Si conoscono praticamente da sempre, da quando giovanissimi si ritrovarono nel settore giovanile giallorosso. “Non ci vediamo spesso, ma quando succede è come se il tempo non fosse mai trascorso. Con Claudio è sempre stato così”.
A parlare è Roberto Vichi, attuale capo scout della Squadra Femminile, e con un passato da calciatore negli anni 70 e 80. Fece parte di "una delle Primavera migliori della nostra storia, con Rocca, Peccenini, Di Bartolomei, Conti, Claudio stesso, ma soprattutto Stefano Pellegrini, era davvero il più forte di tutti", per poi finire a diventare uno dei pilastri del Catanzaro di Gianni Di Marzio che arrivò in Serie A, nel 1976. E il “Claudio” di cui fa menzione è Ranieri.
Il loro percorso nel calcio è iniziato praticamente in simbiosi nella Roma e a distanza di 50 anni le due strade si ricongiungono, dal punto in cui era partito per entrambi. Sempre alla Roma.
L’ha sentito il mister?
“Sì, ci siamo scambiati qualche battuta dopo che aveva firmato a Londra. Sa che cosa gli ho detto?”.
No, racconti pure.
“Che io ero l’ex giocatore tesserato del Club più longevo… Ora mi ha tolto questo primato, diciamo così. Abbiamo tre anni di differenza, lui del 1951, io del ‘54…”.
Dopo l’annuncio, è stata pubblicata sul sito ufficiale anche una foto di voi due da giovani. L’ha vista?
“Certo, me l’hanno mandata sul telefono diversi amici, stavamo in ritiro con Helenio Herrera. Eravamo giovani, erano bei tempi, facevamo parte della Roma”.
Che altro vi siete detti?
“Che mi fa molto piacere vederlo non solo da allenatore, ma anche in questa veste dirigenziale che andrà a ricoprire. Lo merita per tutto quello che ha dato al calcio e soprattutto alla sua Roma, nei momenti in cui c’è stato”.
Sensazioni nel rivederlo ancora a Trigoria?
“Sono felicissimo perché lui è sempre l’uomo giusto, al posto giusto. È serio, onesto, trasparente. Il professionista non sta a me giudicarlo, ci sono i risultati ottenuti nel tempo con qualunque squadra. È bravo, bravissimo, a far rendere al massimo i giocatori che ha a disposizione, motivandoli e trasmettendo loro tranquillità. Ho seguito Claudio da allenatore sin dagli esordi, pensi che quando ero al Pro Cisterna lo proposi per la panchina, lui era proprio alla primissima esperienza, aveva da poco smesso di fare il calciatore, gli dissi di venire a parlare”.
E come andò?
“Gli fu proposto di iniziare dalla C1 con la Campania Puteolana. E preferì partire da un livello più alto, noi eravamo in C2, scelta che ovviamente condivisi. Dopo quella parentesi andò al Cagliari e da lì abbiamo assistito alla sua ascesa brillante da allenatore, uno dei pochi italiani ad aver guidato squadre anche in Premier, in Liga e in Ligue 1”.
Ad un certo punto, poi, le vostre strade si sono rincrociate a Torino, nella Juventus.
“Per merito di Claudio. E ancora oggi lo ringrazio. Quando arrivò alla Juventus nel 2007, dopo qualche mese mi chiamò e mi disse che mi avrebbe proposto come responsabile scouting per il Centro e Sud Italia della Juventus. In pratica, dovevo relazionare su tutti i giocatori che mi venivano segnalati sul territorio da seguire: sia affermati, sia giovani. Per me fu una possibilità lavorativa importantissima, che mi aiutò anche sul piano personale e che mi permise di lasciare la mia attività di assicuratore. La sua esperienza si chiuse dopo due stagioni, nonostante gli ottimi risultati che ottenne. Io ci restai per undici anni. Fino a quando…”.
Fino a quando?
“Fino a quando mi chiamò la Roma per ricoprire la carica di capo scout del settore giovanile, circa dieci anni fa. E non c’è bisogno che dica altro, per il sottoscritto fu la chiusura di un cerchio e il coronamento di un sogno, iniziare nella Roma e finire nella Roma”.
Proprio come il suo amico.
“Esatto. Io e lui ci siamo sempre continuati a sentire e il rapporto non è mai venuto meno, non solo sul lato personale, ma anche professionale. Le racconto questa: nel 2009, nemmeno circa un mesetto dopo il suo primo insediamento alla Roma da allenatore, gli proposi di venire a fare un’amichevole ad Anzio, io ero il direttore generale dell’Anziolavinio. Lo stadio – di circa 3mila persone – come dire, non era pieno… Era oltre. E per Anzio non si poteva camminare nemmeno a piedi, tanta era la gente che venne a vedere la partita”.
Accennava al ritorno nella Roma, dal 2018 è diventato capo scouting della squadra femminile.
“I primi tempi non sono stati facili, dico la verità. Entravo in un contesto che non avevo mai conosciuto a fondo. Eravamo io e Gianmarco Migliorati, l’attuale DS della squadra femminile. La squadra era appena nata e c’era tantissimo lavoro da fare. Da quel momento la nostra salita ai vertici del calcio italiano è stata rapida e meravigliosa. Sono stati i cinque anni più belli della mia vita. Non dico bugie. Abbiamo vinto due scudetti consecutivi, due Coppa Italia, la Supercoppa. Ma a parte i titoli, voglio sottolineare un altro aspetto”.
Prego.
“Quanto il movimento femminile abbia preso piede in questa città. Penso al Tre Fontane sempre pieno, l'ultimo esempio il derby di domenica impreziosito da una grande vittoria. Penso a quella notte da brividi all’Olimpico di Champions League contro il Barcellona con 40mila spettatori. Ancora oggi mi emoziono quando ci penso. E tutto questo è successo rapidamente”.
Quali sono stati i segreti di questa evoluzione?
"La Proprietà c’è stata dietro sempre facendo investimenti importanti e nel nostro settore al Giulio Onesti lavorano tantissimi professionisti che non solo amano il loro lavoro e lo sanno fare, ma amano la Roma. Oltre a Gianmarco, a Betty Bavagnoli, a Carlo Stigliano e a mister Spugna, mi piace ricordare tutto lo staff tecnico, i dottori e i fisioterapisti, il segretario e la team manager ma anche i magazzinieri e la comunicazione. Nel frattempo, nel nostro reparto scouting sono entrati anche due collaboratori, Alex Taribello e Ilaria Cesarini. È davvero una squadra che funziona perfettamente, non solo in campo. L'obiettivo è di crescere sempre, crescere ancora, per attestarci a livelli top anche in Europa”.
Restando sull’attualità, Emilie Haavi ha da poco firmato il rinnovo per altri due anni.
“Sa come l’abbiamo presa? Ero andato in Norvegia a Lillestrom per seguire una calciatrice, ma non lei. Emilie entrò nel secondo tempo e mi impressionò. A fine partita chiamai Gianmarco e gli dissi: “Abbiamo l’ala titolare per i prossimi anni, sono sicuro che ci farà crescere”. E così è andata. La nostra conoscenza del movimento mondiale è diventata capillare. Seguiamo migliaia di profili”.
Vuole dire una cosa pubblicamente a Ranieri prima di salutarci?
“Forza Roma, il resto lo sa da solo”.
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