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    La Roma di Giorgio Rossi dalla A alla Z


    A due anni di distanza dalla scomparsa di Giorgio Rossi, storico massaggiatore giallorosso, al servizio del club per 55 anni

    A due anni di distanza dalla scomparsa di Giorgio Rossi, storico massaggiatore giallorosso al servizio del club per 55 anni, riproponiamo un'intervista rilasciata nel 2012, quando lo stesso Rossi andò in pensione.

    Un alfabeto romanista, dalla A alla Z, che racconta una galleria infinita di personaggi e di aneddoti.

    A - Agostino Di Bartolomei: “Siamo cresciuti insieme nel settore giovanile, poi entrambi siamo finiti in prima squadra. C’aveva quel tiro micidiale, era mejo levasse quando arrivava un pallone calciato da lui. Era un tipo ordinato, preciso, ma c’aveva il problema di quella pistola che portava con sé. Ogni sera in ritiro gli portavo una cioccolata al latte e lui mi aspettava in camera con la pistola. E io gli dicevo: “Agosti’, leva quel cannone”. E lui: “Ma tranquillo, c’è la sicura”. A parte questo, era un tipo tosto, che si faceva rispettare. Mise sotto anche Benetti, che era un bel 'cagnaccio'”.

    B - Barone, Nils Liedholm: “Era un tipo scaramantico. Portava sempre quel berretto giallorosso che gli aveva regalato la mamma di Perinetti, pensava che gli portasse bene. Ci portava in ritiro a Buscate, dove c’era il mago Mario Maggi. Ogni volta che giocava la Roma benediceva l’acqua dello spogliatoio con una bottiglia di acqua santa, che la domenica gli veniva mandata dalla mamma di Perinetti. Che succede, un giorno questa bottiglia d’acqua santa si rompe e, allora, la sostituimmo con una bottiglia normale, ma lui non se ne accorse. Vincemmo 3-0, non era poi così santa quell’acqua”.

    C - Conti Bruno: “Abbiamo passato tanti momenti insieme. È stato uno dei capitani della Roma, oltre che un giocatore straordinario. Ci fu un periodo, verso la fine della carriera, che lui non giocava più tanto. Erano gli Anni 90, l’allenatore Ottavio Bianchi. Ricordo un giorno un episodio simpaticissimo: il figlio, Daniele, poi diventato giocatore del Cagliari, si rivolse al mister e gli disse: “Perché non fai giocare mio padre?””.

    D - De Rossi Daniele: “Mi dedicò un gol in un Roma-Fiorentina della stagione 2006-07. Una botta da fuori area che finì sotto l’incrocio dei pali. Dal centrocampo, mi venne di corsa ad abbracciare, fu un momento bellissimo, indimenticabile. C’è un affetto particolare tra di noi, potrei dire tra padre a figlio. Resta uno dei giocatori più grandi e importanti della storia della Roma”.

    E – Europa, i ricordi delle coppe: “A Norimberga, segnò Renato e passammo il turno. Faceva un freddo incredibile, eravamo tutti coperti con cappotti e cappelli. Alicicco, invece, stava in giacca. E Liedholm gli disse: “Dottore, se non si copre a Roma penseranno che siamo scemi”. Diceva sempre di sentire caldo. Un altro ricordo, Slavia Praga-Roma: ogni trasferta portavo delle bottigliette di cognac con me, lo mettevo sopra una zolletta di zucchero per riscaldare chi aveva freddo. Una volta sparirono tre bottigliette di cognac. Chi le prese? Alicicco, che aveva freddo… A Bordeaux, invece, Tigana mi regalò una bottiglia di vino”.

    F – Falcao Paulo Roberto: “Quando Cerezo venne a Roma, lo misi in guardia e gli dissi: “Attento, che Falcao è pieno di donne”. Lui rispose scherzando: “Miracolo”. Paulo era un vero donnaiolo, ogni settimana gli pulivo la macchina perché andava in giro spesso la notte”.

    G – Giannini Giuseppe: “Peppe riceveva una media di cinquanta lettere al giorno, oltre che forte in campo, aveva tante ammiratrici, anche giovanissime di dodici o tredici anni. Aveva continuamente richieste di foto autografate. Io imparai a fare la sua firma e lui delegò a me questa montagna di roba. Diceva sempre una battuta a Bonacina: “Tu pensa a correre, che la palla la tratto io””.

    H – Haessler Thomas: “Lo ricordo perché era un tirchio. Un giorno mi incaricò di comprargli delle batterie. Quando gliele portai, mi disse: “Devi aspettare che mi deve dare i soldi mia moglie. Era succube della moglie che amministrava le finanze di casa. Alla fine, comunque, pagò tutto”.

    I – Il capitano, Totti: “L’ho conosciuto da piccolino. Andavo a trovarlo in via Vetulonia, quando c’era qualche piccolo problema mamma Fiorella mi chiamava sempre. Un giorno non stava tanto bene, aveva la tosse. Alicicco non volle fargli fare una lastra. Mi chiamò la mamma per chiedermi come fare per risolvere la situazione. Voleva chiamare il presidente, io le consigliai di rivolgersi al medico di famiglia, che gli avrebbe prescritto la lastra. Francesco è una delle persone più care che ho conosciuto nella Roma: non è stato solo un grande campione, ma un uomo di immensa umanità”.

    L – Luis Enrique: “Lui è stato l’ultimo allenatore che ho vissuto dentro Trigoria prima di andare in pensione. Incrociandolo una volta gli ho detto: “Qui a Roma la gente vuole vincere”. Una volta mi nominò in conferenza stampa, lo ringraziai. Probabilmente, non ha avuto gli uomini giusti per sviluppare le sue idee di calcio nella Roma. Magari, con altri interpreti, avrebbe potuto fare grandi cose”.

    M – Montella Vincenzo: “Quando stava in panchina (gli capitava spesso con Capello) si vedeva che sarebbe diventato un ottimo allenatore. A Napoli, nell’anno dello scudetto, eravamo seduti uno accanto all’altro. Capello gli ripeteva continuamente: “Tieniti pronto, che ora entri”. Lui fremeva, voleva aiutare la Roma. Ad un certo punto mi fa: “Ce la farò prima o poi a giocare qualche minuto contro questa squadra?”. Come sapete, poi, tirò il calcio alla bottiglietta verso il mister”.

    N – Nela Sebino: “Quando gli facevo i massaggi, con quelle cosce che aveva, usavo almeno un litro d’olio. A Napoli prese una gomitata in fronte da Bonetti, che gli provocò una brutta caduta. A terra, sembrava morto. Io ero vicinissimo, dietro la porta, così gli feci la respirazione bocca a bocca. Si riprese, per fortuna, ma il secondo tempo non lo giocò”.

    O – Omar Gabriel Batistuta: “Aveva le saccocce a chiocciola, era parecchio tirchio. Pensate, io con Pruzzo molti anni prima feci un contratto, che gli portava fortuna: ogni volta che segnava un gol, lui mi dava cinquantamila lire. Allora, proposi a Batistuta la stessa cosa. Lui si prese un giorno di tempo per pensare, poi venne da me e mi disse: “Facciamola, ma dovrai essere tu a darmi i soldi dopo ogni gol”. L’aveva girata a suo favore. Al bar di Trigoria ha lasciato dei conti insoluti. Lo aspettano ancora... Devo riconoscere, però, che quando andò via da Roma mi lasciò le chiavi del suo spogliatoio e mi regalò tutto quello che aveva lasciato”.

    P – Pluto Aldair: “Alda era quasi dipendente da me, mi affidava sempre le sue cose. Gli avranno staccato decine di volte la luce perché lui si dimenticava di pagare le bollette. Mi dava da pagare ogni mese i suoi conti. Non vi dico la moglie le multe che ha preso per Roma, circa duecento, una roba simile. Ci siamo visti e sentiti anche dopo la sua partenza. Ho provato molto affetto per lui”.

    Q – Quelli che non abbiamo ancora citato: “Gerolin, Desideri, Cervone, Carboni, Rizzitelli, Maldera, Ancelotti. Mi fa sempre effetto quando questi grandi personaggi si ricordano di me telefonandomi o nominandomi in qualche intervista. Io ho dato tanto a loro: oltre che accontentarli quando volevano cioccolate o crostate, di cui avevo sempre le scorte, sono stato un loro confidente”.

    R – Roma: “Nel 1957, con Sacerdoti presidente, mi proposero da un giorno all’altro di fare il massaggiatore con la Primavera di Masetti e Arcangeli al torneo di Sanremo. Vincemmo e quando tornammo il magazziniere Pierino Rovita mi accusò di aver fatto sparire venti parastinchi. Il presidente mi convocò a viale Tiziano. Pensai che volessero farmi pagare il materiale perso, invece mi fu sottoposto un contratto da venticinquemila lire al mese. Da lì cominciò tutto, firmando contratti anno dopo anno”.

    S – Sensi Franco: “Un bravo presidente. Negli ultimi anni, quando non stava più tanto bene, veniva spesso a Trigoria a fare le cure. Una mattina entrò nella stanza dove i giocatori facevano i bagni caldi, tutti lo salutarono, ad eccezione di Cassano, che rimase con la testa sul lettino. Lui gli disse un sacco di parolacce in romanesco, con tono cattivo. Cassano, allora, alzò la testa e rispose: “Buongiorno presidente”, imitando la voce di Sensi”.

    T – Trigoria: “Ho visto nascere e crescere questo centro sportivo, poi denominato “Fulvio Bernardini”. Prima con Viola, quando trasferì la sede, poi con Sensi che costruì pure la cappella e tutto il resto. Posso dire di aver dormito e vissuto in ogni stanza. Quando i giocatori ci dormivano per il ritiro il nostro compito era quello di andare a svegliare i ragazzi per la colazione. Se arrivavano tardi alla riunione con l’allenatore e lui si arrabbiava, incolpavano noi, dicendo che non avevamo bussato alla loro porta”.

    U – Uomo Giorgio: “Mi ritengo una persona generosa, a volte anche troppo. Ho sempre cercato di dare una mano a chi mi chiedeva aiuto. Quando mi chiedevano qualcosa cercavo di accontentare, dando tutto me stesso”.

    V – Viola Dino: “Stava attento a tutto, viveva a Trigoria ogni giorno fino a tarda sera. Era davvero l’ultimo a uscire dal centro sportivo, spegnendo le luci come si dice. Mi ricordo che una volta passò e io mi stavo facendo una doccia. Si raccomandò, allora, di spegnere la luce una volta uscito. Quando era in ritiro con la squadra regalava un biglietto per giocatore. Anche io approfittavo di questo, lui me ne dava due ogni partita. Una volta mi chiamò perché mi ero dimenticato di chiederli, ci teneva che li avessi”.

    Z – Zeman Zdenek: “Voleva la colazione in camera. Caffè, un succo di frutta e i giornali. Quando arrivavo non riuscivo a trovarlo in quella nuvola di fumo. Consumava non so quanti pacchetti di sigarette al giorno. Forse trasmetteva troppa pressione a chi gli stava intorno e alla fine della stagione si verifificava un certo calo. Ma è stato un grande allenatore anche lui”.

    "Ho sempre cercato di dare una mano a chi mi chiedeva aiuto"

    - Giorgio Rossi