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    17 giugno 2001: l'indimenticabile ricordo di 5 romanisti


    17 giugno 2001: 5 romanisti celebrano quella giornata, che resterà per sempre nel cuore dei tifosi giallorossi

    Ci sono delle date che nessun romanista può dimenticare. Come il 17 giugno. Anzi: il 17 giugno 2001. Quando uscimmo Campioni d'Italia dal prato di un Olimpico stracolmo di giallorosso.

    Vent'anni dopo, 5 tifosi ricordano come vissero quel giorno. Cosa fecero prima della partita. E soprattutto dopo.


    Riccardo, 30 anni il 17 giugno 2001

    "Quella giornata iniziò presto. Sapevo che stavo per vivere un'emozione che aspettavo da 18 anni e che comunque nel 1983 - avevo 12 anni - non avevo vissuto appieno perché non ero allo stadio. Ricordo il caldo torrido. Il campionato si chiudeva a giugno perché era iniziato a ottobre, per via dell'Olimpiade di Sydney. Ricordo il mare di bandiere che 18 anni prima avevo potuto vedere solo in tv, sulle riviste e sulle foto di qualche fortunato compagno di scuola che il 15 maggio dell'83 era lì".

    "Ricordo il coro che sento per la prima volta quel giorno Non smetterò mai di lottar per questa maglia storica sul motivo di Chi fermerà la musica, dei Pooh. Ricordo gli altoparlanti che mandano Grazie Roma e Roma Roma Roma in modalità repeat. Sui maxischermi la scritta "Roma Campione d'Italia" fa capire che non è un sogno del quale siamo prigionieri. Dopo un po', sugli stessi compaiono le immagini della festa negli spogliatoi".

    "Lascio lo stadio e risalgo sulla mia Vespa. All'altezza del bunker del Foro Italico incontro un raggiante Gigi Proietti. Il Lungotevere comincia a riempirsi di bandiere e di clacson impazziti. Potrei svoltare all'altezza di Piazza del Popolo, ma quel pomeriggio la mia meta è già decisa e mi dirigo a Testaccio dove rimango fino a tarda notte".


    Alice, 10 anni il 17 giugno 2001

    "Il 17 giugno 2001 è la risposta che do sempre alla domanda: quando sei diventata tifosi della Roma?". Ecco: il 17 giugno 2001. Mio padre Augusto cercava da mesi di coinvolgermi in quella che, agli occhi di una bambina rapita dalle Spice Girls, appariva come una passione incomprensibile".

    "Papà mi portava allo Stadio, eravamo abbonati. Ma io seguivo distrattamente le partite. Fino a quel giorno. Al gol di Totti, un brivido percorse tutto il mio corpo. Era la Roma che esplodeva dentro di me. Non posso descrivere quello che provai in quei 90 minuti. Quella felicità è solo mia. Ma posso raccontare quello che accadde dopo Roma-Parma".

    "Mio padre aveva un sidecar molto vecchio, che per l'occasione aveva vestito di giallorosso. Partimmo senza una meta, urlando a squarciagola. Fu il caos. Fummo inghiottiti dalla fiumana romanista e ci ritrovammo al Colosseo. Papà buttò il sidecar da qualche parte sotto al Parco del Celio e ci mescolammo alle decine di miglia di tifosi che vagavano ebbri di Roma. Tornammo a casa a notte fonda. Eravamo Campioni d'Italia".


    Tiziano, 18 anni il 17 giugno 2001

    "La sera prima, quella del 16 giugno 2001, era stata una full immersion. Visione di Sfide su Rai 3, celebrativo del campionato 2000-01, e a seguire vhs di Febbre a 90°. C’era una ragione ben precisa di questa scelta. Oltre a essere uno dei miei film preferiti, si raccontava che l’Arsenal non vincesse lo scudetto da 18 anni, impresa che poi riuscì a compiere con il Liverpool, a casa loro".

    "Ecco, era lo stesso intervallo di tempo dall’ultimo tricolore giallorosso: 1983 - il mio anno di nascita - 2001, diciotto anni. “Diciotto fottutissimi anni”, per citare il film. Dunque, si va a letto. Sveglia per il 17 giugno alle ore 8, anche se la scuola era già finita. Mi preparo, faccio colazione e poi mi dirigo verso lo stadio, dove ero abbonato in curva Nord".

    "Come era stato chiesto in tutte le radio dal presidente dell’UTR Fabrizio Grassetti quella settimana: Allo stadio andate con una maglia rossa, possibilmente quella della Roma, e due bandiere a testa. Così feci. Uscii di casa per le 11.00, circa. Presi il solito 628 da largo Cesare Baronio e arrivai allo stadio per le 12.15. Era già tutto esaurito".

    "La storia sul campo è agli atti. Così come la gioia finale, infinita. Solo un altro flash: a fine primo tempo - già sul 2-0 - nel distinto Nord verso la Tevere un papà issò un bambino di pochi mesi tra gli olè del pubblico. Il giorno dopo, quel momento finì sulla prima pagina del Corsport. Chissà oggi quel bambino che fa, se tifa Roma e se ricorda qualcosa, almeno nelle parole del papà".


    Manuele, 16 anni il 17 giugno 2001

    "Roma-Parma del 17 giugno 2001 fu l'unica partita che io, mio fratello maggiore Daniele e nostro padre Dario vedemmo tutti assieme, davanti alla tv. Daniele era scaramantico e soffriva troppo durante le partite della Roma. Ma c'era nell'atmosfera una sensazione particolare: eravamo tutti convinti che avremmo vinto. Che quel giorno avremmo festeggiato il terzo Scudetto".

    "Che rabbia che provai vedendo l'invasione sul 3-1. Mio fratello temeva che Braschi sospendesse la partita. Per fortuna, l'arbitro fu molto saggio. Poi, fu un tourbillon di emozioni. Io e Daniele ci vestimmo al volo, impugnai un bandierone e ci fiondammo sulla 500 blu metalizzato col tettuccio apribile. Guidava Daniele, che all'epoca aveva 23 anni. Però non sapevamo dove andare. All'incrocio con via Chiana fermammo un vespino: Ragazzi, dov'è che si festeggia? E una ragazza ci rispose: Andate a Piazza del Popolo!". Andammo a Piazza del Popolo.

    "Io mi sporgevo dal tettuccio sventolando il bandierone, Daniele clacsonava. Povera 500. La abbandonammo non so dove dalle parti di Piazza del Popolo e restammo lì per ore e ore. Ci abbracciavamo, urlavamo, tifavamo. Una gioia senza tempo. Indimenticabile".


    Francesco, 17 anni il 17 giugno 2001

    "Della notte e della settimana precedente al 17 giugno non ricordo nulla. So solo che non mi sono mai posto la domanda: e se va male? Non era un’ipotesi.

    Quella mattina l’appuntamento con mio cugino era alle 8:30 al Colosseo quadrato. Io abitavo a San Paolo e lui a Magliana. Da lì ci siamo spostati verso lo stadio e alle 10:00 eravamo già ai prefiltraggi, allestiti per l'occasione. Entrammo prestissimo, eravamo in Monte Mario e fu meraviglioso vedere tutto l’Olimpico colorarsi lentamente di bandiere.

    Praticamente tutti ne avevano una. La mia era arancione, bianca e rossa. In più ne avevo una dell’Italia, comprata per i Mondiali del ’98. La tirai fuori dallo zaino solo al 3-0, salvo poi rimetterla dentro al gol di Di Vaio".

    "Ricordo distintamente il boato al gol di Totti. Mai sentito così forte, in particolare dalle file dietro la mia che non erano mai state così colme di gente.

    Qualche flash del post partita: gli occhi lucidi di mio zio al triplice fischio. Il (primo) bagno nella fontana di piazzale degli Eroi. L’abbraccio con il mio amico Marco, forzatissimo perché ancora non ci eravamo resi pienamente conto di quanto successo. Le strade, la straripante festa da Garbatella a Testaccio, da via del Corso a Piazza del Popolo. Le bandiere sul balcone la notte stessa.

    E poi i muri, ancora per poche ore biancocelesti per quanto successo l’anno prima e pronti a essere ricoperti da vernice giallorossa. Molta di più, come giusto che fosse".