La sua professione è quella di montatore cinematografico, ha sempre vissuto con la settima arte e “i lupacchiotti” rappresentano la passione della vita. Di pellicole in carriera ne ha assemblate oltre 100, mettendo la firma in diversi film di successo come “Paulo Roberto Cotechinho, centravanti di sfondamento”, “Il tifoso, l’arbitro e il calciatore” con Pippo Franco e Alvaro Vitali, “L’allenatore nel pallone 2”, “L’ultimo rigore”, oltre che una lista lunghissima di commedie sexy all’italiana, genere tipico degli Anni 70 e 80.
Moriani è stato uno dei montatori di fiducia di Sergio Martino, il regista – tra i tanti – de “L’allenatore nel pallone” e “Cornetti alla crema”. C’è tutto questo, poi c’è la Roma. La Roma è una cosa sua, di Alberto e basta: “La Roma non se discute mai”.
Alla notizia della scomparsa dell’ex attaccante brasiliano – il romanista che ha segnato più di altri nei derby – lui ha reagito piangendo. “Dino era il nostro idolo. La mia squadra, la mia Roma, aveva Da Costa in campo insieme ad altri dieci. Posso citare una formazione dell’epoca: Panetti, Cardoni, Cardarelli, Giuliano, Stucchi, Venturi, Ghiggia, Pestrin, Nordahl, Da Costa, Lojodice”. Questa è del 1956: “Ma poi si sono aggiunti pure Manfredini, Orlando e tanti altri. Io partivo da casa, dalla Garbatella, e andavo al Tre Fontane a vedere gli allenamenti quasi ogni giorno con l’autobus, il 93”.
Il rapporto con i calciatori, allora, era diverso, più diretto. E una volta con Da Costa accadde un fatto: “Ricordo un pomeriggio come gli altri. Io stavo con i miei amici al campo di allenamento della Roma. Stavamo sempre là. I giocatori stavano tutti in campo, tranne uno: Da Costa. Dino era da solo sul terreno a fianco dove era presente una rete tipo da tennis. Lì i calciatori si allenavano a calcio tennis. Ci avvicinammo. C’era il cancelletto aperto, Da Costa ci accolse e ci mettemmo a fare degli scambi con il pallone con lui. Ricordo delle bordate incredibili. Gli dissi: “Dino, oh, io non so’ mica Lovati. Tira piano”.
Roberto “Bob” Lovati era il portiere della Lazio che Da Costa batteva sempre nelle stracittadine.
Guai a chi lo toccava, Dino: “Una volta la Roma giocò a Padova e alla radio sentii una notizia che mi fece preoccupare non poco, che Da Costa era stato colpito al volto in uno scontro di gioco e che sarebbe tornato in città senza due denti. Ero ragazzo, ci rimasi male davvero”. Poi Alberto è cresciuto, ma il calcio e la Roma, sono rimasti amori fanciulleschi: “Provai pure a giocare a calcio, ma vedevo Rivera esordire in Serie A a 16 anni. Io a 16 anni stavo sui campi di terra e mi accorsi rapidamente che non era cosa per me”.
Il cinema lo è stato, invece: “Grazie alla famiglia iniziai a fare diversi lavori. Mio padre era elettricista di set, mi suggerì di provare a fare da assistente operatore. Poi, attraverso un altro mio fratello che lavorava da fonico, ho iniziato negli studi di post-produzione. Inizialmente sincronizzavo audio e immagini video. Con il tempo sono passato a montare spot pubblicitari, fino ad arrivare ai film. Nel mio campo ho assistito ad un’evoluzione epocale. Dal lavorare la pellicola in moviola, dunque in analogico, fino ad arrivare al digitale con Avid e Lightworks”.
Anche la Roma e il calcio sono cambiati con il tempo. Non il suo legame per la Roma, però: “Ovviamente, oggi vado meno allo stadio. La sera non posso guidare e la nostra amata squadra gioca spesso in notturna. Ma seguo sempre tutto su Sky, DAZN e mi informo ascoltando le radio. A volte chiamo pure da ascoltatore. La Roma è un pezzo della mia vita”.
"Da ragazzo prendevo il 93 e andavo sempre al Tre Fontane"
- Alberto Moriani
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