
A parlare è Claudio Ingrassia, uno che ha fatto parte della storia della Roma, anche se giocando una sola partita ufficiale con questa maglia.
Classe 1953, ad inizio anni 70 fu tra i talenti più promettenti del settore giovanile giallorosso. Di lui si è sempre detto e scritto un gran bene. Giocava in attacco, sia esterno, sia centrale, “ma sono sicuro che se avessi fatto il centrocampista – ruolo che ho scoperto solo in età più matura – avrei ottenuto molto di più nel calcio”.
Nel 1971 – quando Claudio aveva 18 anni – Il Corriere dello Sport titolò a tutta pagina: “Gli otto cuccioli della Roma”, parlando dei migliori giocatori della Primavera. E tra questi c’era lui, Ingrassia, in una fotografia ritratto insieme a Stefano Pellegrini, Rosati e Quintini. Sempre nel ’71 debuttò in Prima Squadra, in Coppa Italia contro la Ternana l’8 settembre.
La ricorda quella partita?
“E come faccio a dimenticarla, fu il mio esordio con la Roma, allo stadio Olimpico. Avrei potuto anche giocare dall’inizio, così scriveva il giornale la mattina, ma poi La Rosa – che non stava al massimo – fece di tutto per giocare dall’inizio e io entrai nel secondo tempo. Feci un paio di tiri pericolosi, ma la partita si concluse sullo 0-0. Quella fu la stagione in cui poi vincemmo il torneo Anglo-Italiano. La mia carriera, poi, l’ho fatta altrove tra Eccellenza e altre categorie”.
Se dovesse fare un nome per ringraziare qualcuno?
“Direi Helenio Herrera. Arrivai alla Roma a 15 anni e lui veniva a vedere le nostre partite degli Allievi in panchina. Ricordo che mi incitava: “Ingrassia, vai in gol, vai in gol”. E spesso segnavo. Immaginate per me cosa potesse significare. Ero molto giovane e lui era uno degli allenatori più vincenti in circolazione. Di lì a poco arrivai a giocare in Primavera sotto età, tanto che ci restai per circa tre anni prima, appunto, dell’esordio”.
Nel suo percorso calcistico è stato anche allenato da due simboli del romanismo, Guido Masetti e Giacomo Losi.
“Masetti era un uomo d’altri tempi, di esperienza, molto rigoroso, allenava la Berretti della Roma. Quando correvamo, ci inseguiva con i frustini per farci andare a velocità ancora più sostenuta. Come fanno con i cavalli… Un gran personaggio. Così come Losi, stravedeva per me. Era il mio allenatore al Banco di Roma, in C2. Mi ha insegnato tanto. Però mi fa piacere anche menzionare alcuni compagni di squadra, tra questi Stefano Pellegrini”.
Un altro grande talento.
“Era il più forte di tutti. Se io segnavo 10 gol a stagione in Primavera, lui ne faceva 20. Avrebbe potuto fare molto di più in Prima Squadra. Quando venne a mancare, una decina di anni fa, lo seppi solo alcuni giorni dopo. Restai molto male una volta appresa la notizia”.
Ha giocato anche insieme a Ranieri, sempre nelle giovanili giallorosse.
“Sì, abbiamo due anni di differenza. Claudio faceva l’attaccante centrale, io giocavo all’ala. Prima di diventare un grande difensore, stava in avanti. A lui mi legano tanti ricordi e abbiamo sempre avuto un bel rapporto”.
Qualche aneddoto?
“Durante un ritiro, prima di un torneo a Sanremo, proprio con Masetti allenatore, facemmo impazzire il direttore di un albergo con una serie di gavettoni… Eravamo molto giovani e spensierati. Poi, anni dopo, ci abbracciamo quando io giocavo in Eccellenza al Monterotondo. Lui aveva iniziato da poco ad allenare, venne a farmi una sorpresa al campo, avevamo in comune un amico che combinò il nostro incontro”.
Di recente, l’ha più rivisto?
“Sì, ci siamo parlati un paio di volte negli ultimi anni. Una quando allenava l’Inter, la seconda quando era tornato ad allenare la Roma nel 2019. Mi piacerebbe incontrarlo di nuovo, magari insieme a mio figlio”.
Suo figlio non ha giocato a pallone?
“Sì, ed era anche bravino. Aveva fatto un buon percorso regionale, ma poi è entrato come Vigile del Fuoco a Mantova e si è stabilito lì al Nord. Ma torna spesso a Roma, nella stazione dei Vigili del Fuoco a Capannelle a fare dei corsi. Oggi ha 43 anni. Mi fa piacere andare allo stadio con lui a vedere la partita”.
Siete stati insieme a Roma-Monza, invitati dalla Società.
“Sapevo di questa iniziativa, che gli ex giocatori possono venire allo stadio, invitati dalla Società, anche se hanno una sola presenza ufficiale come il sottoscritto. E abbiamo portato bene, direi… Sono contento per Claudio (Ranieri, ndr), è bravo, che gli vuoi dire come allenatore? Per me è un sacrificio fisico venire all’Olimpico, data la mia condizione attuale, ma per Marco lo faccio volentieri. Come questa intervista, così potrà leggere del papà che giocava nella Roma”.