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    Taibi: "La Roma può giocarsi le sue carte contro il Manchester United"


    Manchester United e Torino. Non è il calendario della Roma, che prevede prima l’impegno di campionato con i granata e poi la coppa con gli inglesi il 29, ma due capitoli della carriera di Massimo Taibi.

    Lui, uno dei portieri più esplosivi degli anni 90 e inizi Duemila, tra i pochi interpreti del ruolo a trovare la gloria anche in area avversaria, con un gol segnato di testa in un Reggina-Udinese del primo aprile 2001. Oggi Taibi – classe 1970 – è il direttore sportivo della Reggina sotto la presidenza dell’imprenditore romano (e romanista) Luca Gallo. E nella squadra calabrese c’è contaminazione romanista. Non solo per il tecnico, Marco Baroni, difensore giallorosso nel 1986-87.

    Ma anche per alcuni elementi nella rosa. L’ex Primavera Luca Chierico, ma anche Ricardo Faty e Jeremy Menez. Quest’ultimi due volti della stagione 2009-10, quella in cui si sfiorò lo scudetto con Ranieri in panchina.

    E Jeremy era tra i tenori dell’attacco, talento purissimo. “Ho pensato di riportarlo in Italia perché avevo visto in lui ancora tanta voglia. Qui aveva cominciato benissimo, poi è stato limitato da un infortunio”, dice Taibi con un Reggina in zona tranquilla di classifica, con prospettiva di playoff.

    Un passo indietro, prima. Torino fu la penultima fermata della sua lunga carriera terminata quasi alla soglia dei 40 anni.

    “Arrivai a Torino a 35 anni, nel 2005, nella prima stagione di Cairo presidente. Per me questa tappa rappresentò un finale di carriera importante. Fu una bella cavalcata, andammo in Serie A attraverso lo spareggio con il Mantova. Restai anche l’anno successivo in Serie A come vice Abbiati. Resta una grande esperienza per me. E poi il popolo granata è unico. Quando fai parte di quella società senti la gloria e la storia di quella maglia e solo vivendolo da dentro lo si può capire”.

    Ha vissuto anche un altro ambiente altrettanto caloroso, quello di Old Trafford.

    “A Manchester ero più giovane. Andai nel 1999. Era una grande opportunità per la mia carriera, nonostante in precedenza avessi giocato anche nel Milan. Ma non era cosa di tutti i giorni, soprattutto all’epoca, che un portiere andasse a giocare in Premier League, in un club così prestigioso, che aveva vinto la Champions nella stagione precedente. Ma durò poco e non andò bene”.

    Cosa non funzionò?

    “Lo dico chiaramente, non ci stavo con la testa in quel momento della mia vita e questo fatto si vide anche nelle poche partite che giocai”.

    Per quale motivo, se è possibile sapere.

    “Un fatto personale gravissimo legato alla mia ex moglie. Decisi così che sarebbe stato meglio tornare subito in Italia e nel mercato di gennaio andai alla Reggina, contribuendo alla salvezza nella seconda parte del campionato. Per fortuna in quel frangente nacque anche il mio rapporto con Reggio Calabria, che dura anche oggi”.

    Lei, appunto, è ds della Reggina. Qual è il suo metodo da dirigente sportivo e operativo?

    “Ho uno stretto collaboratore, Matteo Patti. E poi mi avvalgo di una rete personale di osservatori in Italia, per avere indicazioni su qualche giovane interessante nelle serie minori o nelle primavere. Poi mi muovo io tra Lega Pro e altri canali, oltre che monitorare di continuo la piattaforma digitale Wyscout dove si possono guardare i campionati di tutto il mondo”.

    Da osservatore come la immagina la prossima semifinale di Europa League, Manchester United-Roma?

    “Per la squadra si tratta già di un grandissimo successo, un grande traguardo. Il Manchester United sulla carta ha qualcosa in più, ma in un turno a eliminazione diretta, in un doppio confronto, può succedere di tutto. Arrivati a questo punto della competizione, su andata e ritorno le partite diventano particolari. Il fatto che non ci sia il pubblico, soprattutto all’Old Trafford, può essere un piccolo vantaggio iniziale per la Roma. Ci sono buone possibilità, ovviamente contro una squadra forte. Ma non dispererei. Anzi… E mi faccia aggiungere una cosa…”.

    Prego.

    “Non lo conosco personalmente, ma ritengo che Fonseca sia un grande allenatore. Sta facendo un lavoro importantissimo. Lavorare a Roma non è semplice. E lui ha creato una buona squadra. Un mix tra elementi giovani ed altri meno. La squadra non è da primissimi posti in campionato, ma sta facendo benissimo in Europea League, giocandosi le sue possibilità per vincere una coppa così importante. Non mi sembra poco”.