Ecco le testimonianze.
Andrea, 51 anni: “Non ho mai avuto paura della Lazio in vita mia, ma quella settimana – quella del Derby – fu davvero complicata. Ci davano per spacciati. Non era una Roma di campioni, ma sul campo dimostrò la propria gagliardia. La vidi in tv, su Rai 3. Fecero gol Balbo, Cappioli e Fonseca. Giannini, che a quei tempi veniva spesso contestato, disputò una partita magistrale nel suo ruolo naturale, quello di regista. Il giorno dopo, sui muri del cimitero di Prima Porta apparve una scritta: “Nun sapete che ve siete persi””.
Fabio, 35 anni: “Questo Derby è stato una liberazione, una vittoria attesa quasi 5 anni contro la Lazio che in quel momento era prima, in fuga a 7 giornate dalla fine. Quel trionfo avevamo iniziato a costruirlo all’andata, quando dallo svantaggio di 3-1 rimontammo fino al 3-3 con un uomo in meno. È stato uno degli ultimi Derby in cui non ero allo stadio, all’epoca avevo 13 anni e sentivo troppo le partite con Lazio. L’eroe fu Delvecchio, con una doppietta nel primo tempo. È stata la partita della definitiva consacrazione. Poi al 79’ Vieri riaprì il risultato facendo impennare la sofferenza. All’89’ minuto non ce l’ho fatta: dal salone, in cui guardavo la partita con i miei, mi sono spostato in camera mia, porta chiusa e luce spenta. Troppa tensione per reggere anche nel recupero. Neanche due minuti ed entra mia madre: “3-1! 3-1!”. Una liberazione. Quel gol di Totti è l’ultimo che non ho visto in diretta in un Derby”.
Emiliano, 36 anni: “Il mio primo derby allo stadio fu speciale, quasi da non credere. Ero in Tevere, essendo abbonato in quella stagione in Nord. Chi aveva la tessera di quel settore, al derby veniva dirottato in tribuna. È così anche oggi. Parliamo di una stracittadina clamorosa, il 4-1 del 21 novembre 1999. Contro quella squadra avversaria che nella settimana precedente era stata definita da diversi addetti ai lavori “fantascientifica”, “una formazione di alieni”, la prima Roma di Capello minimizzò il tutto segnando 4 gol nei primi 31 minuti di gioco. Prima Delvecchio servito da Cristiano Zanetti, poi Montella lanciato da Mangone, ancora Delvecchio su suggerimento di Totti e di nuovo Montella ancora su assist di Mangone. 4 volte, tutte sotto curva Nord. Impossibile da pronosticare alla vigilia, bellissimo da vivere dal vivo. Una prima volta impossibile da dimenticare".
"Due note da ricordare. La prima, Zanetti giocò contro la squadra di Eriksson nonostante fosse stato espulso la domenica precedente a Reggio Calabria. Il motivo, presto detto: subì il cartellino rosso per una somma di ammonizioni, ma due sanzioni per motivazioni differenti. E all’epoca il regolamento non faceva scattare la squalifica. Fu una fortuna, perché Zanetti fu tra i migliori in campo, a cospetto di gente come Veron, Simeone, Almeyda, Nedved. La seconda, il poster celebrativo di una rivista mensile del tempo, “Rosso&Giallo”, con il titolone “Independence day”. Della serie, gli alieni erano stati battuti”.
Claudia, 41 anni: “Sono sincera, non avrei mai pensato di dover ringraziare un giocatore della Lazio. E invece, se sono diventata romanista, lo devo a lui. A Paolo Negro. Fu la mia prima partita allo Stadio. Fino a quel momento, non conoscevo la pazza gioia di essere tifosa della Roma. Fu tutto meraviglioso. La coreografia con le insegne dell’Impero fu memorabile, così come lo furono i sombreri di Cafu su Nedved. Vincemmo con un autogol e non ci capii più nulla. Con il mio ragazzo dell’epoca andammo a festeggiare a piazza Venezia”.
Simone, 38 anni: “Derby, che dire... Premettiamo che è una partita poco amata dal sottoscritto. Anzi, se fosse per me la cancellerei dal calendario volentieri. Invidio chi ha vissuto la Roma degli Anni 80 non tanto per aver visto dal vivo Falcao, ma più per il fatto che quegli altri erano in altre categorie, dunque il problema non si poneva. C’è chi preferisce guardarla allo stadio per soffrire di meno, io no. Se la guardo in televisione, mi sento lo stesso coinvolto, ma almeno certe cose non le vivo da vicino. Per esempio, mi evito volentieri l’eventuale esultanza della curva avversaria che, al derby, risulta diverso dal loro solito boato. Comunque, la partita che scelgo io non è una vittoria, ma un pareggio".
"Nemmeno troppo importante ai fini della classifica. Quello dell’8 marzo 2003, pareggio di testa di Cassano prendendo il tempo a Fernando Couto. Ci evitò una sconfitta proprio negli ultimi minuti e loro che restarono a secco anche in quella stagione, che di derby se ne giocarono 4 con la Coppa Italia. I 2 di campionato finirono pari, quelli di coppa furono due vittorie della Roma. Impossibile dimenticare il “non vincete mai” cantato a lungo alla fine. Per me il derby non va perso, prima di tutto. Poi se si vince è ovviamente meglio. È tutto”.
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