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Stefano Degni: "Un fiore rosso e uno giallo per Ferraris"


Giovanni Degni è stato amico di Attilio Ferraris, prima ancora che compagno di squadra.

Centrocampisti, entrambi. Romani di nascita e appartenenza, con connotati inconfondibili. Erano anche abbastanza somiglianti, non tanto per caratteristiche tecniche in campo, quanto per i tratti del viso e pure l’acconciatura dei capelli. Facevano parte tutti e due della Roma del 1927. Quella della fondazione. Degni diede il calcio d’inizio nella prima gara ufficiale, Roma-Livorno 2-0 al Motovelodromo Appio.

Ferraris è stato il primo di tutti. Primo capitano e primo romanista in Nazionale. “Anche se questo primato nonno lo avrebbe potuto insidiare ad Attilio”. Le parole sono di Stefano Degni, nipote di Giovanni. Lui, Stefano, romano di zona Ostiense, cresciuto vedendo Campo Testaccio dalla terrazza del suo palazzo, Ferraris non l’ha conosciuto di persona, essendo nato nel 1957.

Ma l’ha vissuto attraverso i racconti di Giovanni. L’ha celebrato, soprattutto. Nel giorno dell'anniversario della nascita di Ferraris, il 26 marzo 1904, ricordiamo Attilio nelle memorie di Stefano. “Lo onoravamo insieme a nonno ogni volta che andavamo al Verano alla tomba di famiglia”.

Lo onoravate in che modo?

“Il monumento di Attilio – perché quello è, più che una semplice tomba – non è distante dalla nostra tomba di famiglia. Si trova nello stesso quadrante del cimitero Verano. Andavamo spesso, almeno una volta a settimana. Io avevo 6-7 anni. Come passavamo là davanti, nonno mi mandava avanti e mi faceva lasciare ogni volta un fiore giallo e l’altro rosso. Proprio sotto al suo epitaffio: “Attilio Ferraris, campione del mondo”. Ricordo perfettamente, era un rito di famiglia che abbiamo portato avanti fino ai miei 14 anni, più o meno”.

Cos’altro ricorda?

“Sempre tanta gente là intorno. Andare a trovare Ferraris era una cosa che facevano diverse persone, soprattutto romanisti. Nonno rimaneva sempre in disparte, senza farsi riconoscere dalle altre persone. Voleva rendergli omaggio ogni volta, ci teneva, da amico quale era, ma non si metteva mai lì in prima linea. Anche perché nonno la Roma l’ha vissuta da giocatore, l’ha allenata poco dopo lo scudetto del 1942. Non era uno qualsiasi. Voleva tenere come una cosa molto intima, personale, il suo rapporto con Ferraris”.

Il loro rapporto quando nacque?

“Intorno al 1918-19, si conobbero in Fortitudo. Ho ancora oggi una foto di loro due con Silvio Sensi, il papà di Franco. Si somigliavano abbastanza, a vederli così”.

Tanto che un difensore del Milan li confuse durante una partita, provocando la prima espulsione della storia della Roma. Proprio a Giovanni Degni. Era il 27 ottobre 1929.

“Andò così. Questo giocatore del Milan gli fa un fallaccio in un momento della partita che non richiedeva un intervento così duro. Tanto che la Roma stava già perdendo e uscì poi dal campo sconfitta per 3-1. Questo signore era convinto che il fallo l’avesse fatto a Ferraris, fino ad accorgersi dell’errore proprio all’ultimo. E gli fa: “Scusa Degni, pensavo che eri Ferraris”. Nonno rispose così: "Ah, sì? E questa te la manda Attilio”. E gli molla una cinquina, per essere poi espulso”.

Degni per poco non anticipò Ferraris come primo romanista in Nazionale.

“Anche in questo caso nonno si fece prendere dal temperamento. All’epoca il telaio dei giocatori della Nazionale era formato dalle squadre del Nord: Ambrosiana, Milan, Juventus, Genoa. Nonno era velocissimo, il giocatore più veloce d’Italia con gli scarpini con la punta rinforzata. E per questo partecipò ad un provino. Il problema è che gli altri giocatori o non gli passavano la palla o gliela davano troppo avanti o troppo indietro.

“Come finisce la partitella, nonno va da uno di loro e gli dice: “Ragazzi, io sono veloce, però datemi modo di arrivarci sul pallone”. Uno gli rispose: “Ma va via, terun”. Nonno reagì male, poi ebbe la sfacciataggine di andare dall’allenatore della Nazionale, dicendogli: “Se i giocatori dell’Italia sono questi, io non posso giocare qui”. Il tecnico replicò subito: “Vede Degni, lei doveva venire da me a lamentarsi. Non agire per conto proprio”. Nonno non ce stava. Non gli piaceva perdere”.

E quando Attilio scomparse a 43 anni, come reagì?

“È un fatto che s’è portato dietro sempre. Mi raccontava spesso della perdita del suo amico. Resta uno dei dolori sportivi che lo hanno accompagnato. L’altro fu legato alla tragedia del Grande Torino”.

Cosa ne pensava nonno Giovanni della rivalità con la Lazio?

“Le racconto questa. Nonno ha smesso presto di giocare per via di alcuni problemi fisici. E doveva andare via dalla Roma. Pur di non lasciare la città, ma perché seguì il consiglio di un amico che insisteva, provò a fare un provino con l’altra squadra. Giocò una mezzora, con scarsissimi risultati. Si mise una maglia bianca, nemmeno quella ufficiale con quei colori lì. Ma basta, si fermò lì. Nonno era di Roma, della Roma”.