Tanti auguri perché è un figlio di Roma. Figlio di Romolo, e non c'è nulla di più romano del nome del papà. È lui a iscriverlo a scuola calcio perché la mamma non ne può più di vederlo tornare a casa sporco e sudato per le partitelle alla parrocchia di Santa Maria del Buonconsiglio sulla Tuscolana. Inizia alla Forlivesi, nel 1959 passa alla Roma per 11 paia di scarpe e una muta di maglie e vince subito due scudetti juniores.
È già "Picchio", il cono in legno con una punta di metallo che si lancia con una cordicella e poi inizia a girare vorticosamente. Non sta mai fermo, gira per il campo come un Picchio.
Tanti auguri perché è uno dei figli prediletti della Roma. Il presidente Anacleto Gianni lo accarezza come un figlio o un nipote, mentre stringe la coppa del secondo scudetto juniores.
Juan Alberto Schiaffino, uno dei più grandi registi nella storia del calcio, gli insegna a guardare negli occhi gli avversari, per capire in anticipo le loro mosse. Alcides Ghiggia quando si allena con le riserve gli dice: "Picchio, vieni qui: sei l'unico che può palleggiare con me". Il capitano Giacomo Losi s'impone per farlo esordire nella partita contro il Colonia della Coppa delle Fiere che poi la Roma vincerà e tre anni dopo, nel 1964, lo vuole accanto a sé nel momento della premiazione.
Tanti auguri perché Giancarlo De Sisti quando è andato via ha pianto per la Roma. Non poteva scegliere, scoprì di essere stato venduto alla Fiorentina e andò in crisi. Seppe farsi amare a Firenze, perché stiamo parlando di uno dei più grandi centrocampisti nella storia del calcio italiano e, di conseguenza, della Nazionale. Campione d'Europa nella sua Roma nel 1968, ai Mondiali di Messico 1970 a volte c'era la staffetta tra Rivera e Mazzola, ma una cosa era sicura: lui giocava sempre. Tutti i 120 minuti di Italia-Germania Ovest 4-3, la partita del secolo, perché tutte le volte che c'era bisogno di mettere il pallone al sicuro, il pallone finiva a lui.
Tanti auguri perché poco dopo aver vinto lo scudetto con la Fiorentina, un giornalista gli chiese cosa pensasse della "Rometta". E lui rispose così: «Questa squadra io non la chiamo affatto la Rometta, perché ha un nome per me sacro, perché a Roma e nella Roma io ci sono nato e questo nessun trasferimento calcistico potrà mai cancellarlo. Ringrazio tutti soprattutto perché so che avete sempre continuato a seguirmi, anche quando ho dovuto lasciare la Roma. Ma voi sapete che non fu davvero colpa mia».
Tanti auguri perché appena ha potuto è tornato alla Roma. Era il 1974, bisognava rimettere a posto le cose e lui appena seppe che Liedholm lo voleva in giallorosso, chiese al presidente della Fiorentina non solo di essere venduto alla Roma, ma pure con lo sconto.
Ci mise poco, a rimettere a posto le cose. 1 dicembre 1974, il gol della vittoria contro la Lazio festeggiato con un elmo da antico romano regalato dai tifosi. Con i suoi piedi buoni, anzi ottimi, nasce la Roma della ragnatela e di uno storico terzo posto.
Ha smesso nel 1979, a 36 anni, quando non poteva più correre come un Picchio e anche la lettura degli sguardi degli avversari non bastava più. Quasi nessuno riusciva in quel periodo a giocare in Serie A fino a 36 anni.
Tanti auguri perché ha pianto un'altra volta per la Roma. Era diventato allenatore della Fiorentina e il 12 aprile 1981 con i viola strappò un pareggio in virtù del quale la Roma venne raggiunta in testa alla classifica dalla Juventus. Così ha raccontato quel momento Gian Piero Galeazzi nel suo servizio per la Rai: "Picchio negli spogliatoi al termine della partita ha pianto, non ce l'ha fatta a trattenere prima l'emozione e poi il dispiacere per ciò che aveva combinato alla sua Roma".
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Tanti auguri perché quando se ne andò la Società gli regalò una targa in cui c'era scritto: "A.S. Roma 79-80 a GIANCARLO DE SISTI, un vuoto incolmabile".
Quel vuoto non è mai stato tale per lui, che anche quando ha lavorato per altri club non ha mai avuto parole che non fossero belle per la Roma, perché non ha mai chiesto niente, ma ha solo dato. Grazie alla sua generosità, oggi l'Archivio Storico del Club custodisce i ricordi di un calciatore indimenticabile.
E allora tanti auguri a Giancarlo De Sisti, non per quello che è stato, ma per quello che è: un campione, un gentiluomo, un romanista.
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