
Il 16 dicembre 1984 Paulo Roberto Falcao gioca a Napoli la sua ultima partita con la Roma. La cartilagine del ginocchio sinistro non c'è più, ma il Divino riesce persino a segnare un gol. Sarà il suo modo per dire addio ai nostri colori.
Chi si ricorda tutto è Pato Moure. Era, ed è tuttora, l'amico più intimo di Falcao. Atterrarono insieme nella Capitale, il 10 agosto 1980. Oggi Pato ha 71 anni ed è uno speaker radiofonico di Porto Alegre, a 10 mila chilometri dalla sua Roma. Questa intervista al giornalista brasiliano più romanista al mondo è uno straordinario tuffo nei magici Anni 80. Magici come la Roma di Falcao.
Segue ancora la Roma?
"Non mi perdo una partita. Abbiamo massacrato il Bologna. Credo che possiamo fare bene in questo campionato. Quando la Roma va male, divento pazzo. Mio figlio (Matteo, ndr) si preoccupa. A maggio mi ha detto: Ti proibisco di vedere la Roma, rischi di farti venire un altro infarto".
Le sue radiocronache a Teleroma 56 erano favolose. Come avrebbe esultato dopo il quinto gol?
"Roma CINQUEEE, Bologna uno. Vattene a casa, Bologna!".
Le manca la città di Roma?
"Ci sono stato tre anni fa per dieci giorni. Troppo poco. Mio figlio vive a Roma. Naturalmente è romanista. Ha giocato per dieci anni nelle giovanili della Roma. Di Roma mi mancano gli amici, la pasta, il caffè. Roma è una città che ti entra dentro. È molto difficile dimenticarla. Molto".
Lo sa che l'attore Marco Giallini l'ha citata nel film "Domani è un altro giorno"?
"Sì. Mi ha persino intervistato Rai 2. È stato un omaggio straordinario".
Torniamo a Falcao. Al 16 dicembre 1984. Fu l'ultima partita ufficiale di Falcao con la Roma. Se la ricorda?
"Era infortunato. Non avrebbe potuto nemmeno giocare contro il Napoli. Lo fece per spirito di sacrificio. La cartilagine del ginocchio sinistro era completamente andata. Tornò da solo in macchina a Roma e il giorno dopo volò in America per farsi operare dal professor Jimmy Andrews. A Roma dicevano che era solo un problema psicologico. Fu il suo fisioterapista Nivaldo Baldo, amico di Andrews, a suggerirgli l'intervento. Ormai, Paulo non riusciva nemmeno più a piegare il ginocchio. Non so come riuscì a fare quel gol al Napoli".
Cosa ha rappresentato Falcao per la Roma?
"Paulo ha portato nella Roma una nuova mentalità. Una mentalità vincente. Quando arrivammo nella Capitale, lui era già un campione. Aveva conquistato tre campionati brasiliani e due premi come miglior calciatore. Ma quando sbarcammo a Roma, invitarono Paulo a evitare di parlare di Scudetto. Qua non si vince nulla, lo Scudetto è la salvezza, gli dissero. Lui rispose che era venuto in Italia per vincere. E così è stato. Paulo ha innovato il modo di ragionare dei compagni di squadra e dei tifosi. Per questo, secondo me, è stato il giocatore più importante della Storia della Roma".
Che rapporto avevate voi due?
"Quando sbarcammo a Fiumicino, eravamo amici già da undici anni. Stavamo sempre insieme. Quando Paulo decise di andare alla Roma, mi chiese se avrei potuto seguirlo: Io parto con mia madre (Azise, ndr) e mia zia. Tu resti con me un paio di mesi, giusto il tempo di adattarmi. Alla fine, sono rimasto in Italia 25 anni. E con Paulo ci sentiamo quasi tutti i giorni".
Come nasce la leggenda che foste fratelli di latte?
"Durante la prima intervista concessa a Roma, Paulo disse che con lui era venuto un fratello amico suo. È nata così questa balla dei fratelli di latte. Un'invenzione gigantesca: eravamo nati e cresciuti con le nostre rispettive mamme. Chiesi a Paulo di fare una smentita, ma mi rispose che non aveva tempo da perdere con queste sciocchezze. Azise - questo sì - è stata poi mia madrina di cresima e mia testimone di nozze".
Falcao è stato a un passo dal trasferirsi all'Inter. Perché naufragò la trattativa?
"Sembrava fatta. Praticamente era dell'Inter. Ma quando si trattò di decidere, non ce la fece: l'amore per la Roma si rivelò più forte. A casa nostra venne persino Mazzola. Al momento di mettere la firma, si tirò indietro. All'epoca gli dissi chiaramente che a Milano non sarei andato: sarei tornato in Brasile, a Porto Alegre".
Se Falcao ha cambiato la mentalità della Roma, Pato Moure ha rivoluzionato il modo di raccontare una partita della Roma.
"Quando venni in Italia, avevo alle spalle già dodici anni in una delle più grandi emittenti brasiliane: Radio Gaucha. Le radio private a Roma stavano muovendo i primi passi. Capii subito che c'era la possibilità di importare qualcosa di nuovo: la radiocronaca come si faceva in Brasile. Cominciai a Dimensione Suono, poi entrai a Teleroma 56 e creai quel personaggio che si identificava molto con il tifoso della Roma".
Già, il tifoso della Roma: chi è, secondo lei?
"Una persona molto passionale. Se tutto va bene, si esalta. Se le cose vanno male, si butta giù. Questo è il problema dei romanisti. Ma a differenza di altre tifoserie, quella della Roma è più paziente. Sopporta maggiormente i momenti difficili, nonostante lo sconfinato amore per la squadra".
Un'altra eredità di Pato è la canzone "Roma Gol!". Molti romanisti la ascoltano ancora oggi su YouTube.
"Nacque per gioco. Un produttore discografico molto astuto vide che la Roma stava per vincere lo Scudetto (stagione 1982-83, ndr) e propose a me e ad Alberto Mandolesi di parodiare Chi chi chi co co co di Pippo Franco, che all'epoca era in testa alle classifiche. Pensai che fosse pazzo: io non avevo mai cantato in vita mia. Però lui mi spiegò che grazie all'elettronica non ci sarebbero stati problemi. Alberto si sarebbe occupato del testo. Credevo che il disco sarebbe stato acquistato solo dalla mia famiglia. Invece, ne furono vendute più di 40 mila copie. Fu un autentico boom".
C'è qualcosa in particolare che vuole dire ai romanisti?
"Voglio rivelare loro un aneddoto. Non credo che questa storia la conosca qualcuno. Dopo che Paulo firmò con la Roma, andammo a festeggiare il trasferimento a Caxias do Sul, una cittadina piena di italiani a un centinaio di chilometri da Porto Alegre. Alle 5 del mattino ci mettemmo in macchina per tornare a casa. Paulo dormiva. Io ebbi un colpo di sonno. Rischiammo di finire in un burrone alto quaranta metri. Ma mi svegliai in tempo e riuscii a frenare. Per fortuna mia, di Paulo. E dei tifosi della Roma".