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    Mourinho: "Lo stadio pieno con l'Empoli, dimostrazione di romanismo"


    José Mourinho ha parlato in conferenza stampa alla vigilia di Roma-Empoli, settima giornata di campionato.

    Ecco le parole del tecnico giallorosso.

    Spesso mette in evidenza il cambiamento del calcio italiano, più coraggioso e offensivo. La classifica dice che davanti ci sono quelli che hanno preso meno gol, ovvero Napoli e Milan. Qual è l’equilibrio?

    “Il risultato è più importante. Se giochi un calcio offensivo e perdi 5-4 è meglio se fai 0-0 e prendi un punto. L’equilibrio è alla base di tutto. Per me è impossibile stare al top della classifica se non sei una squadra equilibrata. Devi difendere bene, non puoi concedere, allo stesso tempo devi segnare per vincere. Più che la classifica, più che i risultati, conta la qualità del gioco, la proposta di gioco. Gli allenatori vogliono giocare bene. Puoi dire giocare bene e vincere e io sono d’accordo. Sapete che io sono risultatista, che pensa veramente al risultato. Però si può cercare di fare anche risultato con equilibrio. La maggior parte delle proposte di gioco in Serie A è che si vuole giocare bene”.

    Sta pensando di confermare Darboe vista anche la squalifica di Cristante?

    “Io non vedo questi dettagli per decidere chi gioca o non gioca domani. Però Darboe ha avuto un percorso buono per lui in questi due mesi e mezzo. Lo scorso anno giocava senza nessuna responsabilità, la squadra era in un momento difficile, Paulo non aveva altre opzioni per i tanti infortunati. Lui è entrato nelle prime due o tre partite, lui giocando senza troppe pressioni aveva fatto molto bene. Quando siamo arrivati questa estate ho sentito che era arrivato quel senso di responsabilità, parlando anche con lui. Diceva: “Io non sono il giovane che viene dalla Primavera, sono già uno con qualche aspettativa e responsabilità. Anche lui stesso è stato il primo a mettersi qualche pressione addosso”.

    “Nelle prime settimane ha sempre lavorato tanto, ma senza la qualità di gioco che lo contraddistingue. A poco a poco si è liberato di questo, ha imparato, è cresciuto, la fiducia è tornata, contro lo Zorya avevamo tante opzioni per giocare. L’esperienza di Diawara, Villar, un altro giovane come Bove, ma abbiamo scelto lui perché era il momento giusto. E la risposta è stata molto buona. Difensivamente ha fatto molto bene, molto concentrato. Grande criterio con palla al piede. Mi è piaciuto tanto tanto. Non si può dire che abbiamo guadagnato un giocatore, no, perché lo avevamo già, ma la sua e la nostra fiducia cresce dopo una gara del genere”.

    Sorpreso dalle mancate convocazioni di Zaniolo e Mancini in Nazionale?

    “Non è il mio lavoro. L’Italia ha un commissario tecnico con grande responsabilità, con tanti giocatori per scegliere. Io rispetto se va un giocatore nostro o se vanno dieci. È la sua decisione. I giocatori preferiscono andare in Nazionale, per loro è un orgoglio e una motivazione, ma se rimangono qui sono protetti, stanno bene, non hanno partite da giocare o da partecipare. Le due cose hanno aspetti positivi e negativi”.

    L’Empoli ha subito meno tiri in porta della Roma. Da cosa dipende? Errori individuale o un equilibrio generale? Quanto manca all’equilibrio?

    “La cosa più facile nel calcio è difendere bene. È la cosa più facile. Si può fare a costo dell’organizzazione offensiva. Ma non è ciò che vogliamo fare. Vogliamo che la squadra giochi, crei, segni e difendi bene. Ovviamente mi interessa come la squadra difende, ovvio, non voglio essere ipocrita. Abbiamo perso due partite fuori casa segnando due gol in ciascuna gara. Una squadra che difende bene, al di là degli errori individuali che fanno parte del calcio, è perché ha equilibrio e perché difende da squadra. Dobbiamo essere equilibrati. Serve un minimo di tempo, ma sono state anche due partite".

    "Ci sono state partite in cui non abbiamo subito. Ma veramente due partite sei gol per noi è troppo. Oggi è il secondo giorno di recupero dopo la partita di giovedì, l’abbiamo fatto a intensità bassa perché è difficile farlo con intensità alta dopo una partita al giovedì, ma anche a intensità bassa abbiamo lavorato. Sappiamo l’Empoli come gioca. Sappiamo che fa più cross in Serie A dopo 6 partite, è la seconda squadra che tira più da fuori, conosciamo le loro caratteristiche, abbiamo lavorato su questo. Per noi l’organizzazione difensiva è importante”.

    Spalletti ha detto: “Ha ragione De Laurentiis, le nazionali devastano i club”. È d’accordo? E secondo lei nel calcio si gioca troppo?

    “Io non voglio commentare le parole del mio amico Spalletti, è la sua opinione. Noi siamo di qui, gli interessi del club per noi sono più importanti. Loro stanno di là, per loro gli interessi della nazionale sono i più importanti. Ci sono delle cose che penso si possano migliorare, ma il calcio senza nazionali non è la soluzione. Io non capisco come in Sudamerica si possa giocare giovedì di sera, che per noi è venerdì mattina, non capisco. Pensavo che fosse finita questa storia. Un’altra cosa che si poteva cambiare è che le nazionali fanno le selezioni di 35-40 giocatori per due o tre partite. In tanti non giocano, non si allenano con la vera intensità, è preferibile che questi giocatori restino con i club”.

    “Questi sono piccoli dettagli che si possono migliorare. Per il resto, dire se si gioca troppo, se è giusto il Mondiale ogni due anni, non è per me. Per me è parlare di questi piccoli dettagli. Per noi sarebbero importanti. Quando parliamo di Juventus-Roma, ad esempio, la guardo con attenzione. Per quella gara avremo Vina, Betancur, Cuadrado che giocheranno venerdì in Brasile. Sono delle cose che la gente non guarda o non vuole guardare”.

    Né voi, né l’Empoli avete mai pareggiato. Casualità?

    “Penso sia una casualità. Tante volte la differenza tra vittoria e pareggio non è una questione di filosofia di gioco. Non è una questione di proposta di gioco. È solo una questione di dettagli. Una cosa è una squadra che entra in campo per pareggiare. E che riesce a farlo, con l’unico obiettivo di non perdere, di giocare solo per il pareggio. Ma questo non siamo noi. E nemmeno l’Empoli. Per questo tante volte la differenza la fanno gli episodi. Per esempio, noi con il Sassuolo che abbiamo segnato al novantesimo. Non è una questione filosofica o di gioco”.

    Quanto è importante per una squadra saper reagire al cambiamento degli scenari durante la partita?

    "È importante rispettare chi lo fa. Io l’ho fatto già e lo farò. Il risultato è molto importante e una squadra durante una partita una squadra può pensare di cambiare il gioco. Questa è una cosa normale. Può anche essere un pregio di un allenatore e di una squadra che lo fa. Le squadre che invece vogliono cambiare il risultato è necessario che prendano rischi, che non abbiano paura di prendere un altro gol per arrivare a un risultato positivo".

    "A volte si gioca diversamente da come si vuole non per colpe proprie, ma per merito dell’avversario. Per esempio, ti dicono “hai giocato troppo basso”. Ma se è successo può essere merito degli avversari. È la dialettica del gioco, la bellezza del calcio”.

    Nonostante la sconfitta nel derby, i tifosi riempiranno ancora l’Olimpico.

    “Non posso parlare per loro, posso ringraziare loro. Li ringrazio dal primo giorno per il loro appoggio. È una dimostrazione chiara di romanismo. Io dico sempre che è facile stare appresso a una squadra che vince sempre. È un pochino più difficile stare dietro ad una squadra che non vince sempre. E per me è un’espressione di fiducia nell’atteggiamento della squadra. Che voglio dire con questo? Abbiamo perso due partite su 10, ma le due partite che abbiamo perso abbiamo avuto voglia, atteggiamento, qualità, un impegno totale. Io penso che al tifoso piaccia questo atteggiamento. Penso che l’empatia sia dovuta è basata su questo profilo di squadra che abbiamo”.

    “Abbiamo finito le due partite attaccando con tanti giocatori davanti. Spero che i romanisti possano capire che c’è il tempo, c’è un processo, la permeabilità, opinione di fuori, critiche dall’esterno, non è quello che serve a questa società. Può essere un momento di maturità dentro il club, una maturità nel modo di essere romanisti. Noi andiamo nella direzione giusta. E il tempo è ovviamente importante. C’è una differenza di tanti punti tra le nostre posizioni delle ultime stagioni e le posizioni top. Questa differenza di punti non è così facile che si colmi”,

    È arrivato il rinnovo di Pellegrini fino al 2026. Un suo commento?

    “È quello che dicevo. È un giocatore di qualità, un simbolo, il ragazzino romano e romanista nato e cresciuto qui, che io ho deciso di fare capitano. Dal momento ho sentito che i Friedkin non volevano perderlo, dal momento che Lorenzo mi ha detto faccia a faccia resto sicuro, sicuro, anche senza accordo. Da quel momento è stato un processo, era tutto nelle mani di Tiago Pinto e del procuratore di Lorenzo. C’è voluta qualche settimana, ma sapevo sarebbe finita così".

    "È la decisione giusta per la società e anche per Lorenzo. Ci ho parlato. Per noi come squadra è importante questo tipo di stabilità. Io sto qui per tre anni, lui è qui per stare. C’è un nucleo duro, italiano, con qualche esperienza, Mancini, Cristante, c’è un nucleo di costruzione anche dal punto di vista del gruppo, dal punto di vista emozionale. Siamo insieme, lavoriamo insieme, arriveremo dove vogliamo arrivare, con tranquillità”.