
Roma, 6 marzo 2025. Lo Stadio Olimpico fa il giro del mondo in brevissimo tempo, intorno alle 21 di sera. Si gioca l’ottavo di finale di andata di Europa League, ma almeno nei primi 15 minuti della partita si fa fatica a seguire cosa succede sul terreno verde perché lo spettacolo degli spalti è qualcosa di unico, che distoglie dall’evento sportivo.
Bandiere. Bandiere giallorosse ovunque. Oltre 60.000 spettatori presenti, un numero di bandiere non quantificabile. Belle, semplici, metà gialle e metà rosse, chi se l’è prodotte per conto proprio e chi l’ha ereditate di famiglia, nel tempo.
“Er tifoso romanista dei tifosi è sempre er più”, cantava Lando Fiorini nel suo inno che ascoltiamo ancora oggi prima di ogni partita. La serata di Roma-Athletic è stata qualcosa di forse irripetibile, e in qualche modo il soffio della gente romanista ha spinto in rete quel tiro di Shomurodov al 93’ per il 2-1.
Serate del genere le abbiamo viste anche in passato con la stessa passione, sotto altre forme, in diversi momenti storici negli ultimi 40 anni. Ecco alcuni ricordi.
È la stagione della grande rincorsa alla Juventus in campionato per il primo posto. La Roma di Eriksson – seconda – è la squadra che gioca meglio in Italia. Dopo una serie di risultati utili di fila, arriva ai fianchi dei bianconeri. Battere la formazione di Trapattoni, significherebbe tanto. Non tutto, ma tanto. E l’Olimpico non si fa trovare impreparato. Prima della partita è tutto “incartato” di giallo e rosso. E sul campo, non c’è match: Roma 3, Juventus 0.
“Tutto lo stadio”, si canta a più riprese il 19 marzo 1996 allo Stadio Olimpico. “Tutto lo stadio” per una rimonta che sembra impossibile, ma in realtà si può fare. “Tutto lo stadio” trascina la Roma di Mazzone contro lo Slavia Praga, dopo aver perso l’andata 2-0 in trasferta. L’atmosfera è coinvolgente e aiuta la Roma a portarsi sul 3-0 ai supplementari, ma poi segnerà Vavra.
"Sempre s'innalza la nostra bandiera, simbolo di fede, volontà e vittoria". È lo striscione della scenografia in Sud prima del derby Lazio-Roma del novembre 1998. Nessun disegno o rappresentazione particolare, solo un mare di bandiere per tutta la curva. In campo finisce 3-3 dopo una rocambolesca partita, ma doveva essere 3-4, con un gol annullato a Delvecchio.
La partita del terzo scudetto giallorosso. È il 17 giugno 2001. Oltre 70mila spettatori sulle tribune dell’Olimpico, percepiti almeno 20mila in più. Non si trova nemmeno una scaletta libera, figurarsi un seggiolino… Ogni tifoso porta due bandiere, l’effetto scenografico direziona subito l’esito del match. Deve vincere la Roma per cucirsi addosso il tricolore. E vince, 3-1. In una giornata indimenticabile.
“Giallorossa al ciel si innalza, è lei che fa la storia”. È il testo della scenografia del derby di andata del campionato 2018-19. Moltissime bandiere giallorosse per tutto il settore più caldo del tifo romanista. E anche grandi. Tanto basta per dare la carica giusta alla squadra, che fa sua la stracittadina. Segnano Pellegrini, Kolarov e Fazio. 3-1 finale.
Sono i quarti di finale di ritorno di Conference League. La Roma deve recuperare uno svantaggio maturato all’andata per 2-1 in casa del Bodo Glimt. Serve uno Stadio che giochi insieme alla squadra. E non solo gioca, l’Olimpico, al fianco dei giallorossi, ma stravince letteralmente. Non c’è storia, dal primo minuto. Anzi, anche prima. Tanto che le immagini televisive inquadrano un incredulo Ola Solbakken all’ingresso in campo (all’epoca, attaccante della squadra norvegese).
Roma-Leicester, semifinale di ritorno di Conference League, dopo l’1-1 dell’andata. La squadra giallorossa può conquistare un’altra finale europea. Basta vincere, anche solo di un gol. Basta vincere, avendo un giocatore in più a disposizione: lo Stadio Olimpico.
E quel “fattore” si fa sentire per tutta la gara. La palla in rete la mette Abraham, per l’1-0 finale, la Roma si aggiudica l’ultimo atto della competizione a Tirana. Il resto è storia.