Serie A, Domenica, 15 DIC, 18:00 CET
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    Tutte le storie che portano a Roma e Manchester (United)


    Il primo punto di contatto tra Roma e Manchester nasce nel 1883

    Nasce, sì, perché a Hazel Grove – nei dintorni della città a nordovest dell’Inghilterra, nella contea Grande Manchester – viene alla luce William Garbutt.

    Lui, il primo allenatore nella storia giallorossa, che guidò la neonata Associazione Sportiva nelle prime due stagioni della sua storia, tra il 1927 e il 1929. Sir Garbutt non allenò mai squadre di Manchester, né altre formazioni inglesi. La sua carriera da tecnico si sviluppò soprattutto nel nostro paese, a iniziare dal Genoa. Mentre da calciatore aveva vestito le maglie di Reading, Woolwich Arsenal (l’Arsenal di oggi) e Blackburn.

    A proposito di manager provenienti dalla Gran Bretagna, Herbert Burgess – il tecnico della Roma di Campo Testaccio, quello che sedeva in panchina in Roma-Juventus 5-0 del 1931, per citarne una – ebbe un passato da giocatore sia con il Manchester City, sia con lo United. Indossò la maglia rossa tra il 1906 e il 1910.

    Nel corso del tempo, poi, le strade delle due squadre non si sono mai praticamente incontrate – se non in tre amichevoli, una mista Roma e Tevere Roma-Manchester United vinta dai capitolini nel 1961 – fino al 2007 anno in cui ci fu il primo incrocio in gare ufficiali nei quarti di finale di Champions League.

    Da segnalare, però, trent’anni prima al confronto di coppa – nel 1977 – un altro evento da anagrafe che nel tempo a venire diventerà influente nel corso romanista. Ad Ashton-under-Lyne, altra località della Grande Manchester, nasce Simone Perrotta.

    Figlio di genitori di emigrati dalla Calabria, tornerà nella terra d’origine a cinque anni, diventando un cittadino italiano a tutti gli effetti. Centrocampista di temperamento e qualità, con la maglia della Roma collezionerà 327 presenze e 48 gol tra il 2004 e il 2013, classificandosi dodicesimo nella graduatoria all time di partite giocate con la maglia della Capitale.

    Non solo, nell’arco delle nove stagioni si laurea anche campione del mondo con la nazionale italiana nel 2006. Un’impresa non da tutti, alla quale è stata dedicata persino una statua proprio ad Ashton-under-Lyne.

    Di calciatori che hanno vestito entrambe le maglie non se ne contano tantissimi. Il primo a fare il passaggio diretto da Trigoria a Old Trafford fu il giovane Davide Petrucci nel 2008, all’età di 17 anni. Per una serie di infortuni, però, il talento – per il quale all’epoca fu scomodata anche la definizione di “futuro Totti" – non riuscì mai a collezionare presenze in prima squadra.

    Chi con il Manchester United ci ha giocato tanto e vinto, invece, è Gabriel Heinze. Difensore arcigno, di chiaro stampo argentino, temperamento caliente, giocò con i Red Devils dal 2004 al 2007, salvo poi arrivare a Roma nell’estate del 2011 a parametro zero, in un mercato di ricostruzione con l’avvento della nuova proprietà statunitense. Restò quella sola stagione.

    Gli altri due volti noti in questa particolare galleria sono due elementi importanti nella rosa di Paulo Fonseca. Ovvero, Chris Smalling e Henrick Mkhitaryan. Protagonisti assoluti nell’Europa League vinta dagli inglesi nel 2017, ora vorrebbero ripetere l’operazione con la maglia giallorossa addosso.

    Infine, si potrebbero menzionare pure quelli che sarebbero potuti essere e non sono stati.

    Uno è Rio Ferdinand. Nell’estate del 1999 la Roma di Franco Sensi è alla ricerca di un difensore affidabile da affiancare a Aldair e Zago. Nel West Ham milita un ventunenne Ferdinand, che è già tra i migliori interpreti del ruolo. L’operazione è confermata pure dal presidente Franco Sensi in persona: “Alla Roma piace un centrale inglese. E non è Campbell”. È Ferdinand, appunto. Ma alla fine l’affare non va in porto, la Roma preferisce ripiegare sull’esperto Amedeo Mangone del Bologna e Ferdinand arriverà allo United nel 2002, dopo un biennio a Leeds.

    Un altro caso da menzionare – da collocare sempre nella stessa epoca di inizi Duemila – è quello relativo a Ruud van Nistelrooy. Attaccante del PSV Eindhoven che in Olanda segna più di quanto gioca. È un centravanti di stazza e tecnica. È forte. La Roma negli inizi di primavera del 2000 va vicina al suo ingaggio. Capello vuole un bomber fisico e certamente prolifico per vincere lo scudetto.

    Sembra tutto fatto con l’olandese, poi il trasferimento non si conclude e Van Nistelrooy si accaserà a Manchester un anno dopo, diventando idolo indiscusso dell’Old Trafford al suono di “Ruud, Ruud, Ruud”.

    La Roma si accontenterà – per modo di dire – di Gabriel Omar Batistuta. Uno che proprio a Old Trafford aveva segnato in Champions League, con le sue modalità, tiro potentissimo dalla distanza. E con la lupa sul petto diventerà campione d’Italia.

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