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    Le parole di De Rossi in conferenza stampa alla vigilia di Cagliari-Roma


    Alla vigilia di Cagliari-Roma, mister De Rossi ha risposto alle domande dei giornalisti in conferenza stampa.

    Queste sono state le sue parole.


    Ci sono indisponibili per la partita di domani? E come sarà gestita la vicenda Dybala?

    “Non ci sono indisponibili. Paredes giocherà con la Primavera perché è squalificato, ha bisogno di minuti, di giocare, visto che è arrivato più tardi. Siamo contenti di questo sostegno del settore giovanile, della Primavera.

    Sul resto, sappiamo che ci sono delle cose, abbiamo sentito… Scherzi a parte, Paulo sta con noi, tutti quanti i giocatori, anche altri possono avere delle situazioni di mercato. Ma lui viene con noi, è convocato”.

    Hai fatto quattro mesi e mezzo da allenatore della Roma, ora inizi una stagione intera. Quali sono le tue speranze, i tuoi sogni, le tue ambizioni?

    “Sono le speranze, sono i sogni di altri 8, 9, 10 allenatori che lotteranno per gli stessi obiettivi, chi più e chi meno. Spero di continuare a vedere questo entusiasmo e questa dedizione al lavoro che hanno avuto i ragazzi in tutto il precampionato.

    La prima fase era piena di ragazzi giovani, che ci hanno dato una mano grande, con la loro qualità hanno tenuto alto il livello dell’allenamento, nonostante ci fosse differenza. L’ultima parte è stata fantastica. Abbiamo lavorato bene insieme. Vorrei poter dire che quelli che ci sono oggi ci saranno anche il 2 settembre, ma sappiamo che non è così per nessuna squadra, quindi andremo a rilavorare su quello che abbiamo fatto anche in futuro. 

    Il sogno è di riuscire a riportare questa squadra il più in alto possibile. E secondo me, la direzione mentale dei giocatori, per quello che ho visto, è ineccepibile”.

    Vorrei chiedere all’allenatore De Rossi come valuta l’eventuale perdita di Dybala dal punto di vista tecnico, tattico. E al tifoso, chiedo: come si fa a digerire una partenza così importante al livello emotivo?

    “Tu non mi puoi chiedere di fare il tifoso. Io non sono più un tifoso, ora. Lo sono, lo sarò sempre…”.

    Dico, che messaggio si può mandare?

    “Il messaggio è quello che cerco di fare sempre: cercare di trattare con delicatezza degli argomenti che per un tifoso sono vitali. Se tu parli della cessione di un giocatore - non so - a mia madre, o a una persona che non è tifosa, puoi sentire ‘ok, va bene…’. Se ne parli con un tifoso, tu sai che questi giocatori sono legati a momenti belli, indimenticabili, momenti brutti ma che ti hanno unito a quel giocatore. Forse, solo uno più di può sapere meglio di me cosa significhi essere legati a un popolo. Quindi, quello che posso fare io è cercare di parlarne con delicatezza. E quello che posso fare invece da allenatore è cercare di non parlarne quando si tratta solo di voci, di indiscrezioni. Io non posso commentare dei rumors, delle negoziazioni, delle chiacchiere. Primo, perché non sono stato presente, non sono stato parte in causa di queste discussioni. E poi perché ho una partita importante domani. Io non devo entrare nel merito, penso che poi lo farà un domani Paulo e spiegherà quello che è successo in questi giorni. A livello tecnico, Paulo è un giocatore forte. Lo era due mesi fa, lo è anche oggi. Ho sempre detto che era un giocatore forte ed è un giocatore forte”.

    Sul progetto tecnico?

    “Quello che dovevo dire l’ho detto alla società e l’ho detto a Paulo. Sono sempre presente con i miei giocatori. Ho parlato spesso sia con quelli che potevano partire, con quelli che volevano partire, con quelli che volevano delle rassicurazioni, con quelli che giocavano poco e volevano capire se dovevano partire. Parlo sempre con tutti, ho un bel rapporto, dico sempre le cose in faccia e per ora sta funzionando dal punto di vista umano. Non posso più andare oltre. Quello che dovevo dire l’ho detto a chi lo dovevo dire, e sicuramente alla società. Qui alla Roma, nessuno è più importante della Roma. Questo è un concetto importante. 

    L’altra volta le mie parole sono state un pochino travisate, stranamente, dopo che le ho dette. Niente e nessuno è più importante della Roma stessa e io non ho alcun interesse, o secondo interesse, o obbligo di silenzio: io voglio solo fare la squadra forte. Una cosa mi salva: la squadra forte. Salva me, salva tutti gli allenatori. Squadra forte, giocatori forti; giocatori forti, risultati buoni. Se uno ha piacere a buttarla su altri temi, non devo neanche rispondere. Mi dovrebbero conoscere un pochino. 

    Io sto qui per fare una grande carriera da allenatore, per fare una grande stagione con la Roma. Il mio obiettivo è solo quello: far sì che, quando lascerò la Roma, sarà in una posizione di classifica superiore a quella in cui l’ho trovata”.

    Soulé come si è inserito, come lo valuta? Qual è il tasso di pericolosità di questo giocatore?

    “Il tasso di pericolosità lo dice quello che ha fatto l’anno scorso. A volte, ci limitiamo a valutare il fatto che abbia giocato in una squadra che è retrocessa, oppure il fatto che ci aspettavamo che avesse fatto 40 gol. È un giocatore che in 5-6 statistiche, quelle che piacciono un po’ a noi quando diventiamo un po’ nerd, e guardiamo il dato singolo, tra gli under 23 è uno dei primi in quasi tutte le classifiche: assist, dribbling fatti, riusciti, fatti, assist, passaggi filtranti. Quella è la pericolosità sua. Poi, noi dovremo essere bravi a metterlo a suo agio. Ma parlando di lui, vorrei parlare anche degli altri ragazzi, che si sono inseriti bene e si stanno facendo trovare pronti. 

    Una menzione va anche per quelli che c’erano l’anno scorso, anche quelli che hanno avuto poco spazio: si stanno allenando bene e stanno tenendo alto il livello di questa squadra”.

    Lei ha detto: “Il mio obiettivo è avere una squadra più forte”. Come si concilia il fatto di perdere il giocatore più forte del campionato italiano con l’avere una squadra più forte? Poi: lei ha utilizzato il termine delicatezza, ha fatto capire che non vorrebbe parlare di questa cosa e finora non si è parlato di Cagliari-Roma. A questo proposito, il suo predecessore, a un certo punto ha iniziato a lamentare l’assenza di un personaggio mediatico, che potesse proprio parlare di queste cose.  Non avverte l’assenza di un personaggio che possa parlare di queste cose al posto suo?

    “In questo momento, neanche un dirigente può parlare di queste cose, appunto perché sono voci o qualcosa in più di qualche voce. Magari anche io il 2 settembre ne parlerò senza problemi, ne parlerà il giocatore interessato o la società. Non è che non ne voglio parlare perché è un tabù o perché ho paura di sbagliare, ma perché in questa fase non si dovrebbe parlare di queste cose, credo che anche un dirigente farebbe fatica a dire qualcosa finché non è compiuta. 

    Credo che anche Paulo farebbe fatica a dire qualcosa, finché non è compiuta. Il 2 settembre lo sapremo e ne parleremo tranquillamente. Io non è che ho bisogno che qualcuno parli di certe cose. Io in generale vorrei parlare di meno, mi conoscete da quando ero giocatore: facevo un’intervista all’anno, una conferenza all’anno, altrimenti mi vedevate a fine partita se ero stato il migliore in campo o se avevamo perso. Quelle erano quelle le circostanze in cui parlavo. 

    Non mi piace parlare così tanto. Oggi capisco che la conferenza è un po’ più succulenta, per il resto le conferenze prepartita sono completamente inutili perché noi facciamo sempre un po’ di pretattica. E quindi parlerei di meno. Poi, se tu mi dici, ‘domani entrerà una figura nel tuo staff che si occuperà di queste cose, e tu parlerai di meno’, perfetto. Mi dicono: “Domani parlerà ai tifosi questa persona che si chiama tizio, caio e sempronio”. Valuteremmo questa persona e magari sarei anche contento di abbracciarla”.

    Però, come si concilia la cessione di un grande giocatore con il fatto di voler fare una grande squadra?

    “Vedi, però, che tu mi vuoi far parlare di questo? Perché la prima domanda è stata su questo. Comunque, non lo so. Abbiamo l’esempio di una squadra che 24 mesi fa ha venduto Fabian Ruiz, Koulibaly, Insigne, Mertens: quattro giocatori molto forti. Non più forti di Paulo, ma molto forti. E poi hanno vinto lo scudetto.

    Non sto dicendo questo, non sto dicendo che succederà questo o che abbiamo bisogno di fare questo per vincere lo scudetto. Io penso che le squadre, anche perdendo pezzi molto importanti, possono rinascere in maniera inaspettata. Oppure, in maniera aspettata a livello tecnico da parte degli allenatori”.

     Prima ha detto che domani Paulo parlerà e spiegherà la situazione. Ho capito male io?

    “Un domani. Più avanti, penso”.

    Ha detto che ha anche parlato con la Proprietà: ha percepito da parte dei presidenti una voglia di consenso popolare? Ricordo, ad esempio, il non acquisto di Leonardo Bonucci.

    “Non capisco a tu cosa ti riferisca in particolare. Il discorso Bonucci, probabilmente, si lega alla delicatezza della società, di un allenatore, si rende conto del valore di un giocatore che per la società non aveva. Immagino, non ero presente. 

    Io ho fatto delle scelte spesso e volentieri mie. Sono io che avrei dovuto prendere decisioni o aver fatto dei ragionamenti. Non è che si fidino ciecamente di quello che dico, però i giocatori li ho scelti io, li ha scelti il direttore: a livello tecnico, le scelte sono state fatte in questo senso qui.

    Qui ci lasciano carta bianca, altrove magari c’è un presidente che può mettere più bocca, però i giocatori si scelgono così. Come tutte le altre squadre, penso. Fermo restando che a volte il primo obiettivo non lo puoi prendere, il secondo sfuma, il terzo vuole troppo, e magari vai a scendere.

    Il desiderio di avere un consenso popolare non l’ho percepito. Forse, hanno piacere che la gente sia contenta qui a Roma. Come io ero contento fino a qualche giorno quando non prendevo insulti sui social, eccetera, eccetera. Ma abbiamo un lavoro da fare, abbiamo un lavoro da svolgere, e io delle convinzioni tecniche”.

    Pochi giorni fa, lei ha detto che si aspettava l’innesto di altri calciatori. Dove ancora si può investire? In quale reparto? O c’è una caratteristica che manca?

    “Ieri ho fatto un discorso alla squadra: so che il momento è particolare, delicato. So che qualcuno può essere confuso, distratto, attirato da altre discussioni. Per favore, andiamo a Cagliari e pensiamo al Cagliari. Pensiamo solo a questo, come se fossimo ad ottobre e ci stessimo giocando una gara importantissima.

    Ho anche detto che se qualcuno fosse stato distratto o non se la sentiva, poteva tranquillamente parlarne e lo avrei accettato. Se io continuo a parlare di mercato, sto facendo il contrario di quello che ho chiesto di fare a loro. Soprattutto il ruolo, il dove, non è mai giusto dirlo qui. Ma è giusto farlo nelle sedi opportune, con la società, come ho fatto. 

    È giusto dirlo a qualche giocatore che deve sapere, che deve prepararsi. Perché non glielo dico il 30 agosto a qualcuno, che prenderò un altro nel suo ruolo. Così lui valuta, si organizza, se si muove, si cerca la sistemazione migliore. Qui, però, non è carino. Se poi non arriva quella caratteristica o quel giocatore, quello che rimane è un qualcosa di non voluto da parte mia. Non è un buon inizio con questa etichetta addosso. Poi, quello che chiedo è sempre la stessa cosa: l’ho già fatto”.

    L’accenno è sulla reazione social che c’è stata nei suoi confronti. Vista la storia che lei ha avuto con questa maglia, forse si è andati un pochino oltre. E il lavoro che sta facendo con Dovbyk, rispetto a quello con Lukaku, quanto cambia?

    “Le caratteristiche di Dovbyk non sono così distanti da quelle di Romelu. C’è un’età diversa, ci sono un’esperienza e una carriera diverse alle spalle, ma bene o male come giocatore non andiamo completamente a cambiarla. Non abbiamo preso un falso nove, ma un finalizzatore, un 9, che attacca molto bene lo spazio.

    Veloce, molto veloce, abbastanza pulito nei controlli, nei disimpegni, decisivo dentro l’area come ha dimostrato negli ultimi due campionati. Poi, le consegne sono sempre quelle, magari cambia sempre qualcosina di partita in partita, ma stiamo cercando di fargli capire cosa vogliamo noi dall’attaccante. Ma anche di non dare a lui troppe indicazioni. Perché mi sono accorto che nella prima parte del ritiro ai nuovi chiedevo troppe cose. E sul campo volevano fare dieci cose insieme. Quindi, abbiamo diminuito un po’ il numero delle consegne. Per cercare di farli focalizzare su quello che è fondamentale, anche perché sono tutti giocatori molto intelligenti.

    Enzo Le Fée, ad esempio, i primi dieci giorni voleva fare qualcosa di giusto per la squadra e magari si dimenticava dove stava il pallone. Lo abbiamo lasciato un po’ più libero e abbiamo visto un altro giocatore. Anche perché fisicamente ha preso condizione e abbiamo abbassato i carichi. Così sarà per tutti i nuovi”.

    E sulla reazione social?

    “Non è piacevole, ai social do poco peso, anche se poi socialmente ne hanno tanto, perché la maniera di parlare, di interagire, il modo di fare è quasi quotidiano. Anche se nel quotidiano quello che mi hanno scritto non lo direbbero, ma non perché io sia spaventoso o perché io sia un pericolo, ma perché se vedi uno per strada non gli auguri un tumore o gli dici che deve morire la famiglia. Quindi, adesso sorrido. Sono cose che per 10 minuti, per mezzora, danno fastidio. Cento messaggi così sono brutti, poi conti quanti sono i romanisti, e questi messaggi fondamentalmente sono pochi. Poi ogni tanto apri anche la foto di chi ti ha scritto e a volte sono 14enni, 15enni, a volte sono dei subumani mai visti. Quindi, uno lascia correre. Chi proferisce quelle parole dietro una tastiera, non è degno di tanto interesse. 

    Per il resto, sì, mi dispiace. Spero sempre di essere amato, sapevo, quando sono venuto qui, che si poteva incrinare qualcosa di quello che è stato da calciatore. Ma anche da calciatore abbiamo vissuto dei momenti delicati. Di base non sono mai stato amato, protetto, come sono stato con i tifosi della Roma, ma allo stesso tempo nessuno mi ha mai fatto male come hanno fatto alcuni tifosi della Roma qui: laziali, juventini, napoletani, nessuno.. È un po’ insito nella natura dell’uomo. Sappiamo farci voler bene, sappiamo voler bene, ma sappiamo anche odiare. Non penso che sia cambiato qualcosa con i tifosi romanisti. Magari, qualche risultato buono aiuterà a riportare il sereno anche con quelli che si divertono sui social”.


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