IT
  • EN
  • Home Notizie

    La testimonianza di Allyson Swaby sul razzismo


    La calciatrice giallorossa è di nazionalità giamaicana ma è nata e cresciuta negli Stati Uniti.

    Il lungo post è stato condiviso il 5 giugno, giorno del compleanno di Breonna Taylor, cittadina afroamericana rimasta uccisa in casa sua a Louisville il 31 marzo 2020 durante un’irruzione della polizia per un controllo in piena notte.

    Questo contenuto è fornito da una terza parte. A causa delle tue scelte riguardo la policy dei cookie sul nostro sito, questo contenuto esterno non può essere visualizzato.
    Se vuoi vederlo modifica le tue impostazioni sui cookie premendo uno dei due tasti seguenti.

    “Sinceramente ero indecisa se condividere questo mio pensiero perché non mi andava di affollare ancora di più una stanza già piena”, ha scritto Allyson. “Ma voglio rivolgermi ai miei follower e ai miei amici che non hanno la pelle nera, quindi a molti di voi. Soprattutto a coloro che ANCORA non si sentono spinti ad agire in supporto alla comunità nera.

    Questi sono alcuni esempi di razzismo o di micro-aggressioni razziste di cui ho avuto esperienza diretta al Boston College, dove ho passato 4 dei miei 23 anni. Voglio che ne siate a conoscenza perché siete stati o sarete parte della mia stessa comunità.

    Se pensate che il razzismo esista solo in realtà oscure e lontane e non nelle nostre comunità, tra gli amici, in mezzo a noi, lasciatemi condividere alcune delle mie esperienze.

    • Spiegare ai miei amici bianchi perché non dovrebbero utilizzare quella parola che inizia con la n, salvo poi sentirli continuare a farlo
    • Sentirmi dire: “sei nera coma la m…” da una mia compagna di squadra
    • Sentirmi dire “niente persone di colore” in una foto di GRUPPO da una compagna di squadra
    • Sentirmi chiedere: “come mai tua sorella è così chiara?”
    • Sentirmi dire: “per essere nera sei carina”
    • Sentire una compagna cantare “Build the wall” [Costruiamo il muro] durante il notiziario
    • Sentirmi dire “sai anche tu che non saresti entrata al Boston College se non fosse stato per il calcio”

    Non si tratta di una lista esaustiva ma sono alcuni esempi di razzismo che ho incontrato. Non sono sicura che le persone che hanno pronunciato quelle parole se le ricordino.

    Non sono nemmeno sicura che le altre persone presenti nella stessa stanza e che le hanno sentite abbiano provato una sensazione di disagio per me e per loro stesse.

    Io me le ricordo tutte e forse voi avete sopravvalutato la mia forza di passarci sopra.

    Oggi ho visto un video dei familiari delle persone uccise in una chiesa a Charleston, in South Carolina nel 2015 [Un suprematista bianco aprì il fuoco in una chiesa frequentata da afroamericani uccidendone nove].

    Li ho ascoltati parlare di come loro hanno PERDONATO il mostro che tolse la vita dei loro cari. Se loro possono perdonare qualcuno per un fatto così grave, io posso perdonare gli autori delle frasi e delle azioni che ho menzionato.

    Quello che però non posso fare è rimanere in silenzio e permettere che un’altra persona pensi di poter pronunciare le stesse parole pensando che non siano razziste sono perché sono state dette “scherzando”. O perché “non intendevo in quel senso, mi dispiace”.

    Mi piacerebbe poter dire che questi episodi non mi abbiano mai turbato perché so che il colore delle mia pelle non è un difetto. Però mi hanno ricordato una volta di più che nessun traguardo o risultato raggiunto possono proteggermi dal razzismo radicato nella nostra società.

    Sono tutte evidenze del fatto che quando entro in una stanza la prima cosa che viene notata di me è il fatto di essere nera e che per questo le persone si faranno un’idea di me prima di conoscermi. E molte volte il mio compito sarà quello di dimostrare che quel giudizio è sbagliato.

    Ma cosa succede se poi non ho occasione di farlo? Non sono più la stessa persona che ho cercato di essere in tutta la mia vita? Sono solo una ragazza nera per tutti quelli intorno a me? Cosa succede se non do il massimo tutto il tempo? Sono solo una persona senza valore? Nel mio cuore la risposta è no ma nella mia testa spesso parto con il presupposto che sia vero il contrario per essere preparata a tutto.

    Perché come abbiamo visto, le regole per non perdere la vita sei nero in America sono complicate, cambiano continuamente e senza spiegazioni.

    Ho speso molte energie concentrandomi sulle cose belle di molti rapporti di amicizia, pronta a difendere il carattere delle persone che pur assistendo a quegli episodi non mi hanno difesa. Sappiate che se pensate che io mi stia riferendo a voi è perché MI STO RIFERENDO A VOI.

    Se dentro di voi non sentite il bisogno di schierarvi per George Floyd, Breonna Taylor o qualsiasi altra persona perché magari non la conoscete personalmente ascoltatemi. Io vi dico che tutto questo riguarda anche voi personalmente.

    Non pensate a me, io sto bene, sono una privilegiata sotto tanti punti di vista e sono circondata da grandi persone. Ma le esperienze che ho raccontato sono comuni a tutti i neri americani.

    Utilizzate tutti i sentimenti che queste parole vi suscitano e trasformateli in azioni.

    Peace and love”.