre?

    “Sì, sento che è più difficile. Ho anche dato degli esempi internamente, prima della finale di Champions con l’Inter, dovevamo vincere lo scudetto. E tutta la gente era concentrata su quell’obiettivo. A Porto è successo esattamente lo stesso. Sento qui un’euforia generale che si sente e che non aiuta a direzionare un focus ad una partita che per me è la più importante, ovvero la prossima. Lo confesso, non è facile”.

    “Abbiamo cercato di fare tutto con il direttore Tiago, che nessun giocatore si deve preoccupare a livello logistico. Ma è più globale di questo. È una cosa che si sente fuori. Quando vai a un ristorante, a un supermercato. Nessuno ti dice: “Andiamo a Torino”. Non esiste Torino. E questo nasce dalla gioia di giocare una finale e di avere il 50% di possibilità di vincere un trofeo. Ma la mentalità giusta è pensare a venerdì”.

    “Quello che mi fa sentire un po’ frustrato, noi meritavamo già di essere quinti e con tanti punti di punteggio. Tra arbitri, var, noi che abbiamo sbagliato, io che ho sbagliato, sfortuna, dovevamo già essere quinti. Ma non lo siamo. Venerdì abbiamo una partita da giocare, da giocare in modo serio”.

    C’è ancora in ballo teoricamente il quinto posto, per arrivare davanti la Lazio. Sarri dice che è provinciale fare questo tipo di discorsi. A lei interessa?

    “Io di solito non commento le parole dei miei colleghi, ma quando sono d’accordo è più facile commentare. Io sono d’accordo, non si deve guardare alla destra o alla sinistra per dire abbiamo finito davanti o dietro. Lo dicevo pure quando abbiamo perso il derby e quando lo abbiamo vinto. Ho capito cosa significa qui perdere un derby e stravincere un derby. È troppo”.

    “Però è cultura, è cultura popolare e io come allenatore ho cercato di imparare la cultura popolare di ogni posto in cui sono stato. E quando diventi romanista, sei romanista. E so che questa cosa è importante. Il quinto o il sesto posto nella pratica è la stessa cosa, quinto o settimo è differente, quarto o quinto è differente. La finale è quello che in definitiva fa la differenza. Se la finale significa un trofeo, significa di più”.

    Dell’allenamento fake, di cui ha prima parlato, mi hanno colpito un paio di cose. Ibanez che fa il jolly, Spinazzola a destra. Possono essere delle indicazioni?

    “Ibanez da jolly significa che lui è fantastico in tanti aspetti del suo gioco, non è così fantastico da sviluppare gioco nella visione, nei passaggi, dove ci sono le sue limitazioni. Giocando da jolly, lui ha la possibilità di avere sempre palla, in diverse zone di gioco, anche in zone dove ha pressione intorno a lui e non soltanto davanti come quando gioca da difensore centrale. E sicuramente lo aiuta a pensare più veloce, a eseguire più veloce. Cristante lo fa da qualche mese e onestamente mi sembra che abbia migliorato tanto come giocatore posizionale lì”.

    “Spinazzola con il Venezia non è andato male per niente. Peccato per il cartellino giallo, per un giocatore non al massimo del potenziale poteva creargli difficoltà nel secondo tempo. Però quei 45 minuti ha giocato senza problemi. Il fatto di allenarlo sul destro significa che, al momento, non abbiamo Karsdorp. A sinistra abbiamo soluzioni come Zalewski, abbiamo Vina, abbiamo El Shaarawy se giochiamo a tre. E Leo, che preferisce giocare a sinistra, quando arriva il momento di difficoltà, dobbiamo giocare con quello che abbiamo. E se lui dovrà giocare a destra, giocherà a destra”.