"Cos'è la Roma per me? La Roma è a prescindere". A prescindere dai risultati: "La Roma è una passione viscerale". E Damiano Tommasi la Roma l'ha amata, la ama e la dipinge in 50 personaggi che l'hanno fatta grande. Edito da Gribaudo, gruppo Feltrinelli, "Ti racconto i campioni della Roma" (240 pp., illustrazioni di Paolo Castaldi) è in vendita online e in libreria dal 29 aprile.
C'è un'immagine che spiega perfettamente il rapporto tra Tommasi e la Roma. È quella che ne immortala l'esultanza dopo il gol alla Fiorentina, il 27 novembre 2005. Il primo dopo il tremendo infortunio che ne minò la carriera. “In quella foto c’è il ricordo della mia storia con la Roma, per la quale ho dato tanto e dalla quale ho ricevuto tutto quello che ci può stare se allargo le braccia e rivolgo le mani verso il cielo”.
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Perché un campione della Roma ha scritto un libro sui campioni della Roma?
"Sono stato lusingato. In realtà, ci sarebbero stati anche voci più autorevoli della mia. La difficoltà è stata scegliere cinquanta volti della Roma".
Nel 2005, un quotidiano la accostò a Giacomo Losi, titolando “Core de Roma”. Allo stadio, i tifosi cantavano “undici Tommasi”. E dal 2015, lei è nella Hall of Fame del Club. Come spiega l’immenso amore che i romanisti provano per lei?
"Come scrivo nel libro, il paragone a Core de Roma mi ha imbarazzato, per quello che è stato per la Roma e per la nostra categoria: Losi è stato uno dei fondatori dell'Associazione Calciatori. Forse, i tifosi hanno apprezzato il fatto che io fossi a conoscenza dei miei limiti ma che facessi di tutto per superarli".
"Penso a quel ragazzo - si chiama Luca - che nonostante venissi fischiato alzò lo stendardo Tommi, io sto con te. Quel mio approccio alle partite - la volontà di dare il 100% - era quanto la gente chiedeva ai propri idoli. L'appartenenza a una delle Roma più vincenti di sempre ha fatto il resto".
Tra gli ex romanisti che celebra nel libro, e con i quali ha giocato, a quale è più legato?
"A Eusebio Di Francesco. L'ho sempre considerato un fratello maggiore. Poi, direi Marco Delvecchio: dopo l'infortunio a Irdning, mi ha fatto sentire a casa. Non glielo avevo mai detto. Questo libro è stata l'occasione per farglielo sapere. Il terzo nome che faccio è quello di Perrotta. Con Simone ho giocato meno, ma il vero legame di amicizia è nato a carriera finita, nell'Associazione Calciatori".
E tra quelli che non ha conosciuto, qual è quello che l’ha affascinata di più?
"Tutti quelli del gruppo del secondo Scudetto, da Tancredi a Di Bartolomei. E poi Giacomo Losi. Mi sarebbe piaciuto condividere lo spogliatoio con lui. Incontrandolo, ho avuto la percezione che fosse stato quel tipo di capitano che piace a me".
Giorgio Rossi non è stato un presidente, un allenatore o un calciatore. È stato un massaggiatore. Eppure, lei lo ha inserito tra i campioni della Roma. Perché?
"Quella su Giorgio è stata una delle prime schede che ho scritto. Giorgio ha incarnato lo spirito della Roma. È stato una certezza della Società. Un suo fedele servitore".
La notte prima della partita Scudetto, rivela di avere letto un libro su Di Bartolomei. Proprio Ago diceva che ci sono i tifosi di calcio e poi ci sono i tifosi della Roma: lei è d’accordo?
"Sì. Quando qualche amico mi dice di essere un tifoso sfegatato della Roma, io gli rispondo che è un tifoso della Roma. Punto. Perché è naturale essere visceralmente legati alla Roma. Non si può simpatizzare per la Roma: la Roma può solo essere tifata. Questo è un pregio. Certo, se poi questo ti basta, potrebbe anche diventare un limite".
"Però il romanismo è un valore che la Società si deve tenere stretto. Un calciatore che arriva alla Roma ha la possibilità di fare benissimo. Di vincere. Però, prima di tutto ha il dovere di mostrare di possedere il senso di appartenenza. Tanto per capirci, all'addio al calcio di Bruno Conti lo stadio era strapieno nonostante il giorno prima la Roma avesse perso la finale di Coppa Uefa con l'Inter. Un trofeo come Bruno Conti non ce l'ha nessuno in bacheca".
Le possiamo domandare cosa ama di più di Roma?
"Quando penso a Roma, penso all'incedere dei millenni. Di Roma amo quindi la luce. La luce della sua leggenda".
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