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De Rossi: “Dobbiamo entrare in campo convinti che possiamo vincere”


Daniele De Rossi ha parlato in conferenza stampa a Trigoria alla vigilia di Roma-Inter, giornata numero 24 di Serie A.

Ecco le parole del tecnico giallorosso.


Con quale forza delle idee, con quale proposta, con quale coraggio state preparando questa partita contro l’Inter capolista?

“Il coraggio che devono avere i giocatori forti e noi siamo pieni di giocatori forti. Coraggio, intelligenza, e conoscenza anche di chi andiamo ad affrontare.

Ogni squadra del mondo è battibile, e lo è anche l’Inter che a detta di tutti, e siamo d’accordo, è la squadra più forte del campionato. 

Sappiamo che si alza il livello rispetto alle tre partite che abbiamo vinto dal mio arrivo, si alza il livello, si alza l’attenzione, cambia la metodologia di preparazione alla gara perché affrontiamo una squadra che è abituata a tenere la palla, il dominio del gioco in pugno. 

Dobbiamo sapere che ci sono, però, dei momenti in cui possono soffrire, delle cose che possono dargli fastidio, come in tutte le altre partite. Però siamo consapevoli che affrontiamo una squadra molto forte, e siamo consapevoli che siamo una squadra forte che potrà fare una grande partita”.

So che lei ha avuto dei contatti con la famiglia di Losi, riguardo l’assenza al funerale. Vorrei sapere che cosa è successo lì, da parte sua e da parte della Roma.

“Io ti parlo della parte mia. Io non ho chiesto. Non ho chiesto quali fossero la data e il luogo. La partita del giorno prima e il post-partita mi hanno distratto e ho commesso questo errore, un errore grave, di cui mi pento. Cioè, non è questione di pentirsi, non è un errore in malafede: mi dà fastidio, mi dispiace non essere andato a salutarlo. 

Se fosse morto due mesi fa, che io non ero l’allenatore della Roma, non cambiava niente. Non è una questione di protocollo, di ruolo, era una questione di rapporto che c’era tra me e lui.

Io so che rapporto c’era. Suo figlio – la mela non cade mai lontano dall’albero – è molto simile a lui, la sua risposta mi ha fatto capire che è molto simile a Giacomo. Lui sa benissimo che rapporto c’era. Mi dispiace tanto non averlo salutato, ma lì mi fermo. Non so che posso fare diversamente. La distrazione è grave, però perché c’era un rapporto umano. Però di quello si è trattato.

Ho letto delle ricostruzioni un po’ così, particolari: io non ero impegnato e la cosa mi dispiace ancora di più: non ho fatto niente tutto il giorno. Sono tornato a casa, ho letto un post su un social di Matteo De Rose (il direttore di laroma24.it, ndr), e ho visto queste foto del funerale e ho detto: Non ci credo. Però, ho parlato con Roberto Losi (il figlio, ndr), che è stato meraviglioso, e penso che la cosa più importante fosse parlare con lui e chiedere scusa a lui. 

Per quanto riguarda il mio rapporto con le leggende del passato della Roma, e il rispetto della storia della Roma, penso che ci siano state tantissime altre volte nelle quali queste cose non l’ho mai sbagliate, stavolta sono stato disattento, ho chiesto scusa, spero che possa finire lì. Credo che debba finire lì”.

Tornando alla partita, questa sarà senza dubbio una sfida particolare per Romelu Lukaku. Che partita ti aspetti dal centravanti belga e pensi che il fatto di affrontare la sua ex squadra possa dargli energia in più?

“Cerco di scindere l’aspetto emotivo da quello calcistico, che poi qui devo parlare al cuore dei giocatori, alla testa dei giocatori, ma anche al calciatore proprio. A me basterebbe che facesse la stessa partita fatta con il Cagliari. 

Ovviamente, è più difficile perché l’avversario è più forte, ma a me quello che ha fatto con il Cagliari è piaciuto tantissimo: perché ha giocato per la squadra, perché ha fatto partire le azioni più importanti della nostra squadra tenendo palla, perché ha allungato tanto la difesa del Cagliari andando in profondità, e soprattutto perché ha tirato in porta 5-6-7 volte. E se Romelu tira in porta 5-6-7 volte a partita, farà tantissimi gol secondo me. 

Poi per il resto, un po’ di emozione… Non è più un ragazzo di 20 anni, quindi saprà gestirla. A volte giochi contro la tua ex squadra e fai il classico gol dell’ex, fai dei partitoni, a volte fai delle partite meno positive e sembra che tu abbia sofferto l’ambiente, ma a volte giochi semplicemente contro una squadra forte e ci sta di toccarla di meno, di giocarla di meno, di giocare meno bene”.

Tra le caratteristiche di questa squadra, che lei continua a definire giustamente forte, c’è quella di fare fatica contro le big del torneo. Ha vinto solo contro il Napoli, e se consideriamo anche il Bologna ha perso 6 partite su 9, allora volevo chiederle: da che cosa dipende? Da un approccio, dalla casualità…

“La casualità non esiste nel calcio, ci credo poco. Mi stai chiedendo di commentare degli scontri diretti che non ho allenato io: di momenti, preparazione alla gara, che ho soltanto visto proprio come te, da tifoso e da osservatore.

Poi ci sono dei numeri che parlano, che evidentemente esistono. Vediamo come andiamo domani e se ci saranno ancora queste problematiche. Quando giochi contro squadre forti, ci sta che perdi, ci sta che giochino meglio di te, ma noi siamo una squadra forte e anche a rotazione prima o poi toccherà anche a noi fare una grande partita contro queste squadre. 

Sappiamo poi che ci sono dei livelli in campo che a volte parlano. L’Inter è tanto forte, il Milan per me è tanto forte, la Juventus sta tornando a essere tanto forte e noi stiamo – almeno per quello che mi riguarda, sono arrivato da poco – cercando di far partire un percorso che durerà non so quanto, ma per dare la consapevolezza sia ai giocatori, sia a tutti quanti intorno, che siamo tornati a essere la squadra che di partite così ne vinceva tante. 

Con l’Inter – che è sempre stata forte – ci abbiamo vinto tante volte, quando giocavo. Il Milan era forte e ci abbiamo vinto tante volte. La Juventus idem, il Napoli pure, eccetera eccetera, quindi se ci sta un problema numerico, come dati, cercheremo di sistemarlo”.

Può essere anche un problema di testa?

“Stiamo parlando di giocatori che hanno giocato con il Manchester, c’è chi ha vinto un Mondiale, una Coppa America al Maracanà contro il Brasile, chi ha vinto un Europeo in finale in casa dell’Inghilterra, chi ha vinto partite di livello importantissimo contro squadre importantissime. 

Sarebbe offensivo verso i giocatori dire che hanno un problema di testa a giocare contro squadre grandi. È che le squadre grandi hanno giocatori forti come te, che a volte non hanno problemi a giocare contro giocatori forti come te, e a volte nel braccio di ferro puoi perdere. Noi cercheremo di far sì che questo braccio di ferro stavolta spinga dalla parte nostra.

Ma per quanto riguarda la testa, io non credo che i giocatori che abbiano un problema particolare, altrimenti non avrebbero fatto la carriera che hanno fatto, ottenendo i risultati che hanno ottenuto, vincendo contro squadre forti, come hanno fatto un po’ tutti quanti”.

L’Inter è la squadra che lei ha incontrato più volte in carriera: voglio sapere se ha un ricordo particolare o se ne ha diversi.

“Ci sono stati tanti anni in cui ci siamo battuti e giocati lo Scudetto, le Coppa Italia… erano diventati dei confronti a due. E a parte un paio di Coppe Italia e una Supercoppa, hanno sempre vinto loro. Evidentemente, sono stati più bravi.

Ho un ricordo piacevole di quegli anni, era una sfida bella sentita, bella calda, ma tra noi giocatori in campo c’è sempre stato rispetto. Penso che sia così tuttora. Mi dispiace un po’ che abbiamo già giocato sia con l’Inter, sia con il Milan, mi dispiace un po’ non tornare a San Siro, che è lo stadio più emozionante per giocare a calcio. A parte, ovviamente, quello nostro. Però sarà bello incontrare di nuovo dei ragazzi dell’Inter con i quali ho vissuto bei momenti in Nazionale.

Credo che sarà una sfida bella come quelle degli anni 2008-2010. E il nostro obiettivo è di tornare presto a giocarle, magari punto a punto e non con venti punti di distacco”.

Quanto può cambiare il ritorno di Smalling per la sua fase difensiva? E su Renato Sanches: anche per lei può essere un elemento fondamentale per il centrocampo?

“È un elemento fondamentale come tutti gli altri. Siccome abbiamo tante partite davanti, tutti quanti saranno utili e si stanno uniformando e rimpicciolendo le distanze fisiche che hanno con i loro compagni, dato che si sono allenati con noi veramente poco.

Però, insomma, si allenano. Finisce l’allenamento e fanno il supplemento di condizionamento fisico. La testa, l’atteggiamento e anche la condizione stanno tornando. È ovvio che sono giocatori che non ho ancora visto tanto sul campo, ma per quello che vedo mi piace e sono convinto che saranno tanto importanti”.

Nella preparazione della partita contro una squadra – secondo la classifica – più forte, credo che il rispetto sia un canone che si tiene in considerazione, però poi c’è un limite che non debba essere scavalcato, quello della sottomissione psicologica prima ancora di giocare e immagino che tu abbia lavorato su questo. A questo proposito, volevo una tua valutazione su El Shaarawy, che con te è diventato un giocatore importante, visto che è uno che dà strappi in continuazione, che con te è tornato centrale mentre prima aveva un ruolo un po’ subalterno.

“Hai detto bene, è uno dei compiti più difficili sia per un allenatore, sia per un giocatore stesso, affrontare una squadra che la classifica dice che è più forte di te. Rispetto, sì, ma un po’ di spocchia, di spavalderia, perché comunque non è che siamo gli ultimi arrivati: siamo la Roma, giochiamo in casa nostra, ci stanno 65mila spettatori. Se porti troppo rispetto, poi si trasforma facilmente in paura e la paura ti fa perdere le partite. Deve essere una cosa intelligente, sia strategicamente, sia tatticamente, anche come approccio mentale.

Ci saranno dei momenti domani nelle quali soffriremo, come è normale quando affronti squadre più grandi. Le prepari al computer, la palla ce l’hai sempre te e li ammazzi, però poi dopo entri in campo e quelli si muovono, non facendoti prendere la palla perché sono forti.

Essere quindi essere consapevoli che ci saranno dei momenti – 5, 10, 15 minuti – nei quali ci potranno schiacciare, credo che sia da persone mature. Accettarlo e farli diventare 30-40-50 minuti sarebbe consegnarci e regalare loro la vittoria.

Noi dobbiamo entrare in campo convinti che possiamo vincere perché poi è vero. Non è che dobbiamo convincerci di qualcosa, di un sogno… Noi possiamo vincere. Il Sassuolo ha battuto l’Inter, ad esempio. 

Poi, nel lungo termine, nel lungo termine, nel campionato, nelle 38 gare, stanno dimostrando che noi non siamo capaci di tenere il loro passo. I numeri servono a quello. Ma nella partita singola sono straconvinto che possiamo vincere, come sono straconvinto che possiamo soffrire perché hanno vinto che possono far soffrire tutti. Hanno giocato contro Lazio, Napoli, Juventus, Fiorentina, Milan… Se le vincono tutte, significa che sono più forti di tutti”.

E su El Shaarawy?

“Stephan è un ragazzo che io conosco da tantissimi anni. Sta avendo anche un’evoluzione mentale molto importante. Una volta era veramente buono, morbido, quasi leggerino. Io mi ci arrabbiavo a morte. A volte scherziamo, ricordando quello che gli dicevo in campo quando si rifiutava di fare qualche contrasto in più.

Adesso è diventato un giocatore vero, per l’approccio che dà. Quando vedevo la Roma da fuori, ogni volta che entrava lui avevo la sensazione che potesse cambiare la partita, o che potesse fare gol o che potesse creare delle occasioni. È un giocatore che a me piace molto. Come mi piace Zalewski, che contro il Cagliari è entrato benissimo. Sono i nostri calciatori base, che potrebbero giocare lì in alto a sinistra. Io punto tantissimo su entrambi. 

Finora ho sempre premiato Stephan, per varie dinamiche può darci qualcosa in più, però a Nicola tengo tanto e sono contento della nostra coppia di esterni alti a sinistra.

Se giocherà El Shaarawy? E mo’ vuoi sapere troppo… Ogni partita ha l’aspetto sia di scelta dei giocatori, sia di scelta di strategia, sia di scelta di contrapposizione all’avversario, mi tengo un pochino di tempo in più per capire quello che faremo, anche se bene o male ce l’ho abbastanza chiaro.

E dirti se gioca Stephan, non te lo posso dire. Ti posso dire se giocano altri, ma se ti dico se gioca lui, capisci anche la formazione”.

Ci può stare l’inserimento di Bove, un cambiamento tattico, anche considerando l’impegno europeo imminente contro il Feyenoord e le forze da gestire?

“Ci possono stare i cambiamenti, ma a prescindere dalla partita. Noi siamo veramente concentrati su questa. La prossima sappiamo che sarà altrettanto importante, sappiamo che sarà decisiva essendo un confronto diretto, ma noi metteremo la squadra che io penso che possa essere la migliore per vincere contro l’Inter. Punto.

I giocatori che hai citato, Bove, altri, giocheranno queste partite, avranno il loro ruolo come sempre hanno avuto, ma non facciamo rotazioni in base alla partita successiva. Possiamo fare dei ragionamenti magari su quella dopo, o anche su questa prima, pensando a chi non è in lista e non può venire a Rotterdam, ma cambiamenti tattici, perché dopo dovremo fare un’altra partita, non ne faremo”.

Dopo Roma-Cagliari, Ranieri ha detto: “De Rossi è un predestinato”. Fino a tre partite fa eri una scommessa, ora volevo capire: per De Rossi, in questo momento, chi è Daniele De Rossi allenatore?

“Non lo so, io ho letto questi articoli del predestinato anche un paio di anni fa. Poi quando mi hanno mandato via dalla Spal, pochi hanno pensato che lo fossi, e pochi che erano in grado di decidere di cambiare allenatore, hanno deciso di prendere me.

Spesso e volentieri le porte sono rimaste chiuse, come era giusto che fosse dopo quei quattro, cinque mesi non positivi. 

Per me, predestinati non esistono. Penso di poter fare questo lavoro, lo voglio fare, ho grande passione, un po’ per caso mi sono trovato nel posto in cui mi sognerei di farlo per tutta la vita, quindi cerco di farlo al massimo, senza badare alle etichette, o a quello che è stato e a quello che non è stato.

Io sono arrivato qui può essere una casualità, ma è anche un segnale importante per me. Mi fa interfacciare con la parte del calcio che io conosco meglio, rispetto a quella che ho affrontato l’anno scorso. 

Mi sento quasi più a casa mia dove in teoria è più difficile, rispetto a dove il livello in teoria può essere più basso, ma non penso alle etichette, a quello che sarà. Penso giorno dopo giorno, penso a godermi questa avventura. Che non so quanto durerà, ma mi sta piacendo molto”.