Serie A, Domenica, 15 DIC, 18:00 CET
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    8 dicembre 1982: la fiaba di Roma-Colonia


    Il racconto del nostro 8 dicembre: l'impresa di Roma-Colonia 2-0, ritorno degli ottavi di Coppa Uefa

    No, Roma-Colonia non è stata una partita normale. E non solo perché è stata una delle 10 rimonte europee tra andata e ritorno riuscite alla Roma nella sua Storia.

    Quel Roma-Colonia dell'8 dicembre 1982, ritorno degli ottavi di Coppa Uefa, è uscito dalla dimensione della realtà. Per raccontare una fiaba.

    Oggi il Colonia fluttua nei bassifondi della Bundesliga. Ma nell'82-83 era una delle formazioni più forti d'Europa. Era allenata dal profeta del calcio totale, l'olandese Rinus Michels: 4 titoli nazionali e una Coppa dei Campioni sulla panchina dell'Ajax, campione di Spagna con il Barcellona, oro con l'Olanda agli Europei '88.

    Quell'8 dicembre 1982, il Colonia schierava dei fuoriclasse come Schumacher, Littbarski, Bonhof. All'andata, i tedeschi si erano imposti per 1-0, con un gol di Allofs.

    Nonostante la pelle di quella Roma profumasse già di Scudetto, la rimonta non era affatto scontata. Anzi. La Curva Sud aveva lanciato questo messaggio: "Ognuno deve fare l’impossibile perché la partita si trasformi in una trionfale festa: sciarpe, bandiere, stendardi, non un solo oggetto giallorosso deve restare a casa. Andrà bene anche un tricolore".

    L'obiettivo era vestire l'Olimpico di Roma. Roma ovunque, dagli indumenti alle torce che illuminarono lo Stadio in una giornata uggiosa. Roma nello striscione: "Non passa lo straniero".

    Scrisse la Curva: "Dobbiamo far vedere il nostro entusiasmo a tutta Italia e a quell’Europa che sarà collegata all’Olimpico attraverso la radio e la tv. Non cantate prima, ma solo durante la partita, per non perdere forza. Noi daremo il “la” alla conquista del Vecchio Continente".

    Roma-Colonia era la sfida tra due concezioni diverse del gioco del pallone. E tra due delle maggiori potenze del calcio mondiale. All'Olimpico si affacciarono eminenze grigie della politica e dell'imprenditoria italiana. Come Gianni Agnelli. L'Avvocato.

    Tutto fu memorabile, quel giorno. Tutto. Chiuso il primo tempo sullo 0-0, al 10' della ripresa Iorio raccoglie di testa una respinta di Schumacher sulla bomba di Agostino Di Bartolomei. 1-0. Significa supplementari.

    Ma all'89' Conti batte un calcio d'angolo: salta Pruzzo, il Bomber accarezza il pallone che finisce sui piedi di Falcao. Il Divino controlla e disegna una parabola che finisce la propria corsa alle spalle del portierone tedesco. È il 2-0.

    Non passa lo straniero.

    Racconterà Falcao a fine partita: "Avrei potuto cercare l'abbraccio anche delle tribune, ma ho preferito correre verso i tifosi della Curva Sud un po' perché avevo segnato proprio sotto i loro occhi, ma sono corso da loro soprattutto perché costituiscono il simbolo e l'anima del tifo giallorosso, della passione popolare verso la Roma".

    "Dopo il gol noi giocatori corriamo quasi sempre verso i tifosi della Curva Sud, perché per la Roma danno il cuore sopportando ogni disagio, compreso il fatto che da quella posizione si vede male la partita".

    Ma i tifosi della Roma non ebbero la necessità di vederla. La sentirono dentro. Si sentirono dentro: dentro al campo, assieme a Tancredi, Nela, Vierchowod, Ancelotti, Falcao, Maldera, Iorio, Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei e Conti.

    Era la Roma che si stava cucendo addosso il tricolore.

    Era una Roma da fiaba.