William Garbutt fu il primo a sedersi sulla panchina giallorossa, nel 1927.
Il secondo allenatore inglese fu Herbert Burgess, che vestì la maglia della Nazionale inglese da giocatore e che guidò la Roma al secondo posto in campionato nel 1930-31.
Quasi 20 anni più tardi Jesse Carver lo emulò nell’impresa di portare la Roma sul podio, con il terzo posto del 1955 alle spalle di Milan e Udinese, con i friulani successivamente retrocessi d’ufficio per via di un illecito sportivo.
Nel 104º anniversario della sua nascita, ci concentriamo sull’ultimo di questo quartetto: Alec Stock, che per tre mesi sedette sulla panchina giallorossa nel 1957.
Purtroppo per lui, considerato uno dei più virtuosi uomini di calcio britannici dell’epoca, la sua avventura da allenatore della Roma sarebbe terminata in circostanze piuttosto insolite
Nato il 30 marzo 1917 nel Somerset, una contea rurale del sudovest inglese, Stock giocò attaccante per il Charlton, il Queen’s Park Rangers e lo Yeovil Town e servì anche l’esercito britannico nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Più avanti si costruì una notevole reputazione in qualità di allenatore dello Yeovil e del Leyton Orient, tanto da meritarsi la chiamata dell’Arsenal nel 1955.
Ma la sua esperienza ai Gunners durò appena 53 giorni, durante i quali operò come assistente di Tom Whittaker, prima di ritornare all’Orient. Due anni più tardi gli verrà offerta la possibilità di diventare l’allenatore della Roma.
Nel suo libro Football Club Manager, Stock scrisse di aver saputo dell’interesse della Roma leggendo le ultime pagine di un giornale durante una gita in famiglia tra la fine della stagione 1956-57 e l’inizio della stagione successiva.
“Poco dopo, ricevetti la chiamata di una persona che apparentemente comprava e vendeva frutta a Londra. Disse di essere un parente o un amico del presidente della Roma e mi chiese senza troppi giri di parole: ‘Hai accettato l’offerta?’.
“Io risposi semplicemente: ‘Quale offerta?’ E la conversazione terminò”.
Alla fine fu Gigi Peronace, descritto da Stock come “un agente straordinario, una persona splendida”, condusse in porto l’affare e il tecnico firmò un contratto di due anni convinto che “un’esperienza in Italia lo avrebbe reso un allenatore migliore”.
I giallorossi avevano chiuso la stagione precedente al quart’ultimo posto e avevano bisogno di idee nuove e forse, con il ricordo di Carver ancora fresco, di avere un allenatore più autoritario, che riuscisse a rimettere in riga la squadra.
In quel periodo l’Inghilterra stava attraversando una sorta di crisi di identità. Dopo aver trascorso i decenni precedenti convinta della propria superiorità, dopo una pesante sconfitta a Wembley per 6-3 contro l’Ungheria si era rafforzata la consapevolezza che diverse nazionali europee fossero diventate superiori nello stile di gioco.
Fu così che Alec Stock ritenne che un’esperienza all’estero potesse arricchire il suo curriculum.
“Decisi che, se non avessi osservato da vicino quello che l’Europa aveva da offrire, mi sarei presto trovato in una posizione di svantaggio”, affermò il tecnico.
“La Roma mi offrì la possibilità di ampliare i miei orizzonti, così decisi di accettare questa opportunità”.
Il nuovo allenatore giallorosso aveva però una barriera linguistica da superare per cercare di trasmettere ai giocatori la propria filosofia e gli fu così affiancato un interprete per facilitare la comunicazione. Il ruolo fu affidato al figlio di Romolo Raggi, un socio del Club dell’epca.
Stock lo descrisse come “un sedicenne italiano che aveva imparato l’inglese in Galles”.
La stagione iniziò in maniera positiva e dopo due pareggi nelle prime due giornate di campionato, la Roma conquistò la sua prima vittoria stagionale alla terza giornata, battendo per 3-1 il Padova, grazie ai gol di Dino Da Costa, Luigi Giuliano e Giuseppe Secchi.
A questa seguirono altre due vittorie e un pareggio. Poi arrivò la prima – e unica – sconfitta della gestione Stock per mano della Fiorentina (che l’anno precedente aveva raggiunto la finale di Coppa dei Campioni), ma la delusione venne presto dimenticata.
La settimana successiva, infatti, la Roma di Stock si impose nettamente per 3-0 contro la Lazio portandosi al quarto posto in campionato, grazie ai gol di Severino Lojodice e Alcides Ghiggia a fare da cornice a un’altra rete di Da Costa.
Dopo 11 gare sulla panchina della Roma, il ruolino di marcia di Stock era da considerarsi positiva (4 vittorie, 6 pareggi e 1 sconfitta) ma i dissidi interni erano ormai all’ordine del giorno e portarono a una fine prematura del rapporto con l’allenatore.
Uno dei primi dissapori fu con il direttore tecnico del club da poco in carica Antonio Busini, da poco in carica. Riguardava la fiducia riposta da Stock nel terzino Giacomo Losi, allora ventenne.
Un famigerato episodio accaduto alla stazione Termini prima dell’importante trasferta di Napoli fu la goccia che fece traboccare il vaso. Stock sostenne che gli fosse stato comunicato volutamente un orario sbagliato del treno, dal momento che qualcuno all’interno del Club stava cercando di indebolire la sua posizione.
Stock – che nel suo libro si descrive praticamente come un pesce fuor d’acqua – si stupì dei sotterfugi, delle trame che venivano tessute contro di lui e delle voci che venivano messe in giro sul suo conto all’interno del Club. Capì che la situazione era diventata insostenibile, soprattutto dopo che l’episodio del treno era stato sfruttato come pretesto dai funzionari del Club per modificare la sua formazione da schierare contro il Napoli (partita che poi terminò 0-0).
Era ormai impossibile per le parti trovare una soluzione. Stock descrive il periodo trascorso alla Roma come “duro, molto interessante, doloroso, confuso e amaro”.
La figlia minore di Stock, Sarah Hickson, afferma tuttavia che quando suo padre lasciò l’Italia l’amore per la cultura e la cucina italiana superava di gran lunga il rammarico per il modo in cui era terminata la sua esperienza alla Roma.
“L’impressione che avevo era che la mamma e il papà adorassero stare lì”, ha raccontato Sarah via email ad asroma.com dalla sua casa di Wimborne, nel Dorset.
“Mia madre – figlia di un contadino – mi raccontava la sensazione che aveva provato quando aveva visto per la prima volta gli aranci in fiore con i frutti appesi ai rami e quell’esperienza lasciò in mio padre un amore eterno per la cultura italiana, soprattutto per il cibo e il vino.
“Gli piaceva molto raccontare ai camerieri della nostra trattoria preferita del periodo trascorso lì e continuava comunque a tenere d’occhio i risultati della squadra”.
Sarah ha compiuto un pellegrinaggio a Roma qualche anno fa, ma non è riuscita ad andare allo Stadio Olimpico. Conta di farlo, quando sarà terminata questa pandemia e l’AS Roma avrà il piacere di ospitarla.
“Sono andata a Roma cinque anni fa e mi sono innamorata della città. Mia zia mi ha anche detto all’incirca dove abitassero (Stock diceva di abitare dietro al Vaticano) e ho potuto quindi trovare la strada in cui hanno vissuto i miei genitori.
“Non sono andata allo stadio, ma ho intenzione di farlo. I figli di un mio amico sono tifosi della Roma e mi hanno promesso di portarmi a una partita!”
La sua avventura in giallorosso è finita con qualche dissapore, ma Stock rimane l’ultimo inglese ad aver guidato la Roma e per questo motivo continua a occupare un posto significativo nella storia del Club.
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