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    La conferenza stampa di fine mercato di Tiago Pinto


    Tiago Pinto ha parlato in conferenza stampa per commentare la sessione di trasferimenti estiva, conclusa l'1 settembre. 

    Ecco le parole del General Manager dell'area sportiva del Club.


    Iniziare una stagione con un allenatore a fine contratto è sempre un po’ rischioso. Volevo chiederle cosa pensa di questo argomento e quali sono i progetti della proprietà su Mourinho?

    “Vorrei fare solo una piccola introduzione. Non ho voluto mancare alla mia parola: da quando sono qua, ho sempre detto che non parlo tanto ma che, alla fine di ogni finestra di mercato, sarei stato disponibile a chiarire tutte le situazioni.

    Oggi sono qua, ma ovviamente so perfettamente che ci sono altre domande su altri temi che dobbiamo affrontare. Volevo che però capiste che ho rispettato la mia parola, e lo scopo è questo. Al momento, sui rinnovi ho detto tante volte che sono temi importanti, che sono affrontati nel modo giusto, nelle sedi giuste, internamente, e non pubblicamente.

    Siamo consapevoli del momento che stiamo vivendo e siamo tutti insieme carichi, motivati, per riprendere dopo la sosta raggiungere il nostro obiettivo, quelle che sono le nostre forze, per portare a casa i risultati, restando concentrati sulla Roma, sulla squadra e su quello che possiamo fare meglio. E tutti i temi importanti per la Società li affrontiamo internamente, al momento giusto e con le persone giuste”.

    Da un paio di estati la Roma sta investendo molto negli ingaggi, per portare a Roma giocatori affermati, o comunque che hanno uno storico importante, ma che presentano delle criticità per una serie di motivi. Verrà un momento, a proposito di programmazione, in cui la Roma ricomincerà a investire sul serbatoio giovani, magari pagando anche di più i cartellini?

    “Grazie per la domanda, è assolutamente legittima. Quando comincia una sessione di mercato, penso che abbiamo bisogno di mettere insieme tre piani diversi. Uno è quello tecnico, che magari è anche il più semplice da capire, dove insieme all’allenatore, alla direzione sportiva e alla proprietà cerchiamo di fare una squadra migliore della precedente. E su quel punto – io rispetto l’opinione di tutti – se facciamo un confronto tra i giocatori che sono andati via e quelli che sono venuti, secondo me la squadra è migliore, abbiamo più alternative, abbiamo più soluzioni. Questo sul piano tecnico, quello più semplice da comprendere.

    Poi c’è il piano economico. Siamo dentro a un settlement agreement, che in due anni dobbiamo riuscire a spendere per la squadra il 70% dei ricavi del Club, e quindi, quando magari altri direttori sportivi si godevano un po’ di vacanza, io per tutto il mese di giugno sono andato a cercare di ottenere dei risultati economici che ci permettessero di mantenere all’interno di questo piano.

    E dopo c’è anche il piano strategico, in cui si inserisce la tua domanda: per riuscire a uscire da questa situazione del Financial Fair Play, è importante anche prendere dei giocatori giovani, che abbiano delle prospettive e che in futuro possano dare dei risultati sportivi ed economici. Se avessi pagato venti milioni per Ndicka e Aouar, magari questa domanda non sarebbe stata posta così, perché sono tutti e due under 25 e con centinaia di partite in competizioni importanti.

    Capisco la domanda, ma con i paletti che abbiamo stiamo cercando di mantenere in equilibrio i tre piani. E potete capire bene che non è semplicissimo: garantire che la squadra sia migliore, garantire di essere in linea con il progetto e con il Financial Fair Play e, allo stesso tempo, garantire di avere giocatori di prospettiva per il futuro.

    Non dimenticare che, dall’arrivo di mister José Mourinho, il settore giovanile è sempre stato una parte principale della strategia, perché lui dal primo giorno ha sempre puntato e ci ha dato la possibilità di seguire il settore giovanile, portando i ragazzi in Prima Squadra e dando loro delle opportunità. E oggi abbiamo due calciatori come Zalewski e Bove che ormai fanno parte della Prima Squadra, più due che stanno lavorando insieme tutti i giorni con la squadra. Quindi è vero che abbiamo incrementato il monte ingaggi, così come, se una società prende cinque giocatori in prestito, è legittima la tua domanda, ma secondo me siamo riusciti a mettere tutti e tre i piani insieme, come dimostrano gli esempi di Ndicka e Aouar”.

    Ndicka e Aoaur hanno già fatto qualcosa in carriera: io mi riferivo a calciatori come Marcos Leonardo.

    “Giusto. Marcos Leonardo è un obiettivo ed è vero che questi calciatori di prospettiva sono nel nostro orizzonte, ma conoscete bene il mondo del calcio, e oggi anche questi giocatori hanno valori importanti. Quando noi abbiamo l’opportunità di prenderli, lo facciamo.

    Quello che volevo spiegare citando Aouar e Ndicka, è che magari per Ndicka, che ha 23 anni, vai a vedere su Transfermarkt il suo valore, che è - non so - di 25 milioni di euro e che, avendolo preso a zero, sembra che sia lo scarto di qualcuno. Volevo solo spiegare questo”.

    Pensa di avere consegnato al mister una squadra che può lottare per la Champions? E poi, Mourinho in conferenza ha detto che certi giocatori possono essere accostati alla Roma solo in circostanze particolari, per lei questo è un complimento o lo vede come un modo per sminuire questo tipo di arrivi?

    “La prima cosa che voglio dire è che sarà impossibile uscire da questa conferenza stampa con la minima sensazione di uno scontro tra me e Mourinho. Questa è la prima cosa. Per cui, come in passato, forse perché non ho troppa esperienza e Claudio (Bisceglia, il traduttore del Club, ndr) è un bravo professore, ma il mio italiano non è ancora perfetto, io voglio prestare molta attenzione in quello che dico nei confronti dell’allenatore, perché non voglio minimamente che possa uscire da questa conferenza stampa l’idea di uno scontro tra noi. Perché parliamo la stessa lingua e tutto quello che pensiamo, ce lo diciamo in faccia. Siamo tutti e due motivati, carichi, per portare avanti i progetti della Roma e quello che è meglio per la squadra. Questa è la prima cosa da dire.

    Sul tema Champions – ripeto, non voglio il minimo scontro con nessuno – dal giorno che ho firmato il contratto con la Roma, ho capito che la grande ambizione della proprietà è arrivare in Champions, ma lo è anche la nostra. Anche la mia. Tutti i giorni che mi sveglio e vengo a lavorare, devo avere un obiettivo, e per me è quello. Dopo, se ci arriviamo o no, è un altro discorso. E se siamo obbligati o no, sono parole che non uso. Ma, ovviamente, quando vado sul mercato per cercare di prendere giocatori come Wijnaldum, Dybala, Lukaku e Tammy, tu devi dire loro qualcosa. E pensi che questi calciatori verrebbero in una squadra che non lotta per obiettivi importanti come la Champions? Non è così.

    Dal mio punto di vista, è questa la logica. E, se si può giocare con le parole, non penso che io e l’allenatore siamo in disaccordo sulle cose.

    Sul terzo tema, toccato nella domanda precedente, con tutto il rispetto la Roma, per i tifosi, per la città, è ovvio che non siamo il Manchester City, no? Per cui, è ovvio che io potevo anche voler prendere Declan Rice, ma magari se fossimo stati il City qui non sarei stato seduto io, ma ci sarebbe stato uno migliore di me. C’è mercato per tutti e noi dobbiamo sapere la realtà.

    Un altro tema è quello degli infortuni. Oltre a Dybala, che l’anno scorso è stato molto importante per noi, non dobbiamo dimenticare che da quando è arrivato Mourinho, assieme allo staff tecnico del mister e a quello della Roma, siamo riusciti a mettere in condizioni fisiche interessanti dei giocatori che avevano tanti problemi: Zaniolo, Smalling, lo stesso Dybala la stagione scorsa. Per me, il lavoro dello staff tecnico, quello dello staff medico e dei fisioterapisti, i dottori, e la connessione tra tutti loro, sono un asset. Posso usare quello per convincere i giocatori.

    Voglio finire con una cosa molto chiara. Per non avere dubbi in futuro: per tutto quello che dovesse andare male con Renato Sanches, c’è un responsabile, ed è Tiago Pinto. Io sono ossessionato da questo giocatore. Lo volevo prendere al Benfica e non ci sono riuscito, lo volevo prendere alla Roma e non c’ero riuscito, e adesso ce l’abbiamo fatta. Ha avuto problemi in passato? È vero. Avrà problemi in futuro? Se li avrà, sarà colpa mia.

    Ma io sono convinto, ripeto, che con questo allenatore, con questo staff tecnico, con questo staff medico e con tutto quello di cui Renato può avere bisogno, noi siamo capaci di tirare fuori il meglio da Renato. Per questo abbiamo fatto un contratto che ci obbliga a prenderlo, se lui fa un tot di partite. E poi, se le cose vanno bene, siamo tutti contenti. Se vanno male, possiamo accorciare la strada e il responsabile sono solo io, perché sono consapevole dei rischi. Ma come giocatore mi fa impazzire e non ho mai voluto perdere l’opportunità di prenderlo”.

    Pensa che in questa stagione resterà identica la linea societaria sugli arbitri, o siete più pronti a scendere in campo su questo fronte?

    “A questa domanda magari tutti i miei amici in Portogallo staranno ridendo, perché i miei precedenti nei confronti degli arbitri non sono positivi. Siamo alla terza giornata, e non voglio fare guerre, non voglio polemiche, ma penso che noi dobbiamo sentire quello che dicono gli arbitri, come i loro consigli, tutto, ma anche loro devono sentire noi. Io, oggi, personalmente ho un po’ smesso, perché ormai non capisco più nulla. Quindi non so rispondere bene a questa domanda. Ero convinto di essere uno che guardasse tanto calcio, tante partite, e che quindi capiva certe cose, e invece non capisco nulla.

    Quindi, faccio fatica a risponderti. Non riesco a comprendere la differenza tra Zaniolo con il Napoli e Rui Patricio con il Milan. Non è una critica, ma oggi sento che c’è un calcio giocato e c’è il calcio del VAR. E oggi sembra che il potere decisionale degli arbitri in campo sia minore. Per cui, penso che più che le polemiche, le interviste, le persone responsabili debbano sentire anche gli allenatori e i giocatori – magari i dirigenti non sono così importanti – e io su certe cose mi sento anche in difficoltà a esprimere un’opinione, perché veramente non le capisco, come l’uniformità dei criteri, come la questione del tempo extra, di cui potremmo parlare anche per tutta la stagione…

    Non riguarda solo l’Italia, accade in Portogallo, accade ovunque. È un tema complicato, ma alla fine quello che ci aspettiamo dagli arbitri è solo giustizia. Sappiamo perfettamente che a caldo, quando vogliamo vincere e ci sentiamo vittime di ingiustizia, magari abbiamo un atteggiamento che alle persone non piace. Devo dirti la verità, sono ancora giovane ma faccio fatica a capire la strada che il calcio sta seguendo”.

    Scamacca, Marcos Leonardo, Beltran e poi è arrivato Lukaku. Ci spiega la linea, avendo seguito obiettivi diversi anche per età? E ci può spiegare la vicenda Beltran-Fiorentina?

    “Faccio una battuta. Ho 38 anni, sono divorziato, non ho figli e sono abituato a incassare dei no. Per cui, non è un grande problema. Non ho seguito attentamente tutti i nomi che ci sono stati accostati, ma tu hai parlato di due giocatori che abbiamo trattato e per i quali nutrivamo interesse. Di Gianluca (Scamacca, ndr) stavamo parlando, ma non siamo riusciti a prenderlo, per le ragioni che sono note. Marcos Leonardo continua a essere un nostro obiettivo. È un giocatore che seguiamo da 15, 16 mesi, ed era una situazione non dico fatta e tranquilla, ma dove l’accordo tra le tre parti era sulla buona strada.

    Abbiamo avuto la sfortuna che in un paio di mesi un club storico come il Santos si è trovato a lottare per non retrocedere, il loro coordinatore tecnico – una persona che voi conoscete molto bene (Paulo Roberto Falcao, ndr) – è stato licenziato, hanno cambiato allenatore, hanno venduto due ragazzi di 17 anni per 30 milioni di euro, e la situazione si è complicata.

    Vendere il calciatore più importante della squadra in mezzo alla stagione è diventata una questione politica e io ho dovuto rispettare quello che ha fatto il Santos. Mi è dispiaciuto, ma continua a essere un obiettivo. È un giocatore che conosco molto bene, ha 20 anni, vanta 150 partite e 50 gol con il Santos. Andando un po’ oltre la tua domanda, credo che tutti voi avrete riconosciuto che questo mercato è stato difficile per tutti i club che stavano cercando degli attaccanti. Abbiamo anche visto e capito che grandi società, con grande potere economico, non sono riusciti a prendere delle punte, o negli ultimi giorni hanno dovuto spendere 100 milioni per farlo. Per cui, è stato veramente difficile.

    “io credo che tutti i tifosi della Roma siano contenti di avere avuto Lukaku il 28 di agosto piuttosto che un attaccante meno forte, faccio un nome di fantasia per non offendere nessuno, un Tonino il 1 agosto. Sul tema Fiorentina, mi spiace, ma non so di cosa parli. Beltran lo conosciamo, ma non so cosa è successo con la Fiorentina. Per me è tutto a posto”.

    Era veramente impossibile sanare la situazione con Matic? E poi, quanto è stata reale la convinzione di prendere Frattesi in questa finestra di mercato?

    “Vi piace tanto parlare dei miei insuccessi (Tiago Pinto ride, ndr). Su Nemanja non voglio dire tante cose. È una situazione che mi dispiace, che non mi aspettavo. Le sue ultime due settimane veramente non me aspettavo. Ma su queste cose sono un po’ diverso da voi: voi prendete sempre il lato negativo, io quello positivo. Perché poco dopo siamo riusciti a prendere Paredes, un campione del mondo, e dobbiamo andare avanti. Non voglio parlarne molto. Credo che anche il mister abbia detto che, se vuole, un giorno Nemanja potrà spiegare. Ma io non voglio perdere energie su queste cose. Succede nel calcio. Andiamo avanti, non merita tante altre parole.

    Su Frattesi, è vero, negli ultimi due ho sempre detto che era uno dei calciatori che mi piaceva di più. Ma alla fine, tutti noi siamo liberi di fare le scelte che facciamo. Non ho rimpianti. Voglio bene a tutti questi giocatori, e principalmente a Davide e a Gianluca, perché sono portoghese ma mi sento anche un po’ italiano, e penso che saranno importanti per la nazionale. Però è chiaro che ora giocano per delle squadre che mi auguro che perdano. Ma voglio loro bene, sono due grandi giocatori, e spero che per loro le cose vadano bene. Allo stesso tempo, noi abbiamo incassato dei soldi per quelle trattative”.

    Si è parlato molto della percentuale per Frattesi: sono soldi già utilizzabili?

    “Ti ringrazio per la domanda, perché è una delle cose che ho bisogno di spiegare. Magari, ed è colpa mia, noi avremmo potuto farlo anche prima. Mi prendo qualche minuto per fare chiarezza su queste cose qui.

    All’interno del piano per il Financial Fair Play, abbiamo due cose diverse. Una è da quattro anni il settlement agreement, che in due anni ci costringe a spendere per la squadra solo il 70% dei ricavi, e lì siamo tutti allineati: la proprietà, la nuova CEO Lina (Souloukou, ndr) Michael (Wandell, Chief Commercial & Brand Officer, ndr), che mi deve dare una mano con gli sponsor (Tiago Pinto sorride, ndr). Tutti per raggiungere quell’obiettivo. Quando sono andato di fretta per trovare quei 30 milioni entro giugno, l’ho fatto per rispettare questo piano, su cui credo che siamo messi bene. E in questo piano rientrano le cifre delle future rivendite. 

    C’è poi un altro strumento, il transfer balance, che monitora i giocatori in lista A UEFA da un anno all’altro, e si chiama così perché fa il bilancio tra i calciatori che entrano e quelli che vanno via. Ed è molto difficile mettere tutto questo a posto. Noi abbiamo fatto 15 milioni di future rivendite tra Frattesi, Calafiori, Antonucci, Under…”.

    E Zaniolo.

    “No, Zaniolo no perché è andato in prestito all’Aston Villa. Arrivano solo se lo prendono. Abbiamo fatto quasi 15 milioni e tutti questi soldi non entrano nel transfer balance. Ma vi faccio due esempi in più. Noi abbiamo fatto 17 o 18 milioni con Missori, Volpato e Tahirovic. Ma questi ragazzi, pure se sono andati in panchina, e Volpato ha giocato in Europa League, non erano in lista A: erano in lista B. Questi 18 milioni non contano per il transfer balance. Stiamo parlando di più di 30 milioni che non valgono per il transfer balance. 

    Vi faccio un esempio in più: ho litigato per una settimana con Luis Campos (del PSG, ndr) per Paredes, perché lui voleva una cifra e io un’altra. Alla fine siamo riusciti a chiudere a 2 milioni e mezzo per il trasferimento e 2 milioni di bonus. Ma quei 2 milioni di bonus sono difficili da raggiungere: lui deve giocare l’80% delle partite da titolare. Nel transfer balance loro mi contano il 100%: il costo per Paredes è 4,5 milioni. 

    Io non vengo qua a fare il Calimero, a dirvi che questo è male o bene. No, perché sono totalmente d’accordo con i principi del Financial Fair Play, con i principi della sostenibilità, con gli squad limits. Ma la verità è che questo strumento rende molto difficile il nostro lavoro, perché poi siamo costretti a non inserire in lista UEFA due calciatori nuovi per rispettare il transfer balance. Per cui volevo fare un po’ di chiarezza su questi tecnicismi. Non voglio fare critiche, voglio informarvi. È veramente difficile fare una squadra più forte, cercando di mantenere in equilibrio il monte ingaggi – e quest’anno non ci siamo riusciti perché quando porti questi giocatori devi pagare – e avere un piano strategico, insomma rispettare tutto”.

    Una battuta: ti è capitato di mettere a confronto una foto di quando sei arrivato con una di oggi? C’è chji dice che Roma sia una città complicata, qual è la tua esperienza personale? E poi: la Roma ha pensato alla questione esterni e al portiere?

    “Sono stanco e non lo nascondo. Capisco che è il vostro lavoro, ma è veramente difficile trovarsi per tre mesi sotto questa pressione, con questa ansia, senza dormire, senza mangiare. Ho la fortuna di non essere condizionato troppo dalla pressione esterna, ma volendo fare le cose fatte bene è normale che una persona sia stanca. Infatti, dopo questa conferenza parto per il Portogallo.

    Sul tema esterni e portiere, penso che sia il normale il giudizio espresso dalle persone in queste tre partite. Ma noi per fortuna avremo oltre cinquanta gare da fare in stagione. Sono fiducioso in quei ruoli, abbiamo Spinazzola, Zalewski, Kristensen, Karsdorp, Celik. Tutti giocatori con qualità, che sicuramente possono fare meglio, come possiamo farlo noi. Avverto però che siamo troppo veloci i giudizi per tre partite nelle quali magari le cose non sono andate bene. Ma quando le cose non vanno bene collettivamente, non vanno bene nemmeno individualmente. Abbiamo un margine di crescita, siamo tutti motivati e carichi per fare meglio e sono sicuro che faremo meglio.

    Sul portiere, ancora di più. Quando sono arrivato, la situazione portieri della Roma era veramente un problema. Negli ultimi anni, Rui è stato il miglior portiere della Conference League; nelle ultime due stagioni, è stato tra i top della Serie A per i clean sheet. E adesso che tutta la squadra non ha reso al livello a cui eravamo abituati, si comincia a fare delle domande. Siamo tutti esposti a questo. Quando perdiamo, perdiamo tutti. Quando giochiamo male, giochiamo male tutti. Quando vinciamo e giochiamo bene, vinciamo tutti. Ho il 100% di fiducia in questi calciatori”.

    Sono stati accostati dei portieri alla Roma.

    “Questo non lo so.  Se qualche agente di portieri ti ha detto che l’ho chiamato, è una bugia”.

    Lei ha più volte ribadito che non la preoccupa il suo contratto in scadenza il prossimo anno, e come lei l’allenatore. Non crede che possa essere pericoloso per la testa dei giocatori, che possono avere la sensazione che non ci sia una progettualità?

    “Sui rinnovi, ne parliamo nelle sedi giuste, non qua. Sono sicuro che, in questo momento della stagione, siamo tutti concentrati sullo stesso obiettivo, che è fare del nostro meglio durante la sosta FIFA. E non è semplice, perché abbiamo perso quanti tuti i nostri giocatori. Ma quando ci ritroveremo tutti insieme, miglioreremo quello che dobbiamo migliorare, e insieme, uniti, come una famiglia, porteremo a casa i risultati che dobbiamo portare. 

    Ho detto questa cosa a proposito del rinnovo dell’allenatore, figuratevi se mi preoccupo del mio. È l’ultima delle mie preoccupazioni”.

    Qual è stata la trattativa più difficile che ha dovuto affrontare?

    “Sono veramente una persona fortunata, perché nella prima estate quasi non potevo uscire di casa, dopo che Dzeko era andato all’Inter. Poi ho avuto la fortuna di portare Tammy a Roma e la situazione è rimasta tranquilla.

    La seconda estate, oltre a Wijinaldum e Matic, penso che nessuno volesse Dybala e io sono stato fortunato a portarlo a Roma. Adesso, è successa un po’ la stessa cosa: ho avuto la fortuna, con l’aiuto di tutti nel Club, di prendere Lukaku. Sono tutte trattative diverse, e persone diverse.

    La cosa principale è sempre sentire il calciatore dalla nostra parte, dalla parte del Club, della proprietà, dell’allenatore, che sono importanti. Perché per questi giocatori non è ormai una questione di soldi o di contratto, ma di far sentire loro che la Roma è un club importante, dove loro si sentono importanti. Per cui, è difficile dire quale sia stata la trattativa più difficile o quella che mi è piaciuta di più. Io ormai sono scaramantico, in tutte le sessioni di mercato mi piace portare giocatori così. Vediamo nelle prossime. Sono molto fortunato”.

    Avete mai avuto paura di perdere Dybala, lo avete convinto della bontà del progetto Roma anche per i prossimi anni?

    “Mi ricordo che prima della conferenza dell’anno scorso, ero contento di avere portato Paulo e mi sono state fatte tre domande sulla clausola. Credo che per tutta la scorsa stagione si sia parlato di questa cosa che lui sarebbe andato via, della clausola, del rinnovo… Noi abbiamo un grande rapporto con Paulo e con il suo entourage, sappiamo fortemente quali sono le sue idee. Oltre a essere un giocatore favoloso, è un professionista e un essere umano fantastico. Comunichiamo in modo onesto e trasparente tra noi. Io vi invito a godervelo. Avevo detto che non ero preoccupato, e infatti per due stagioni ci possiamo godere Dybala, no? Per il futuro, al momento giusto, ne parleremo. Come anche sul mio contratto o su quello di Mourinho. Al momento giusto vedremo.

    Quanto si è scritto e detto che Dybala sarebbe andato via in estate? Penso che dobbiamo fare una riflessione sul perché si alimenti questa cosa. Alla fine, lui è qua.

    Il mio stile può piacere di più o di meno, ma credo che in questi due anni e mezzo non ho mai venduto delle false aspettative. Ho un grande rapporto con Dybala, sono molto contento di tutto quello che abbiamo fatto per portarlo a Roma. Penso che lui sia contento qua e faremo di tutto per proseguire qui”.

    Quando ha capito che l’operazione Lukaku sarebbe stata fattibile? E come ha fatto a convincere il Chelsea e il calciatore?

    “Non mi conviene dire quando l’ho capito (Tiago Pinto ride, ndr). Ho tanti difetti, ma non sono bugiardo: non posso dire che tre mesi fa ne stavamo parlando, perché a luglio non lo potevi prendere, e nemmeno a giugno. Ho un buon rapporto con le persone che seguono lui e anche un altro calciatore dei profili menzionati prima, un giovane molto interessante. Per cui, conoscevo la situazione.

    Poi, sai, il mio lavoro è anche questo. Ci sono delle situazioni che a luglio sono impossibili. Tu le devi monitorare, devi cercare di non parlare con nessuno per creare delle aspettative. E se poi viene il momento giusto, devi provare a sfruttare l’opportunità. Ed è quello che è successo. Non dimenticare che nel caso di Lukaku l’intervento dell’allenatore è stato importante, per il rapporto che hanno avuto. L’intervento del tecnico è importante per tutti i calciatori, ma è ovvio che in questo lo è stato ancora di più. E poi avete visto il coinvolgimento personale dei proprietari: hanno semplificato molto il mio lavoro. Posso dire che si sono messi nella trattativa e hanno un po’ sbloccato le cose che dovevano essere sbloccate.

    Non mi va di dire quale è stato il momento in cui la trattativa è diventata possibile, ma come per altri giocatori che avevo in testa e per altri che non sono riuscito a prendere, il segreto è sempre lo stesso: devi monitorare la situazione e aspettare il momento giusto, dove nelle tue condizioni devi convincere il giocatore. E poi devi essere veloce: nel caso di Lukaku, abbiamo chiuso in quattro, cinque giorni; con Dybala, cinque giorni. Perché se parli troppo, poi perdi l’opportunità”.

    Quest’anno c’è la novità del mercato georgiano: alcuni calciatori sono arrivati in Italia, dopo Kvara l’anno scorso. Come la vede?

    “Quello che vedo è che Kvara è molto forte. Penso che oggi lo scouting sia un po’ più democratico, ci sono tanti calciatori di Paesi che anni fa non erano conosciuti, e che oggi diventano importanti. Anche perché tutti i club cercano di fare il meglio possibile con le minori risorse possibili. Quindi, quando arriva Kvara e diventa uno dei giocatori più forti della Serie A, è normale che tutti noi andiamo a guardare un po’ quello che accade in Georgia.

    Ci sono altri elementi, il portiere e l’attaccante della nazionale sono forti. Ma quello che è più interessante nel calcio di oggi è vedere che ci sono giocatori norvegesi, danesi e svedesi, mentre magari venti anni fa ne arrivava uno ogni tanto. Il calcio è diventato molto più democratico”.

    Non le chiedo che voto si dà…

    “La stagione scorsa mi avete dato un voto molto buono e due mesi dopo mi avete criticato tutti i giorni. Il voto si vede alla fine della stagione”.

    Quanto è soddisfatto del mercato che ha fatto? C’è qualche rimpianto per qualche operazione che non le è riuscita? E possiamo considerare chiuso anche il mercato anche in uscita?

    “Voglio essere sempre coerente con quello che dico. Vi ho sempre detto che, facendo bene o facendo male, per me il mercato rappresenta il 20, 30% del successo sportivo. Il lavoro quotidiano è molto più importante di quello che facciamo. Ovviamente, dobbiamo capire che, dal momento che i Friedkin hanno preso il Club, hanno fatto degli investimenti importanti. Hanno voluto far evolvere la Società dal centro di allenamento al progetto Stadio. E la squadra deve essere un riflesso di questa strategia, di questa ambizione, di questa motivazione. 

    Più che le parole, più che le interviste, noi dobbiamo giocare, dobbiamo fare i fatti. All’interno del mio lavoro, nei tre piani che ho spiegato, io cerco sempre di fare il meglio per la squadra e garantire di fare una stagione migliore di quella passata. Se quindi mi domandi se sono contento, ti rispondo che ho sofferto tanto. Io ho lavorato tanto. Alla fine, non siamo mai contenti. Una cosa che ho imparato dal mio ex presidente è questa: ogni volta che chiudo una trattativa, penso che avrei potuto fare meglio: se vendo a 30, rifletto che avrei potuto vendere a 31; se ho comprato a 5, mi dico che avrei potuto comprare a 4. Perché magari c’era margine. Quindi, non uso tanto le parole contento e felice. Ma penso che abbiamo fatto un buon lavoro, in squadra, con tante persone che sono qua: con Maurizio (Lombardo, ndr), Daniele (Muscarà, ndr), Gianluca (Gombar, ndr), con l’ufficio stampa, Lina (Souloukou, ndr), Anna Maria (Rabuano, ndr), Roberto (Fonzo, ndr), che mi hanno aiutato in questi tre mesi, per fare giustizia della visione, dell’ambizione della proprietà”.

    Le è sembrata una scorrettezza, quella dell’Atalanta per Zapata?

    “Anche io ho i miei difetti. Sono un po’ testardo. Quando siamo dentro al mercato, dentro alle trattative, io ho le mie qualità e i miei difetti. Ho una cosa che magari non è molto apprezzata in Italia: ho un orientamento molto tedesco. Sono più tedesco che latino. Se dico una cosa, è quella e basta. Mentre altre persone magari sono più abituate a trattare, io ho un approccio diverso. 

    Ma non parlerò mai di nessuna scorrettezza, l’Atalanta e mister Gasperini hanno preso le decisioni che dovevano prendere. Non posso nascondere che avevamo parlato con Duvan e che era un calciatore che avremmo voluto. Alla fine, non ci siamo riusciti, ma abbiamo subito trovato altre soluzioni. Non parlerò mai di scorrettezze anche se ci sono dei club che lo hanno fatto nei miei confronti. La cosa migliore è ignorare queste cose qui”.

    Ma Zapata avrebbe confermato di voler venire a Roma?

    “Ripeto, noi abbiamo parlato con Zapata. È stata una trattativa. Alla fine, non è andata a buon fine. Non voglio dire che non siamo riusciti a prenderlo per una scorrettezza dell’Atalanta. Non lo dirò mai. Fa parte del mestiere. Ogni tanto vinci, ogni tanto perdi. Qualche volta riesci a portare avanti una cosa, qualche altra c’è chi è più furbo di noi. È così”.

    Ci può dire cosa sta succedendo, visto che nessuno ha parlato dopo Roma-Milan?

    “Ripeto quello che ho detto prima: quando perdiamo, perdiamo tutti; quando vinciamo, vinciamo tutti. Nessuno di noi è contento della situazione, ma non c’è motivo per andare nel panico. Stiamo parlando di tre partite. Sono sempre tre partite giocate in un contesto difficile, nel senso che il mercato è aperto, c’è tanta confusione, ci sono tanti problemi. 

    Non siamo contenti, ma siamo tutti consapevoli del nostro valore. Siamo consapevoli che tutti insieme possiamo fare meglio. Io sono assolutamente motivato e carico per tranquillizzare le persone sul fatto che, dopo la sosta FIFA, avremo tutte le condizioni per migliorare. Quello che dico, facendo il paragone con il mercato, è che ogni tanto manca un po’ di equilibrio. So che è difficile chiederlo qua a Roma. 

    Il giorno che abbiamo preso Azmoun, ho ricevuto su Instagram cento messaggi in cui venivo invitato ad andarmene, in cui dicevano che ero scarso e dopo che abbiamo preso Lukaku mi hanno detto che ero il re di Roma. In realtà non sono né l’uno né l’altro, sono solo un ragazzo normale che fa il suo lavoro. 

    Quanto ai risultati, è un po’ lo stesso. Ovviamente c’è un po’ di frustrazione se le cose non va bene. Ma mancano 35 partite. I giocatori hanno qualità, l’allenatore ha qualità e leadership e quello che tutti voi sapete. Siamo consapevoli del momento che stiamo attraversando, ma siamo carichi e motivati per trasformare il problema in una situazione positiva. Tranquilli”.