L’inno che gli altoparlanti dell’Olimpico diffondono da anni prima di ogni partita, con annessa sciarpata e urlo finale “Roma Roma Roma” urlato dai tifosi all’unisono.
È nata grande, la Roma, anche solo per il nome. “Il mio nome è il simbolo della tua eterna sconfitta”, scrisse una volta la Curva Sud dopo un derby perso nel 2013.
Nata grande, ma anche subito vincente. Con un titolo messo in bacheca a distanza di un anno dalla fondazione. Nel 1928. Si tratta della Coppa Coni. Un torneo che fu organizzato dalla FIGC per le escluse dal girone finale della Divisione Nazionale e che durò per due edizioni. L’ultima vincitrice resta la Roma, con l’affermazione datata 92 anni fa. 1928, estate, mese di luglio.
La squadra giallorossa dopo aver superato un maxi girone eliminatorio di 12 gare con Napoli, La Dominante, Cremonese, Pro Patria, Novara e Brescia (18 punti totali), affronta il Modena in finale. L’andata e il ritorno non decreta vincitori, né vinti.
Il 22 luglio, al Motovelodromo Appio di Roma, la contesa si conclude 0-0. Il ritorno, a Modena, si conclude 2-2. Fatto inedito nella storia della rassegna. L’anno prima l’Alessandria aveva vinto alla seconda occasione, sconfiggendo il Casale.
Che fare, allora? Il Modena propone al club della Capitale di assegnare il titolo ex-aequo. La soluzione non convince il presidente romanista Renato Sacerdoti. La risposta della società è negativa e avviene attraverso un telegramma, pubblicato dai quotidiani il 27 luglio:
“Riteniamo che l'improvvisa sospensione del torneo, senza un incontro definitivo, danneggerebbe ed amareggerebbe gli sportivi della Capitale, che richiedono alla loro squadra un ultimo sforzo per raggiungere l'ambita méta. Perciò, benché il provato valore della cavalleresca avversaria ci faccia scendere sul campo con qualche brivido d'ansia, preferiamo il leale combattimento all’assegnazione amichevole”.
Così sia. Con la benedizione del Modena stesso in un altro comunicato diffuso successivamente:
“Il telegramma della Direzione dell’AS Roma (…) sembra lasciare intendere che si tratti di una proposta unilaterale. Rettifichiamo: la proposta fu avanzata dal Cav. Zanetti, segretario federale, d’accordo e col preventivo consenso del signor Crostarosa (…) Essa era intesa ad evitare agli atleti una nuova inumana fatica (…). la direzione del Modena non può che dichiararsi lietissima a sua volta che la decisione sia affidata al valore dei suoi allievi (…)”.
Tuttavia, la nota apre un ulteriore caso diplomatico. Lo stesso Sacerdoti in una comunicazione successiva tiene a precisare che “l’avvocato Crostarosa dichiara in modo formale di non essersi assolutamente impegnato con chicchesia (…)”.
Parola al campo, dunque. Il 29 luglio 1928, sul campo neutro di Firenze (il Velodromo Libertas, impianto di base della Fiorentina), alle ore 17.30 si disputa la “finalissima” della competizione nazionale. La Roma di Garbutt si schiera con Ballanti, Mattei, Corbyons, Ferraris IV, Degni, Rovida, Maddaluno, Fasanelli, Bussich, Bossi, Chini. Il match è di nuovo in equilibrio.
Va avanti la Roma su rigore con Corbyons. Ma non basta, il Modena pareggia con Manzoni in chiusura di primo tempo.
“Leale combattimento” doveva essere e leale combattimento si conferma sul terreno di gioco. Si va ai tempi supplementari. Al minuto 110 è Bussich a risolvere la questione con uno spunto personale.
La gioia della Roma è grande, la delusione dei “canarini” altrettanta. Al fischio finale dell’arbitro, Sacerdoti e il “papà” della Roma Italo Foschi si abbracciano commossi sugli spalti per poi scendere in campo e complimentarsi con i calciatori.
Il capitano Attilio Ferraris e compagni alzeranno il trofeo nell’intervallo di una gara di campionato del 24 febbraio 1929, vinta sulla Triestina per 4-0. Vince la Roma. Vince sul campo. Vince il primo titolo della storia. Un anno dopo la fondazione.
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