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    De Rossi: “Siamo la Roma, dobbiamo cercare di regalare ai romanisti un'altra notte felice”


    Alla vigilia dell’andata degli ottavi di Europa League, mister De Rossi ha risposto così alle domande dei giornalisti in conferenza stampa.

    Queste sono state le parole del nostro allenatore.


    Cosa pensa del Brighton e cosa ci dice del suo rapporto speciale con De Zerbi?

    “È vero, abbiamo un ottimo rapporto con Roberto, sin da quando ero calciatore. Dopo le partite – lui muoveva i primi passi da allenatore – chiacchieravamo e gli esprimevo la mia ammirazione per il tipo di gioco che proponeva, a Benevento, a Palermo… Di fatto, parlavamo del suo presente e di quello che sarebbe stato il mio futuro.

    Roberto ha delle idee di calcio assolutamente brillanti, è un tecnico diverso, innovativo. Ma non è soltanto lui: hanno ottimi calciatori, hanno acquistato tanti giocatori buoni, mi aspetto una gara complicata”.

    È il 50esimo sold-out della presidenza Friedkin. L’Olimpico può rappresentare un’arma in più?

    “Siamo noi che dobbiamo cercare di regalare ai tifosi un’altra notte felice, e non loro a portarci a vincere la partita. L’unione delle due cose sarà molto importante. Penso che per ogni calciatore venire a giocare qui, in questa cornice, in questa atmosfera, sia molto bello, anche per gli stranieri. Ma penso anche che loro siano abituati a giocare in stadi grandi, belli, con grande calore, visto che in Premier la cornice è sempre molto appassionante. Ma magari qui troveranno un calore, una passione ancora maggiore”.

    Quel nono posto del Brighton quanto può valere, in confronto alla Serie A? E pensa di giocare a tre o a quattro?

    “Non è facile fare un paragone sul nono posto loro, per capire in che posizione si troverebbero in Italia. Sicuramente, sono un club emergente, che non ha una storia decennale. 

    Credo che sia stato molto bravo Potter all’inizio nel creare qualcosa, e Roberto adesso gli stando qualcosa di ancora più riconoscibile in giro per il mondo. Credo che gli stia creando un vero e proprio marchio, che lui si porta dietro.

    Ora, dire se sarebbero noni, ottavi o decimi da noi, non si sa. Anche perché il quarto è il Bologna, che è una storia un po’ simile, anche se ha più storia alle spalle”.

    Il Brighton potrebbe essere un Bologna?

    “Beh, penso che Roberto abbia creato qualcosa di simile quando ha allenato il Sassuolo, dove ha fatto grandi stagioni, e non è facile arrivare a quei livelli, lo stiamo vedendo anche quest’anno (De Rossi si riferisce alla classifica del Sassuolo, ndr). 

    Penso quindi che sia una cosa simile, ma ripetibile solo se hai un allenatore che ha queste grandi idee e una società che può investire su tanti giocatori, spendendo tanti soldi per tanti giocatori molto giovani e molto bravi”.

    A tre o a quattro?

    “Non te lo dico (De Rossi ride, ndr)”.

    Domani, la Roma deve essere più istinto o più riflessione, e quindi servirà una partita più all’attacco oppure occorrerà temporeggiare?

    “Tu fai la distinzione tra istinto e ragione con squadra offensiva e squadra difensiva. Si può essere istintivi stando bassi e difendendosi in maniera un po’ confusa, un po’ aggressiva ma disordinata. E si può essere riflessivi portando la squadra avversaria a difendere loro nella propria metà campo. Non faccio una correlazione diretta tra queste due parole (istinto e riflessione, ndr).

    Penso che la Roma sia una grande squadra che deve rispettare il Brighton, e la maniera in cui gioca il Brighton, ma è la Roma: siamo la Roma. Credo che sarà una bella partita. 

    E la prima cosa che dobbiamo sapere è che ogni tanto, per tre, quattro minuti, il Brighton obbliga a giocare nella propria metà campo il Manchester City, il Liverpool, l’Arsenal, il Chelsea. Sono queste le partite che abbiamo studiato. A volte, prende delle imbarcate, come con il Luton, l’Aston Villa, il Fulham.

    In questa gara ci saranno all’interno diverse partite. Dovremo essere bravi a giocarle e a vincerle entrambe, sia quando ci sarà da gestire la palla noi - spero il più a lungo possibile – sia quando avremo di fronte una squadra che lo sa fare benissimo, lo fa da un anno e mezzo e lo fa settimanalmente contro avversari molto forti. 

    Potrebbe quindi capitare che loro usciranno un paio di volte dal nostro pressing, e potrebbe capitare che ci schiacceranno per qualche minuto”.

    La questione Ranking può rappresentare una motivazione extra? Parlato nello spogliatoio del quinto posto, come porta per accedere alla prossima Champions?

    “Noi giochiamo le nostre partite per vincerle, per passare il turno. Magari, possiamo guardare con occhio diverso le nostre connazionali, che giocano in Europa: le loro vittorie possono avere un sapore speciale, perché potrebbero avvicinare l’Italia a un quinto slot, per la Champions. Poi, bisognerà comunque arrivare quinti, o quarti. 

    Ma questo Ranking lo guardiamo il giusto, come una storiella che ci raccontano, sul fatto che forse, se vi comportate bene, a Natale vi facciamo questo regalo.

    Noi non possiamo cercare di fare qualcosa di diverso dal vincere le partite. Non ci cambia niente. Se un’altra italiana vince in Europa, al di là della rivalità tra tifoserie, per noi può essere una cosa che domani potrebbe rappresentare un vantaggio”.

     

    Oggi, sono 50 giorni della sua gestione. Si aspettava qualcosa in più o di meno?

    “Mi aspettavo tre punti in più in campionato. Sarebbe stato perfetto: avremmo vinto anche con l’Inter, il progetto era quello (il mister ride, ndr). 

    Sono soddisfatto, sono veramente tanto consapevole che non abbiamo fatto niente. Nessuno meglio di me conosce questa città. Il calcio italiano in generale, ma specie questa città, potrebbe cambiare i propri giudizi in un nanosecondo se dovessero andare peggio le cose.

    Per questo, cerco sempre di far tenere i ragazzi con la testa dentro Trigoria e fuori dai Social, dai giornali, etc etc. Si diventa molto bravi velocemente, e scarsi in altrettanto tempo. 

    Però, sono soddisfatto di quello che abbiamo creato con loro. Il rapporto c’era già, ma crearlo da allenatore è come ricrearlo, è come ripresentare la stessa persona sotto un’altra veste. Non è mai così automatico il fatto di ricreare un bel rapporto.

    Prima, Mancini ha detto che stanno capendo quello che io chiedo loro: riguardando stamattina l’allenamento di ieri, dico che non è solo una questione di capire, ma di crederci. Secondo me, loro ci stanno credendo.

    Non che io chieda così difficili, brillanti o speciali, però loro stanno dando la dimostrazione, anche in allenamento, di credere ciecamente in quello che gli dico, e di trovarcisi anche bene. E questa è la cosa che più mi rende felice, oltre ai punti, che non sempre vanno di pari passo con il rapporto umano, con lo sviluppo, con la metodologia che piace ai calciatori, con il fatto di giocare delle partite. 

    Per ora c’è stato tutto, ma purtroppo sappiamo che non c’è stato ancora niente, perché mancano due mesi di fuoco”.

    C’è qualche chance di vedere Karsdorp, almeno in panchina? A sinistra, abbiamo visto un’alternanza tra campionato ed Europa tra Spinazzola e Angelino: è qualcosa di studiato o è legato a necessità tattiche?

    “Vediamo oggi Karsdorp come si sentirà, per sapere se possiamo convocarlo. Ha alternato giorni nei quali si sentiva molto bene ad altri nei quali si sentiva meno bene. Oggi, vedremo la situazione finale.

    Riguardo ai due esterni sinistri, è una cosa strana, perché sono due giocatori per i quali impazzisco, mi piacciono proprio tanto: per la qualità, per la personalità, per il livello. Sono entrambi di altissimo livello, e tanto diversi tra di loro: quindi, a volte può essere una scelta dettata in funzione dell’avversario e della partita che andremo a fare; a volte, è per una questione di turnover; altre volte, perché scelgo quello che mi piace di più o che mi sembra più in forma.

    Però, non ci sono strategie preparate. Toccando ferro, stanno entrambi bene fisicamente e posso contare al 100% su entrambi”. 

    Anche per Bove hai immaginato un qualche ruolo che possa prescindere dai tre in mezzo al campo? Magari sulla fascia, con qualche indicazione particolare, perché non è certo un esterno. 

    "Prima di Monza, leggevo che con mister Mourinho Edoardo aveva una media di 61 minuti a partita e con me sono 59. Quindi, grandissime differenze con me non ci sono.

    Ovviamente, ha iniziato poche volte la partita rispetto a quanto stesse accadendo nell’ultimo periodo con il mister. Nella mia prima partita in Serie A è stato probabilmente il migliore in campo, perché ha fatto una grandissima gara con il Verona. Ho grandissima fiducia in lui. Può trovare meno spazio all’inizio, perché può trovarsi al suo fianco dei calciatori che stanno giocando molto bene, come Bryan, Leo e Lorenzo. 

    Non lo vedo assolutamente esterno sulla fascia, perché lì vorrei sempre giocatori molto più offensivi di lui. Per lui, in un futuro non troppo lontano lui potrebbe essere un buon mediano davanti alla difesa, perché tecnicamente è molto meglio di quello l’opinione pubblica pensi di lui. Deve solo lavorare tanto, e lo stiamo facendo, spesso e volentieri a fine allenamento ci fermiamo: deve lavorare sui tempi di gioco, sulla lettura delle situazioni. 

    Lui ha una capacità di corsa che gli permette di coprire tantissimo campo, piedi buoni, deve solo mettere la sua capacità tecnica all'interno delle giocate della partita: deve capire quando fare due tocchi, quando farne tre, quando portare palla, quando giocare a un tocco. Tu a queste cose ci arrivi con il tempo. Quando ho smesso di giocare, ero un pensatore e avevo iniziato che facevo 90 minuti box to box per tutta la partita. 

    Ci si arriva, è un percorso, spero che nessuno gli metta fretta e che rimanga con questa testa, perché come essere umano è il ragazzo da far sposare alle proprie figlie. È un professionista, è un compagno di squadra e un giocatore magnifico, si sta comportando bene. Quando vinciamo, è sempre quello più sorridente anche se, come dici tu, ha giocato meno minuti. Non potrei essere più contento di lui. 

    Penso che nel suo percorso alla Roma, come sviluppo, ci stia di essere la prima riserva a centrocampo. Non è una cosa della quale deve vergognarsi: io non potrei essere più contento di lui. Nel percorso di miglioramento - l’altro giorno parlavo di Paredes, per certi versi posso parlare di lui e per altri di Dybala e Lukaku - rispetto a quello che gli chiedo, c'è questo suo bisogno di migliorare alcune cose, ma non è che lui stia indietro e debba fare chissà quale passo avanti. 

    Quando entra, dà sempre il fritto, gioca sempre bene, è uno sul quale conto alla grande. Non più tardi di due settimane fa, a Rotterdam ha giocato titolare e lo ha fatto benissimo”.

    La Roma ha in rosa 16 giocatori che hanno disputato finali europee. Quanto pesa il fattore esperienza? E si è assottigliato il gap con la Premier?

    “Dovrei vedere più partite di Premier e viverla un po’ di più per dirti quanta differenza ci siano con l’Italia. Penso che il nostro Paese si stia rilanciando dopo anni nei quali la Premier pareva irraggiungibile come valore. Probabilmente, lo è tuttora per incassi, etc etc. 

    Quando una squadra non è tanto abituata a giocare in certi palcoscenici, ci sono giocatori molto giovani che non hanno tanta esperienza in gare europee da dentro o fuori – per molti di loro sarà la prima - può esserci un contraccolpo, ma quando succede ti aggrappi al campo, alle cose che conosci, al calcio che riconosci, al fatto che hai una struttura di squadra che ti dice sempre dov’è il tuo compagno e dove devi muoverti. Loro questo lo sanno fare veramente molto bene. 

    Quindi, quel piccolo gap di esperienza che hanno rispetto ai nostri sarà colmato dalla conoscenza, e noi dovremo mettere altrettanta conoscenza, altrettanta intensità, altrettanta forza, per dimostrare che sia per l'esperienza, sia perché siamo calciatori di un livello incredibile, probabilmente superiore a loro, porteremo a casa la vittoria grazie a quello.

    Non possiamo aspettarci che loro si mettano paura dello Stadio, non siano abituati a giocare queste partite e ci regalino la vittoria. Potrebbero anche essere emozionati, ma sanno dove giocare la palla, come stopparla, sanno dove sono i loro compagni, sanno cosa fare in campo. Sarà una partita difficile".

    Lei ha esordito con la Roma in Champions League (con l’Anderlecht, ndr) e ha realizzato l'ultimo gol della Roma in Champions League con il Porto. Adesso, le si chiede di portare nuovamente la Roma in Champions: pensa mai al fatto che il suo destino calcistico sia incrociato con quello della Champions?

    “Ho fatto una battuta, l’altra volta, prima della partita con il Torino: ho detto che nell’ultima partita di Champions, come Roma, c'ero io in campo e a me pare di avere smesso da 20 anni (il mister ride, ndr), e da quel giorno la Roma non ha più giocato in Champions. 

    Inaccettabile, perché la Roma è una squadra che deve stare a quei livelli, soprattutto perché a livello societario ora stiamo meglio rispetto a quando ho lasciato la Roma, sia come investimenti, sia come giocatori, sia probabilmente come monte ingaggi. 

    Ma al di là degli ingaggi, dei nomi, la Roma deve sempre stare lì, provando ad arrivarci. E una volta che la metti in Champions, la Roma fa le annate che ha sempre fatto, arriva agli ottavi, arriva ai quarti, e una volta non troppo lontani dalla finale. 

    Ma il mio destino non è incrociato in questa maniera. La Roma, questi giocatori, possono lottare per andare in Champions League qualsiasi sia l'allenatore. Perché i valori che hanno a disposizione sono quelli di una squadra che non deve arrivare sotto al quarto posto”.