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Giorgio Martino 30 anni dopo Roma-Broendby: "Che boato al gol di Voeller"


A 30 anni da Roma-Broendby, abbiamo intervistato Giorgio Martino, telecronista della semifinale di ritorno di Coppa UEFA

Trent'anni esatti. Tanto è trascorso da Roma-Broendby, ritorno delle semifinali di Coppa UEFA. Una delle imprese più belle della Storia romanista. La partita va in diretta su Rai 2, il telecronista è Giorgio Martino.

Al minuto 43' della ripresa, la sua leggendaria voce descrive questa azione: “Pellegrini, buona partita da parte di Pellegrini. Ora ha spazio, può spingersi in avanti, effettua un traversone, testa di Berthold, mischia, arriva Desideri, palla di Rizzitelli, gol. Gol di Rizzitelli, ha raddoppiato Rizzitelli al 43’ del secondo tempo".

“L’azione fu concitata”, ricorda oggi lo stesso Giorgio a distanza di 30 anni. “Sul pallone si avventarono sia Voeller, sia Rizzitelli. Era difficile distinguere chi la spuntò, il tocco decisivo fu del tedesco, ma l’importante è che la Roma andò a segno”.

Con quel gol, la Roma raggiunse la finale.

Partiamo dalla fine: che momento fu quello del gol vittoria?

“Sicuramente emozionante, trascinante. Io e tutti i telecronisti della Rai dell’epoca avevamo un codice di comportamento professionale. Anche se si sapeva che avessi simpatie per la Roma – io come altri colleghi che ne nutrivano di diverse –, noi eravamo estremamente sobri e corretti durante il racconto dei 90 minuti".

"Non ci rendevamo mai protagonisti di cronache urlate. Però in quel momento dentro di me ci fu una grandissima gioia. Era facile esprimerla perché era la gioia che avvertivo intorno. Lo stadio esplose in boato raro. Erano passati 7 anni dalla finale con il Liverpool e la Roma tornava a giocarsi un’altra finale europea. Peraltro, mi faccia aggiungere, c’è un motivo preciso per cui in un primo momento attribuii il gol a Rizzitelli”.

Ovvero?

“Voeller in quella partita non era al meglio della condizione fisica, mentre Rizzitelli fu tra i migliori in campo. Ruggiero fece il primo gol, suonando la carica a tutti i compagni. Dopo il tiro scoccato da Desideri, dalla postazione sembrava che avesse anticipato di un attimo il compagno di squadra, ma poi quando rividi le immagini da un’altra angolatura, capii che il tiro sottomisura fu di Voeller. Si trattò di un suo acuto finale, tanto che immediatamente dopo aver segnato chiese il cambio e nei minuti finali di gara entrò Gerolin al suo posto”.

Cosa significa per un telecronista di una tv nazionale accompagnare una squadra italiana ad un traguardo così importante come quello di una finale di una competizione internazionale?

“Sicuramente un orgoglio. In quel momento il calcio italiano era in evoluzione e grande ascesa, tanto che la finale di quella Coppa UEFA si sarebbe giocata tra due italiane, Roma e Inter appunto. Gli anni 90, poi, avrebbero visto una continuità di campioni impressionante nella nostra Serie A".

"Ma poi si percepiva anche un altro aspetto, stava crescendo molto l’interesse degli italiani sul calcio internazionale. Le partite di coppa erano un appuntamento sempre molto seguito in termini di telespettatori. E qui, me lo consenta, mi prendo un pizzico di merito”.

Spieghi meglio.

“La trasmissione Eurogol, che definisco il mio fiore all’occhiello, influì molto sugli appassionati di calcio che con quel format riuscirono a conoscere meglio le grandi realtà internazionali del calcio. Non fu importante, poi, soltanto per gli sportivi, ma pure per gli stessi giornali che da quel momento – metà degli Anni 70 – diedero più spazio ai campionati esteri”.

Come nacque l’idea di questo programma?

“Lavorando in Rai, ognuno di noi aveva sul televisore la bassa frequenza. Oltre ai normali canali di diretta, c’erano altri canali di servizio. Ogni giorno arrivavano le immagini dei fatti di cronaca che avvenivano in tutto il mondo. E così funzionava anche per i campionati europei. Da lì nacque tutto”.

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Di quel Broendby cosa si sapeva, ad esempio?

“Beh, diciamo che intanto aveva in porta il grande Schmeichel. E poi il resto della squadra era di tutto rispetto. Non a caso un anno dopo alcuni elementi di quel Broendby diventarono campioni d’Europa con la Danimarca contro ogni pronostico, dato che nemmeno avrebbero dovuto partecipare alla rassegna continentale. Comunque, non solo il Broendby era forte in quell’edizione della Coppa UEFA. La Roma eliminò Benfica, Valencia, Bordeaux, Anderlecht e poi i danesi. Tutti top club”.

Era diversa anche la formula delle competizioni europee.

“Senza dubbio. In Coppa UEFA giocavano tutte le squadre che si classificavano dal secondo posto in giù dei diversi campionati nazionali, mentre la Coppa dei Campioni era esclusiva di chi vinceva il titolo. Eppure, la Roma si fece largo, nonostante diverse difficoltà in campionato. Quando scendeva in campo in Europa trovava intensità, determinazione e orgoglio”.

Stagione paricolare per tante ragioni. Su tutte, la scomparsa del presidente Dino Viola.

“Con lui feci la sua ultima trasferta europea, a Bordeaux. Da lì, poi, la situazione legata alla sua salute precipitò e un mese dopo venne a mancare. Il fatto, ovviamente, portò conseguenze anche sulla squadra. Si capiva che la situazione societaria fosse incerta, nonostante la continuità garantita dalla famiglia Viola fino alla fine della stagione. Anche l’allenatore, Ottavio Bianchi, con la scomparsa del presidente, perse il suo principale riferimento”

Nota qualche similitudine tra quella Roma e quella di questa stagione?

“Non è peregrino il paragone. Ci può stare. Certo, ora il Manchester United sarà un avversario difficile da affrontare, ma pure questa squadra quando gioca in Europa ha un impatto diverso”.

Ha mai pensato a quante telecronache della Roma ha prestato voce?

“Sinceramente no e sarebbe difficile da quantificare un numero. Ho alle spalle circa 5-6 mila telecronache, tutte in diretta. Ho fatto calcio, ciclismo, nuoto, seguito sette edizioni dei giochi olimpici. Difficile…”.

Non saprebbe nemmeno collocare temporalmente la prima?

“Quello sì, credo intorno alla metà degli Anni Settanta con la Roma che si riaffacciava in Coppa UEFA. Da lì poi diversi momenti memorabili vissuti in prima battuta. Tipo quel Roma-Broendby del 1991”.