Diamo un’occhiata a come lo spagnolo è diventato uno dei giocatori più vincenti nella storia del calcio e una figura fondamentale in due dei club più importanti del mondo e in nazionale...
Pedro Eliezer Rodriguez Ledesma nasce il 28 luglio 1987 da Juan Antonio Rodríguez e Monserrat Ledesma in una cittadina chiamata Abades, nel sud di Tenerife, isola delle Canarie, in Spagna.
Conosciuto come Pedrito, a causa della sua piccola statura, Pedro ha confessato al Guardian di possedere le caratteristiche tipiche del canario, sia come calciatore (“la velocità, l’abilità e la predisposizione offensiva”) sia come persona (“rilassata, alla mano”).
Pedrito, che è cresciuto giocando nel cento sportivo della sua città – l’”El Poli” – ha descritto la filosofia calcistica canaria in questo modo: “Ci insegnano a giocare sul breve, a trattare il pallone. Tendiamo a essere forti tecnicamente”.
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Andiamo avanti di 16 anni, quando Pedrito si unisce alle giovanili della squadra locale, il San Isidro, dove si mette in mostra nella squadra under-18 – realizzando 35 reti nella sua prima stagione.
Alla fine della stagione 2003-04, Pedro ha già esordito in prima squadra e nell’agosto dell’anno successivo si trasferisce nel club che sognava sin da bambino, dopo aver impressionato gli osservatori del Barcellona al torneo giovanile Adeje disputatosi nella sua isola natale.
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Pedro soddisfa la sua grande fame di trofei aiutando la formazione under-18 blaugrana a conquistare il campionato e la coppa nazionale di categoria nella stagione 2004-05.
Pedro segna inoltre il secondo gol nel 2-0 inflitto dal Barcellona allo Sporting Gijón nella finale della Coppa del Re giovanile, un’abitudine che non abbandonerà facilmente.
Dopo due stagioni nella terza squadra del Barcellona, Pedro disputa il suo primo anno nella formazione B, agli ordini di un allenatore con il quale sarà in futuro protagonista, Pep Guardiola.
Ma è Frank Rijkaard a far esordire il ventenne Pedro in prima squadra, inserendolo nel finale di una gara contro il Murcia. Pedro entra in campo con il numero 33 e il nome Pedrito sulla schiena.
Ma quel soprannome non è destinato a durare: “Mi piace Pedrito, perché mi hanno sempre chiamato così, ma se il club preferisce Pedro, Pedro sia” – afferma a El País un anno più tardi.
“Se fosse brasiliano, lo chiamerebbero Pedrinho e il club non avrebbe abbastanza soldi per metterlo sotto contratto” – aggiunge Guardiola.
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Guardiola ha sostituito Rijkaard sulla panchina blaugrana e inizia a inserire gradualmente Pedro in prima squadra.
Un momento importante ha luogo nell’ultima partita della stagione, quando Pedro fa una breve apparizione sul prato dello Stadio Olimpico, dove i catalani centrano il primo triplete della loro storia, sconfiggendo il Manchester United nella finale di Champions League.
A 22 anni, Pedro è a tutti gli effetti un giocatore della prima squadra e segna il suo primo gol con il Barcellona nella gara di andata di Supercoppa spagnola contro l’Athletic Bilbao, il 16 agosto, e firma il suo primo contratto con la prima squadra catalana appena quattro giorni più tardi.
Nello stesso mese, Pedro mette a segno un altro gol in finale, realizzando la rete decisiva contro lo Shakhtar Donetsk nei tempi supplementari, consegnano al Barcellona la Supercoppa europea.
Segnando in semifinale e – sì, avete indovinato – nella finale del Mondiale per club ad Abu Dhabi, Pedro diventa il primo giocatore della storia a segnare in sei competizioni diverse nell’arco della stessa stagione.
Lo fa dopo che sono trascorsi appena cinque mesi dall’inizio della sua prima effettiva stagione con il Barcellona, segnando in Supercoppa spagnola, in Coppa del Re, in campionato, in Champions League, nella Supercoppa UEFA e nel Mondiale per club.
Mostrando come sempre una certa dose di umiltà, Pedro afferma: “Mi sono reso conto di essere entrato nella storia del calcio, ma quello che più mi interessa è la vittoria della squadra. È sempre stata la mia priorità e senza il duro lavoro e l’impegno dei miei compagni, nulla di quello che ho fatto sarebbe stato possibile.
Sebbene sia fiorito tardi, Pedro è ora in piena maturazione e viene convocato per la prima volta
in Nazionale nei ranghi, nientedimeno, della Spagna di Vicente Del Bosque pronta a partire per il Mondiale in Sudafrica.
Partito dalla panchina nelle prima gare della competizione, Pedro gioca da titolare la semifinale e la finale del torneo – una mossa che paga, visto che la Spagna finisce per alzare al cielo la prima Coppa del Mondo della sua storia.
“Abbiamo remato tutti dalla stessa parte e l’obiettivo finale – diventare campioni del mondo – era molto più importante di qualsiasi ambizione personale” – scrive poi Pedro sul suo sito. “Vincere la Coppa del Mondo è stato davvero incredibile”.
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Un’altra finale, un altro gol.
Questa volta Pedro, che ha ricevuto la medaglia d’oro delle Isole Canarie – dopo il gol fondamentale realizzato contro i rivali del Real Madrid nella semifinale di Champions League – mette a segno il primo gol del Barcellona nello show blaugrana ai danni, ancora una volta, del Manchester United.
Il Barcellona diventa la prima squadra della storia a centrare per due volte il triplete, vincendo il campionato, la coppa nazionale e la Champions League e Pedro è uno dei sette giocatori protagonisti di entrambe le imprese.
Dopo aver conquistato il Mondiale due anni prima, la Spagna di Del Bosque conquista anche l’Europeo, battendo in finale un’Italia che annovera tra le sue fila leggende giallorosse del calibro di Daniele De Rossi e Antonio Cassano.
Pur non essendo sceso in campo in nessuna della tre gare della fase a gironi, Pedro gioca i quarti, la semifinale e la finale, dimostrando ancora una volta di essere l’uomo adatto per le partite decisive.
Andiamo avanti di tre anni, quando Pedro decide, dopo 11 anni, di lasciare il Barcellona, in una sala stampa del Camp Nou gremita che vede ad assistere alla conferenza di addio anche alcuni dei suoi compagni di squadra, come Messi, Neymar, Andrés Iniesta e Gerard Piqué.
“La cosa più difficile in questo momento è dover salutare i miei compagni, le persone che lavorano nel club e i tifosi, che mi hanno sempre sostenuto” – afferma Pedro.
A riprova della sua generosità, il trasferimento di Pedro al Chelsea comprende una somma da destinare alla sua prima squadra, il San Isidro, che consente di salvarla da una situazione economica precaria, assicurandole un futuro.
L’abitudine a vincere di Pedro si conferma tale anche a Londra. Al termine della stagione 2018-19, il suo gol nella finale di Europa League (neanche a dirlo!) gli consente di conquistare il 25º trofeo della sua carriera.
Questa rete permette inoltre a Pedro di stabilire un altro record. Non è solamente, infatti, il primo spagnolo ad aver segnato in finale di Champions League, di Europa League, di Supercoppa UEFA e nella finale del Mondiale per club, ma è anche il primo giocatore ad aver vinto Champions League, Europa League, Premier League, Mondiale ed Europeo.
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Con il calcio fermo a causa del coronavirus, Pedro sottolinea la necessità che il mondo del calcio si assuma maggiori responsabilità dal punto di vista sociale.
Attraverso la sua fondazione – la Fundación Canaria Pedro Rodríguez Ledesma – Pedro ha contribuito a distribuire dispositivi di protezione a infermieri e dottori impegnati in prima linea in Spagna nel combattere la pandemia.
“Credo che l’intero mondo sportivo possa contribuire, non solamente il calcio, e ci sono molti settori in cui è possibile dare il proprio aiuto” – afferma attraverso il sito ufficiale del Chelsea. “È possibile donare dei soldi, anche piccole somme, perché tale denaro potrà aiutare molte persone”.
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A Pedro non viene concesso di salutare il Chelsea a dovere. Lo spagnolo è infatti vittima di un infortunio alla spalla durante la finale di FA Cup ed è costretto a lasciare il campo sul punteggio di 1-1. Sarebbe stato uno scenario perfetto per assistere a qualche suo altro colpo di magia.
Pedro si sottopone a un intervento alla spalla subito prima di mettere nero su bianco il nuovo accordo con la Roma, dove cercherà di scrivere un’altra pagina di storia, una storia che è già di per sé una favola.
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