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    Mourinho: “Andremo a Milano con tutto quello che abbiamo, i ragazzi daranno tutto”


    José Mourinho ha parlato in conferenza stampa alla vigilia di Milan-Roma, giornata numero 20 di Serie A.

    Ecco le parole del tecnico giallorosso.


    “Iniziamo da me. Sono qui da due anni e cinque mesi, in due anni e cinque mesi sono l’unica persona in questa struttura che non ha perso un unico minuto di una sessione di allenamento. 

    Sono l’unica. Per me non ci sono malattie, buonumori, malumori, svegliarmi presto, svegliarmi tardi, in due anni e mezzo più o meno, non ho saltato niente, nemmeno due settimane fa in cui erano tutti malati. 

    Un mese fa avevo bisogno di un giorno per una situazione che non devo nemmeno spiegare. Ho spiegato alla proprietà, ho spiegato al direttore Pinto, in un momento così pieno di partite, di viaggi, di allenamenti, abbiamo definito un giorno che andava bene per me di non essere presente, che era un giorno dopo una partita. Ed era una settimana in cui si giocava mercoledì e domenica. 

    Sono stato fuori da Roma per quattordici ore, quindici ore, mi sembra un po’ ridicolo di stare qui a giustificare questo. Ma non accetto in nessun modo che la mia professionalità, che la mia dignità, che il mio cuore per questo lavoro mio, per questa responsabilità che ho per il Club, non è giusto perché se c’è l’esempio perfetto per la professionalità sono io. 

    Non mi sono mai perso una partita in 23 anni, non solo con la Roma. Non sono mai stato malato e un allenamento di recupero per la gente che ha giocato, per 6 giocatori, 6 giocatori che non hanno giocato. Un allenatore che non c’era con il permesso della Società, non mi sembra una cosa drammatica di cui stare qui a parlarne invece di rispondere alle domande”. 

    La domanda è: come si riparte? 

    “È molto facile. La partita è finita e abbiamo perso. Abbiamo fatto tante cose bene in accordo con le nostre limitazioni. Abbiamo fatto altre cose non bene. Quello che abbiamo fatto bene e non bene l’abbiamo analizzato ieri. 

    Abbiamo parlato, abbiamo analizzato, sempre nella ricerca di migliorare nelle nostre limitazioni. E si riparte, dal mio punto di vista personale, come faccio da oltre 23 anni. Partita giocata, partita analizzata, partita finita. E prossima partita. Non c’è un’altra storia”. 

    Si parla moltissimo di un Milan in difficoltà, ma con grandi valori tecnici: che squadra si aspetta di affrontare? 

    “Affronto una squadra che gioca per il titolo, una squadra che ha vinto lo scudetto due anni fa, una squadra che gioca per vincere lo scudetto, anche se quest’anno la distanza di punti fra loro e la Juventus e l’Inter, è una distanza che non sarà facile da colmare. 

    Però è quella squadra lì, è quella squadra che ha perso qualche giocatore importante per infortunio nella zona difensiva. A centrocampo e in attacco sono lì. Pulisic, Giroud, Jovic, Leao, Reijnders, Loftus Cheeck. Dietro hanno perso due giocatori, ma ne ha preso già due per trovare soluzioni., Come Terracciano e Gabbia. Una squadra che vuole vincere dopo la sconfitta in Coppa Italia, una competizione che poteva essere per loro un obiettivo e ora non la possono più vincere. 

    Metteranno tutto su questa partita, sanno le nostre difficoltà, sembra che tutti le conoscano, magari qualche giornalista non lo sa, qualche commentatore non lo sa, ma tutti sanno che le abbiamo. Ma noi andiamo là, ho parlato ieri con i giocatori dal punto di vista dell’analisi, non solamente del gioco, ma anche dell’atteggiamento. 

    E non ho nessun tipo di problema perché ho grande rispetto e lealtà nei confronti dei miei giocatori e per questo non c’è niente che qualche persona possa o voglia dire ai miei giocatori che non ho detto. Per me è una cosa molto chiara. È una differenza tra le difficoltà e un’altra cosa è utilizzare le difficoltà che sono vere come un modo per giustificare qualcosa che possiamo fare meglio. 

    E questo io non lo risparmio. Lo risparmio davanti a voi, risparmio i nomi, so come è questa cosa nel calcio. So perfettamente che dopo alla fine se un giocatore sbaglia individualmente, la direzione è sempre una, il risultato globale, la responsabilità in modo molto facile è attribuire responsabilità dell’allenatore. 

    E nel confronto diretto con i giocatori, non risparmio nulla. Poi dico sempre lo stesso, che il rapporto più facile da avere è non risparmiare nulla. Ieri è stata una riunione dura, dura in particolar modo per qualche giocatore singolo. Collettivamente sono stato molto chiaro, la squadra difensivamente è stata perfetta, non ha avuto nessun tipo di problema, ha suninto un gol del modo in cui l’abbiamo subito. 

    Che inizia con una rimessa laterale nostra, non siamo nemmeno capaci di fare una rimessa laterale positiva e l’abbiamo trasformata in un calcio d’angolo. E dopo c’è stato un rigore di un bambino di 18 anni, con 55 minuti di Serie A, un rigore che continuo a definire dei tempi moderni, non so se sono stato capito, non ho mai detto che non è rigore, ma secondo me i tempi moderni nell’arbitraggio sono molto inferiori per protezione del gioco rispetto a 20 anni fa. 

    Non ho mai detto che non era rigore, ripeto, ho semplicemente detto che è un rigore dei tempi moderni. Però la riunione di ieri non mi sono risparmiato niente. Però dopo l’allenamento, dopo la riunione, allenamento con 6 giocatori, è difficile lavorare in campo e migliorare cose. Il messaggio è rimasto lì. C’è gente che obbligatoriamente dal punto di vista individuale, deve dare di più”.

    Dopo la finale di Budapest aveva chiesto un supporto, una figura che potesse affiancarla in situazioni come queste. Ora che la tifoseria è per la prima volta molto arrabbiata con la squadra, dato che il derby fa questo effetto a Roma, come è possibile che nessuno della società, oltre a lei, abbia detto nulla ai tifosi? E cosa si sente di dire lei ai tifosi? 

    “Io sono anche la società, non ho un incarico alto della società, non sono né un CEO né un direttore, sono allenatore, ma sono uno della società. E mentre sono qui, mi considero società, considero che le mie parole siano parole che la gente fuori voglia sentire. 

    Voglio essere sempre leale, corretto, nel mio confronto con la società. È un mio dovere. Non è solo un mio dovere, è il mio modo di essere. In questo momento qui, penso che le mie parole siano molto obiettive. Non so quanti derby ho giocato se 150-200, non lo so. Sono stati sempre per me partite speciali. Ho sempre vinto, pareggiato, perso sempre con un modo diverso di viverla. 

    Ho sempre capito che per un tifoso del Chelsea, giocare contro l’Arsenal non è la stessa cosa che con il Manchester City. Ho sempre capito che per un interista, giocare con la Juventus non è lo stesso che giocare contro la Roma. E a Roma ho capito, ovviamente, quello che significa il derby. 

    Il derby che abbiamo vinto è un derby pesante. Perché ci sono derby con vittorie e con sconfitte, però ci sono derby con umiliazione e senza umiliazione. Il derby che abbiamo vinto è un derby di umiliazione. 3-0 dopo 20 minuti è una partita finita, potevano essere 4 o 5. 

    I derby che abbiamo perso li abbiamo persi tutti per un dettaglio. O un errore arbitrale o un errore personale, nostro. Però l’abbiamo sempre fatto con la dignità di chi dà tutto. E siamo sempre usciti con la testa pulita, nel senso di dare tutto anche nelle difficoltà. 

    Abbiamo perso con 10 giocatori, siamo andati fino all’ultimo secondo. E anche in questa occasione qua, dove il mio feeling è che qualche giocatore doveva dare obbligatoriamente di più, anche con questo feeling abbiamo finito la partita come avete visto, con due grandissime opportunità per pareggiare. 

    Quello che dico io è questo, l’orgoglio di essere romanisti, l’orgoglio di lavorare per i romanisti è presente qui dentro. È presente qui dentro. Però è là dentro nel campo che tu devi mettere negli occhi della gente questo atteggiamento extra che va contro tutto e tutti.  

    Io capisco perfettamente che la gente non è contenta per qualche situazione che per me è fuori del contesto, ma che alla fine non è. Perché non è uno sport individuale, è uno sport collettivo, in cui l’atteggiamento di A o B ha influenza negli altri nove, o A, B o C negli altri sette. 

    Dire che questa responsabilità è mia come allenatore, che non sono capace, è mia responsabilità, è responsabilità individuale dei giocatori, è la situazione che noi abbiamo che non ci permette di dire: “Tu non giochi, giochi un altro”. Se io ora dico: “Tu non giochi, gioca un altro”, non lo so se domani vado con 15 o 16 giocatori.  

    È una situazione multifattoriale che per me è difficile far uscire dal multifattoriale. Per me è così. E sempre nella correttezza, nei confronti, qui dentro. Io quando parlo qui dentro penso sempre che rimanga qui dentro, qualche volta esce, qualche volta esce e non è vero quello che esce. Qualche volta esce ed è vero. Quando parlo, penso sempre che si parli internamente ai giocatori e allo staff. 

    Io qui dentro non risparmio. Tante volte parlo anche di me stesso. Per chiedere ai giocatori un’autovalutazione su come fare meglio, mi devo mettere anche io in una posizione dove loro possono chiedere lo stesso a me, e in cui io, dall’alto della mia esperienza, posso fare autocritica. 

    Ieri parlando ai giocatori ho detto una cosa molto molto obiettiva: “Ti ricordi quella partita là? Quella partita là io potevo fare meglio. I miei analisti, i miei collaboratori, potevamo fare meglio”. Ho individuato una partita in cui a fine gara non ero contento con me stesso. Quando vado in partite dove mie sensazioni per l’approccio, per l’inizio, per il modo di stare in campo, io ho il 100% di certezza che il mio lavoro è fatto bene, dopo mi sento anche io tradito di qualche situazione individuale che punisce la squadra. 

    E quando vediamo questo ultimo periodo che è molto molto difficile per noi. Noi abbiamo avuto due periodi difficili in questa stagione. Il primo sono le prime tre partite di campionato. C’erano 9 punti sul tavolo, ne abbiamo preso 1. Non c’erano giocatori disponibili per iniziare il campionato, non c’era squadra, c’erano anche giocatori infortunati. E di nove punti, ne abbiamo persi 8. 

    Ora abbiamo 4 punti di differenza con la Champions. Quattro. Ne abbiamo persi 8 in tre partite dove non c’era squadra per giocare. E ora stiamo avendo un secondo periodo, in cui si gioca contro Napoli, Fiorentina, Atalanta, Milan, derby, si gioca questo periodo qua con un gruppo molto ridotto di giocatori. 

    Se qualcuno non vuole interpretare questo come un fatto di difficoltà oggettiva, non è giusto. Criticare, sì. Critica l’allenatore, critica i giocatori, critica chi vuoi. Ma dimenticare la difficoltà del nostro momento, è una cosa pazzesca. Anche la partita che abbiamo vinto con la Cremonese, penso… Ok, stiamo parlando di una squadra di Serie B ma per me è da Serie A. 

    Come abbiamo vinto, i rischi che abbiamo preso, come è finita la linea difensiva, come è la nostra linea difensiva di oggi. Gioca Kristensen che è un terzino. Gioca Mancini che non si allena da un mese. Gioca il bambino che aveva 10 minuti di Serie A. Gioca Llorente che si infortuna e non gioca il derby, magari può giocare domani ma è un dubbio. 

    Gioca Mancini nel centro perché non c’è un altro e gioca in una posizione che non è la sua. Se la gente vuole ignorare questa situazione qua, non è giusto. Ed è qui che io devo difendere il nostro gruppo, inclusa la gente che non sta a un livello individuale di performance che ci si aspetterebbe, è qui che devo arrivare e difendere il nostro gruppo per dire: è un gruppo di gente seria, è un gruppo di gente che lavora, che soffre quando il risultato non è quello che ci si aspettava. 

    Abbiamo perso il derby, abbiamo un campionato da giocare, siamo a 4 punti da un obiettivo che se non siamo noi, tutti direbbero che è un target impossibile. Se tu vedi il potenziale delle vere squadre che devono arrivare nelle top 4, non paragonarle con noi. Però siamo noi, è la Roma, sono i tifosi più incredibili che ho mai visto nella vita, è un allenatore che basta il suo nome per far pensare alla gente di pensare che si chiama José Harry Mourinho Potter non José Mourinho Felix. Alza subito il livello di esigenza e il livello di aspettativa. 

    Ma la verità è che noi stiamo lottando per qualcosa che è molto molto difficile, ma nessuno ci dirà che non possiamo lottare. E questa partita contro il Milan, che è la prossima, saremo là. Saremo là a dare la faccia come sempre. Mi dispiace che non sarò in panchina, ma sarò in tribuna. Sarò in tribuna in un habitat in cui non sono il benvenuto, ma sarò lì a cercare di fare il mio lavoro nel modo in cui posso farlo. 

    E andiamo là con tutto quello che abbiamo, con la certezza che i ragazzi daranno tutto. Perché anche loro soffrono quando il risultato non è positivo”. 

    Dybala ci sarà? 

    “Penso di no”. 

    Su Dybala volevo fare un ragionamento con lei. Dybala lo scorso anno ha giocato il 50% esatto del minutaggio delle partite disputate dalla Roma. Quest’anno ha fatto il 57% in campionato e il 24% in Europa League. Dopo il derby hai dichiarato che la squadra aveva avvertito il colpo dell’uscita di Paulo. Come risolvere questo problema nella testa dei giocatori? Se è un problema di testa e se ci sono soluzioni per giocare senza Dybala. 

    “Trovare la soluzione di giocare senza Dybala non è esattamente lo stesso che per Guardiola quando non gioca Haaland. Perché quando non gioca Haaland, c’è Julian Alvarez. Non è lo stesso per Pochettino. Se non gioca Sterling, gioca Mudryk. Non è lo stesso per Klopp, quando non c’è Luis Dias, c’è Diogo Jota. E quando non c’è Jota, c’è Darwin Nunez. 

    Non è lo stesso. E io ripeto, non sto incolpando nessuno. Sto incolpando solo quelli che non capiscono. La Roma vive una situazione dal punto di vista finanziario, con il FFP, che non è un accoro, ma un’esigenza dico io, e la Roma ha grosse limitazioni. 

    E questo si vede nel campo, si vede durante la stagione quando arrivano le difficoltà, quando c’è un qualche tipo di problema. Non c’è modo per nasconderlo. La Roma ha fatto uno sforzo economico per avere Smalling. E non ha Smalling. Non può averne un altro, non può. 

    La Roma ha fatto uno sforzo economico per avere anche in prestito Renato Sanches. Non c’è Renato Sanches. E non possiamo averne due. I paletti del FFP, non ti permettono di prenderne un altro che sia disponibile. Dybala è un giocatore veramente speciale, che negli ultimi anni giocava in una squadra con altri giocatori speciali come lui. Quando non poteva giocava lui, giocava un altro, qualche volta andava in panchina, qualche volta entrava. 

    E qua, è un giocatore che per le sue caratteristiche, non ne abbiamo un altro. Non c’è come dirlo. La partita contro la Fiorentina sembrava una partita da 3-0 dopo 20 minuti. Quando è andato via, siamo andati in difficoltà in quella connessione là. Non è Belotti che fa la connessione. Non è El Shaarawy che fa la connessione. Non è il ragazzino Joao Costa che fa la connessione e sarà convocato domani. Magari giocherà domani. Però non ha la qualità per fare quella connessione lì. 

    Se qualcuno non vuole capire che la Roma senza Paulo Dybala è una Roma diversa, non posso dire molto di più. Però questa qui è la realtà”. 

    Lei prima ha parlato di delusione per qualche singolo. Ci saranno delle scelte importanti dopo la partita con la Lazio? O è impossibile fare queste scelte e nessuno avrà ripercussioni o punizioni? 

    “Non è la parola giusta. Se tu mi fai la domanda se giocherà la stessa squadra no, non sarà la stessa. Paulo non gioca titolare, già non è la stessa. Farò qualche cambio, sicuramente. Ma qui non esiste l’intenzione di punire o l’intenzione di focalizzare le attenzioni per determinati singoli. 

    Vogliamo cercare di costruire un puzzle dal punto di vista tattico, fisico e mentale che ci possa permettere di competere là. Dico sempre che la squadra più tattica è di solito la squadra con meno capacità a livello tecnico. Perché quando il livello tecnico è altissimo, lavori meno tatticamente e sviluppi più principi per far esprimere al meglio del loro potenziale i giocatori. 

    Noi ora siamo una squadra che si focalizza sull’organizzazione, nel suo gioco, e nel dettaglio che possa fare la differenza. Se lo facciamo bene è ok, altrimenti se sbagliamo, paghiamo. Però siamo una squadra che va su una strada ben definita, che sono i principi che noi lavoriamo in campo che ci permettono di andare là. 

    Siamo pochissimi. Eravamo pochi prima, adesso non ci saranno nemmeno Dybala e Azmoun, due in meno. Però niente, guarda. Io sono qui con voi, non ci sarò dopo la partita. Nella prossima settimana non ci sarà partita e io non sarò qui con voi. Ma sono anche qua per rispondere a qualche domanda, per cercare di esprimere ai tifosi quello che voi avete detto prima. Se c’è bisogno di qualcuno che possa dare qualche spiegazione, sono io quello che dal punto di vista regolamentare devo stare in conferenza stampa ogni tanto”.