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    Mourinho: “Dobbiamo dare qualcosa in più”


    José Mourinho ha incontrato la stampa alla vigilia di Roma-Udinese, gara numero 13 di Serie A.

    Ecco le parole del tecnico giallorosso.


    L’Udinese viene da 6 risultati utili consecutivi. È difficile da affrontare per le sue caratteristiche di fisicità e intensità? A questo proposito, sarà importante il rientro di Lorenzo Pellegrini per il possesso palla?

    “Importante è la qualità nel possesso palla nostro, collettivo. L’importante sarà stare attenti alle loro ripartenze, hanno gente molto veloce, che gioca ad un’intensità molto molto alta.

    Ovviamente, se perdiamo palla in zona pericolosa, siamo più aperti. La nostra squadra è migliorata sotto questo aspetto. Tiene più la palla rispetto a prima, Lorenzo è sempre un giocatore importante per noi. Però io guardo l’Udinese con tutte queste difficoltà di cui tu hai parlato. Hanno tutto.

    Era una sorpresa a inizio campionato con quel tipo di classifica. Hanno potenzialità. Però, se giochiamo bassi, se regaliamo loro la palla, hanno altre qualità per farci male, sono forti da palla inattiva.

    Hanno gente che tira bene, Samardzic, Walace, gente che conclude da fuori. È un’ottima squadra. Non guardo la classifica per definire la difficoltà della partita. Per me sarà una partita veramente difficile”.

    Quanto è cambiata l’Udinese rispetto allo scorso anno?

    “Guarda, l’Udinese ha perso qualche giocatore importante che si può considerare per loro, ma conosciamo quello che è l’Udinese. Il gruppo, la gente che gestisce e che ha grandissima esperienza di calcio.

    Per loro non è difficile trovare soluzioni dopo una cessione di un giocatore, come è successo con Beto e Becao. È una squadra che ha questa potenzialità. Prende Kabasele, che ha avuto tanti anni di esperienza in Premier. Ha terzini veloci, aggressivi, che spingono, hanno gamba.

    Non hanno lasciato Pereyra andar via, che per loro è più di un semplice giocatore. Sa giocare in tutte le posizioni, sono molto intelligenti, gente con tanta esperienza nella gestione di un club di calcio. E l’Udinese è sempre l’Udinese anche se gli piace fare sempre i suoi soldini durante l’estate”.

    52 partite saltate in totale tra tutti gli infortunati, in questa stagione, in 16 match complessivi. Lei ha parlato spesso di storia clinica dei giocatori. Tra questi c’è anche Smalling, che ne ha saltate 13 su 16. A che punto è il recupero del difensore? E lei, cosa pensa al riguardo? L’infiammazione c’è, non si capisce come possa essere superata a questo punto. Si aspetta di più anche dal giocatore, che possa stringere i denti o che possa tornare prima del 2024?

    “Tu hai questo numero, anche noi abbiamo questi numeri. Però questo numero, di 52 che hai detto, è un numero che si concentra su 2-3-4 giocatori massimo.

    Ci sono giocatori che non ho mai perso per una sola partita per infortunio. Che giocatori sono questi? Giocatori che hanno una storia clinica pulita. Che magari hanno un infortunio occasionale, che può capitare durante una stagione, però sono giocatori come Cristante, Mancini, Rui Patricio, Bove, questo tipo di giocatori non è nel gruppo delle 52 partite.

    Nel gruppo di 52 ci sono Smalling, Renato Sanches, Pellegrini, ogni tanto, non tanto, Dybala e Spinazzola. E noi lo sappiamo. I giocatori sono professionisti, fanno di tutto per stare bene, anche nella vita privata.

    Noi allenatori, recuperatori, preparatori, dipartimento medico, lavoriamo tanto insieme. Tante volte una persona può pensare, l’allenamento è di due ore, due ore e mezza, che fanno lì dentro 15 ore al giorno? Lavoriamo su tante cose variabili. E pensiamo tutti che stiamo facendo un ottimo lavoro per cercare di rendere la situazione migliore.

    In questo caso specifico su Smalling, l’infortunio c’è. Ci sono anche persone normali, come noi, non atleti di alto rendimento, che abbiamo più capacità di sopportare il dolore. Magari, io con un problema al dente dormo, magari tu no. È un po’ così.

    E Smalling non è un ragazzo che sa giocare soffrendo. Si tira un pochettino indietro. Però il suo infortunio è difficile, è veramente difficile. È una grande frustrazione per me, perché è esattamente nella posizione in cui noi abbiamo più necessità. Però, niente, dobbiamo avere pazienza. Io non devo massacrarmi, non posso nemmeno massacrare a lui. Vediamo quando arriva.

    Nell’ultima settimana non ha fatto nemmeno un minuto fuori dal dipartimento medico. Non è in quella situazione in cui è a metà tra il dipartimento medico, staff tecnico, dentro o fuori. Lui non sa nemmeno se fa freddo o tira vento perché non esce da tanto tempo. Per questo è in ritardo. Però è la prima settimana in cui non c’è dolore.

    La programmazione è che la prossima settimana possa finalmente andare in campo. Andare in campo con chi? Non con me. Potrà andare in campo con i recuperatori, con i preparatori. È in ritardo, non mi aspetto Smalling nelle prossime due o tre settimane”.

    Prima del 2024 se lo aspetta in campo?

    “Nì… Speriamo, vediamo”.

    Volevo parlare di empatia, tu ne parli spesso, ne hai parlato anche nell’ultima intervista. Alla luce della tua esperienza in carriera, è necessario avere empatia con la proprietà? A questo proposito, tu hai empatia con i Friedkin? O è necessario avere empatia solo con la squadra?

    “Dipende dal modo in cui tu la vedi. Con la squadra ci lavori ogni giorno, ogni minuto, ci viaggi insieme. È un po’ come la famiglia, se non c’è empatia con la famiglia che fai? Puoi stare in difficoltà, stando tanto tempo con la famiglia.

    I giocatori sono quelli che sono più vicini all’allenatore e viceversa. Questo è quella che può essere chiamata empatia funzionale. Creare empatia lavorando, dare ritmo e qualità al lavoro, al rapporto diretto.

    Con la proprietà è una situazione per me diversa perché io sono qui, la proprietà è là (Mourinho indica con le mani di trovarsi a un piano inferiore, ndr).

    Io dico sempre che sono pagato per non creare problemi alla proprietà, significa che la proprietà si deve fidare del mio lavoro e avere il suo tempo per poter diversificare. Perché, come tu sai, non è soltanto il caso della famiglia e del gruppo Friedkin, come tante di proprietà di tanti club, la loro vita professionale è diversificata.

    L’altro giorno mi hanno fatto una domanda, io ho capito la domanda che prendeva un pochino di trappolina, cioè qual era l’ultima volta che io avevo parlato con mister Friedkin e Ryan. Se tu mi fai la domanda oggi, l’ultima volta che io ho parlato con loro è stato ieri. Ad Aurelio Capaldi ho detto qualche giorno fa, a te dico ieri. Lavoriamo”.

    E nemmeno ieri ha parlato di contratto?

    “No”.

    Durante la sua lunga intervista alla Rai, mi ha colpito molto cosa ha dichiarato a proposito del suo rapporto personale con il tifo. Ecco, io le chiedo, siccome ci saranno due mesi importanti per dare un senso a questa stagione, crede che sia arrivato il momento che la squadra risponda ai 60mila sempre all’Olimpico e ai tifosi sempre presenti in trasferta? E come lei ha detto che i tifosi danno, danno sempre alla squadra, a me è sembrato che in questa la squadra abbia indietro meno rispetto a quanto può fare.

    “Non sono sicuro che abbia dato di meno di quanto poteva dare, ma sono d’accordo che dobbiamo dare di più. Dobbiamo dare di più nel senso di capire e penso che loro capiscano. Io non mi stanco di parlare di questo. Con questo tipo di tifosi e di club, non devi mettere limiti a quello che puoi dare.

    Tu devi dare sempre di più. Risultati negativi sì, ne abbiamo avute. Qualche performance negativa sì, ne abbiamo avute. Mancanza di professionalità, però, mai. E mancanza di rispetto verso la gente, mai. Una cosa è questa che io ho finito di dirti, un’altra cosa è dare qualcosa di più. E dobbiamo dare qualcosa di più. Su questo sono assolutamente d’accordo con te, dobbiamo dare qualcosa di più.

    Nelle partite in casa di solito riusciamo a farlo, anche nelle estreme difficoltà, all’ultimo minuto, riusciamo a farlo. Fuori casa ci manca un po’ di mentalità che mi è piaciuto tanto avere in carriera. Ovvero, godere dell’antagonismo di giocare fuori casa, squadra che ho avuto, mi piaceva più giocare fuori che in casa. Con qualche gang di banditi, andavo fuori casa e godevo dell’antagonismo di giocare fuori casa.

    Io penso che noi come squadra non godiamo molto a giocare fuori casa. C’è gente che gli piace più il conforto di casa. E quando esce, gli manca la mamma, gli manca il papà, gli manca la nonna che fa il dolce. E quando vai fuori casa, ti manca tanto e vuoi tornare a casa.

    Abbiamo un pochettino questo qua, di andare fuori casa e non godere di quel sentimento là. Io ho avuto squadre di giocatori che dentro il pullman, provocavano la gente fuori. Prima di arrivare allo stadio, provocavano la gente fuori per esaltarsi di più.

    Ho avuto questo tipo di squadra, con questo tipo di personalità. Dobbiamo anche migliorare a questo livello perché fuori casa possiamo fare un’ottima partita un ottimo risultato, ma capita di perdere fuori casa con lo Slavia, con il Ludogorets, con il Bodo, o anche in campionato, questa mentalità la dobbiamo trovare. Abbiamo bisogno di questo. I tifosi in casa sono oltre 60mila, fuori sono 1500 per stare lì e hanno fatto uno sforzo enorme per stare lì con te. Dobbiamo dare di più”.

    Mi riallaccio a questa domanda. Entro in una sfera che riguarda anche il gioco della Roma. In estate, guardando la costruzione della squadra, pensavo a Smalling con altri difensori vicino, Paredes a centrocampo, Renato Sanches con il suo passo. Dybala davanti, la spina dorsale della squadra, mi sembrava che la squadra stesse sviluppando progetti diversi, tenendo più il pallone. Mi chiedevo, visto che tanti di questi giocatori non ci sono stati, inevitabilmente cade anche la qualità del gioco, è naturale che sia così. Ora che Pellegrini è tornato, Renato non so come sta, Dybala si spera possa giocare di più, la qualità del gioco salirà? E volevo sapere se questa correlazione, tra chi gioca e chi manca, la avverti anche tu.

    “Certo. Tu hai sempre un progetto di squadra e poi fai fatica quando non c’è continuità. Faccio fatica io, fanno fatica i giocatori. Faccio fatica io dal punto di vista della programmazione, della direzione in cui dobbiamo andare. E fanno fatica i giocatori quando si spostano di posizione. Quando Cristante gioca di qua, di là e di qui. Quando abbiamo bisogno che quello non gioca. Quando non c’è Smalling, non c’è un altro, non c’è Renato.

    Tu parli di Paredes e Renato. Se metti da una parte la qualità di organizzazione di Paredes, se tu metti la qualità tecnica di Renato in progressione. Se metti l’intensità altissima di Renato e l’intensità più bassa di Paredes, insieme, le qualità si compensano e si pareggiano. Se sono insieme i due. Se c’è solo uno, è qui. E non c’è l’altro per equilibrare. Siamo più forti con Renato in transizione sia difensiva, sia offensiva.

    Siamo più bravi con Paredes nell’organizzazione di gioco, nel possesso palla, nel controllo del gioco. Per esempio, contro la Lazio, che è stata l’ultima partita, la Lazio che è fatta su una filosofia di possesso e di controllo, io penso che ha avuto uguale o meno possesso di noi. Però mi è mancato il cambio di velocità, l’arrivare dentro, perché siamo arrivati in zone pericolose.

    Abbiamo messi più piedi nell’area della Lazio che la Lazio ha messo i piedi nella nostra area. Ci è mancata quell’esplosione lì. E dobbiamo giocare con questa cosa. Però penso che tu hai capito dall’inizio della stagione, di voler andare in una direzione e vogliamo continuare ad andarci. Però sempre con questo tipo di limitazioni. Mi hai fatto la domanda su Renato. Renato domani non ci sarà. Se mi fai la domanda se Renato è infortunato oggi, io ti dico di no. Non è infortunato. Quello che è successo che in due settimane, in cui Pellegrini ha lavorato durissimo per arrivare alla fine delle due settimane in condizione ottimale o quasi, Renato ha interrotto questo processo con un piccolo problema che ha avuto la settimana scorsa.

    Ed è tornato a disposizione con il gruppo solo ieri. Un ragazzo che ha bisogno di continuità sul lavoro, non ha avuto continuità sul lavoro. E quando farà questo lavoro? Oggi, domani, lunedì (che è il giorno libero della squadra), martedì cercare di arrivare a giovedì o domenica. Ed è questo tipo di gestione che dobbiamo cercare di fare. Renato quindi non è infortunato, ma domani non gioca”.

    Ci sarà in panchina?

    “No, perché se poi va in panchina, tu pensi che io sia scemo perché non lo faccio giocare. Renato è un giocatore potenzialmente molto bravo e sarebbe molto importante per noi”.

    Lei, sempre nell’intervista alla Rai, ha parlato di poca protezione della squadra, un aspetto che aveva sottolineato anche a Budapest. Anche alla luce del recente dialogo con la proprietà, avete parlato di una figura intermedia da inserire in società? O questo discorso non è stato più affrontato, continuando ad esporsi solo lei come aveva sottolineato in passato?

    “Io ho qualche qualità e qualche difetto. Non lo so se questa è una qualità o un difetto, ma di solito la gente che è vicina a me sa tutto quello che penso io.

    Sono così, non mi risparmio le parole, non mi risparmio le critiche, non mi risparmio gli elogi, nel lavoro sono un libro aperto. Tutti sanno quello che penso. Tutti sanno quando sono felice, quando non sono felice. È tutto molto semplice”.