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Nove azioni per raccontare che giocatore è stato Abel Balbo


Balbo è stato un attaccante estremamente efficace e pratico. E qui ci sono nove situazioni di gioco per ricordarci che calciatore è stato

Dopo un Roma-Sampdoria del 1996 in cui Abel Eduardo Balbo segnò una tripletta, Carlo Mazzone disse nelle interviste televisive "questo ragazzo è una polizza di assicurazione".

Poteva sempre contare sull'attaccante argentino nella sua Roma in ricostruzione, una squadra che stava gettando le basi per tornare ai vertici del calcio italiano. Balbo è stato un attaccante estremamente efficace e pratico. Ancora oggi, riguardando alcune delle sue partite romaniste, si ha la sensazione che quasi riuscisse ad avere il controllo di tutte quelle situazioni "sporche" che potevano capitare in area di rigore: la palla che sbatte sul palo e torna in gioco, la respinta del portiere, la deviazione di un difensore.

Fiutare il gol vuol dire crederci

Balbo contribuì con 87 gol tra il 1993 e il 1998, dimostrandosi degno successore dei grandi numeri nove che lo avevano preceduto, poi tornò tra il 2000 e il 2002 per fare parte del gruppo che riuscì a centrare lo scudetto. Segnava tanto perché sapeva leggere l'azione prima degli avversari, intuire lo sviluppo del gioco o l'esitazione fatale di un difensore: Abel aveva quella qualità che il giornalismo sportivo ha ribattezzato "fiuto del gol".

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Sentiva l’odore del gol perché non smetteva mai di crederci ed è per questo che dietro a tante reti che a prima vista sembrerebbero casuali o fortunate, sicuramente imperfette da un punto di vista stilistico, c'è quella grande qualità che permette a un attaccante di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.

Prendiamo per esempio il caso delle mischie in area. Balbo di solito andava a cercare fortuna sul secondo palo. Si tirava fuori dal gruppone per poi puntare all’improvviso la porta con un movimento a mezzaluna dalla zona centrale verso l'esterno: così riusciva a smarcarsi più facilmente, a saltare di testa con maggiore slancio e a sfruttare eventuali deviazioni favorevoli.

Come nella partita della sua prima rete con la maglia della Roma, il 5 settembre 1993 nella vittoria per 2-1 contro la Juventus all'Olimpico.

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Il gol nasce da un calcio d'angolo dalla bandierina tra Curva Sud e Tribuna Monte Mario. Il sinistro a rientrare di Mihajlovic spiove sul secondo palo e prende di sorpresa Peruzzi, che sbaglia l'uscita; a raccogliere il pallone c'è proprio Balbo, che nel frattempo si è liberato dello juventino Carrera ed è sbucato nell'inquadratura a tutta velocità.

Nel saper prendere le spalle del difensore per poi accelerare sul primo palo o "sfilarsi" per puntare il cuore dell'area Balbo era tra i migliori nella Serie A di quegli anni. Quando il marcatore di turno ristabiliva il contatto ormai era troppo tardi per intervenire, come in occasione del suo gol nel mitico derby vinto 3-0 il 27 novembre 1994.

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Balbo perde un duello aereo a centrocampo, la palla arriva a Cappioli che lancia subito lungo per Fonseca. Sul cross a rientrare dalla destra dell'uruguaiano, leggermente deviato da Bergodi, il numero nove uno se lo aspetterebbe arrivare come una furia sul primo palo invece Balbo spunta dal nulla al centro, in una zona occupata da tre laziali: Chamot, Negro e Winter sono troppo impegnati a guardare il pallone e perdono di vista l’uomo che può buttarlo in porta.

Questo è uno dei nove gol segnati di testa da Balbo con la maglia da Roma.

Non “solo” opportunismo

In questo ampio repertorio mostrato in sei stagioni da romanista, di cui cinque da titolare, ci sono però molte perle che ci ricordano che Balbo non è stato "solo" opportunismo. Sotto lo strato di gol da rapinatore d'area troviamo molte giocate spettacolari come i cinque centri su punizione e gli altri quattro su conclusioni da fuori area.

Ne è un esempio questo destro terrificante scagliato a Parma il 9 aprile 1994, in una partita vinta dalla Roma per 2-0. Sono quei tiri così forti da non abbassarsi mai, quelli che finiscono all’incrocio quando sono ancora in fase ascendente. Balbo si smarca sulla trequarti, i difensori del Parma non lo seguono così può girarsi e puntare palla al piede per 5-6 metri: il tempo di alzare la testa, dare una rapida occhiata alla porta e prepararsi al tiro. Ecco il risultato.

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Non era rapidissimo, ma controllo e forza fisica lo aiutavano a segnare gol splendidi come questo contro il Vicenza, il 2 febbraio 1997, partita nella quale firmò una doppietta (2-0). È il secondo centro che fu applaudito anche dall’allenatore avversario Guidolin, come riportano le cronache dei giornali del giorno dopo.

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Su un'azione di contropiede, l’attaccante romanista si ritrova solo contro due avversari poco dopo la metà campo. Abel manda a vuoto un primo tentativo di Sartor di fermarlo con un tunnel di destro e si allarga velocissimo. All'ingresso dell'area, ancora una finta sul difensore avversario: sterzata e cambio di direzione, palla dal sinistro al destro e conclusione perfetta che anticipa l'intervento di un secondo avversario e del portiere Mondini.

Lontano dall'area

Balbo si affermò in Serie A in un'epoca di forti cambiamenti dovuti sia all’evoluzione dei sistemi di gioco e delle metodologie di allenamento sia alle novità introdotte nel regolamento. Pensiamo, per esempio, a quanto modificarono il calcio il divieto per i portieri di prendere il pallone con le mani dopo un retropassaggio, la nuova regola del fuorigioco e il cartellino rosso per i falli da dietro.

Balbo riuscì ad adattarsi alle novità senza snaturare le sue caratteristiche principali: oltre a essere un gran finalizzatore, rappresentava un riferimento centrale capace di aiutare la squadra a risalire il campo proteggendo palla, guadagnare falli preziosi o offrire soluzioni di gioco.

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Lo si vedeva spesso allontanarsi dall'area avversaria per cercare di non dare riferimenti al proprio marcatore diretto (molte squadre marcavano a uomo con i difensori negli anni Novanta), ma anche per dare linee di passaggio e aprire varchi per i centrocampisti e gli altri attaccanti.

Qui lo vediamo offrire una sponda preziosa per Moriero, in spaccata, in occasione del gol di Cappioli ancora una volta in quel derby del 27 novembre 1994.

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L'intesa con Fonseca

Una svolta positiva nel percorso di Balbo alla Roma arrivò di sicuro dopo l'acquisto di Daniel Fonseca nell'estate del 1994: basta fare un confronto con la qualità delle sue prestazioni nella prima stagione da romanista, la 1993-94, e quella successiva nella quale segnò in campionato quasi il doppio dei gol (da 12 passò a 22). «Basterà una settimana per capirci», disse l’uruguaiano alla rivista La Roma al suo arrivo.

Con Fonseca nacque un'intesa perfetta che portò i due attaccanti a chiudere la prima stagione insieme con 32 centri complessivi, 22 per l'argentino e 10 per l’uruguaiano. Balbo occupava prevalentemente la zona centrale e grazie ai suoi movimenti creava gli spazi e ispirava le azioni offensive. Fonseca invece non dava riferimenti: si infilava tra i reparti, stressava la difesa avversaria con la continua ricerca della profondità e creava superiorità numerica grazie alla sua abilità nell'uno contro uno.

La complicità tra i due fu totale, certi movimenti venivano naturali. Qui sotto ci sono due azioni in fotocopia allineate, due gol segnati da Balbo rispettivamente contro il Padova (2-0, 5 novembre 1995) e contro il Piacenza (3-1, 7 settembre 1996): cross dalla destra, velo e tiro fintato di Fonseca sul primo palo, e conclusione vincente del numero nove.

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Lì, nel cuore dell’area, c’era sempre lui: Abel Balbo, l’attaccante con gli scaldamuscoli rossi che resta nel cuore dei tifosi romanisti.