Ogni gara giocata è un tabellino da conservare per future statistiche. E all'interno della stessa possono nascere altre, che a loro volta contribuiscono a rendere quella stessa storia ancora più bella. Da tramandare con orgoglio.
È il caso di Roma-Anderlecht, del 30 ottobre 2001. Matchday 6 del girone A di Champions League. La squadra di Capello scende sul terreno di gioco dell’Olimpico già sicura della qualificazione alla fase successiva e con la consueta divisa da coppa, ideata per il ritorno nella vecchia Coppa dei Campioni (o per l’esordio nella nuova Champions League, fate voi).
Maglia mezza gialla e mezza rossa, in stile “Palio di Siena” per alcuni tifosi. Decisamente suggestiva, completata da pantaloncini e calzettoni blu notte.
Il tecnico di Pieris schiera una formazione sperimentale, sul sistema di gioco 3-5-2: Pelizzoli in porta, difesa formata da Siviglia, Samuel e Aldair, linea di centrocampo con Cafu, Assunçao, Emerson, Tomic e Guigou, in attacco Cassano e Delvecchio.
Al termine dei 90 minuti il risultato è di pareggio, 1-1 con vantaggio belga di Mornar e pareggio di Delvecchio. La storia nella storia, però, si scrive al minuto 26 della ripresa. Perché al posto del centrocampista serbo Ivan Tomic, subentra un ragazzo di diciotto anni, acconciatura bionda a caschetto e maglia numero 27 sulle spalle. È al debutto assoluto con la Roma. Nemmeno in campionato ha ancora visto il campo.
Non sarà un inedito per quella stessa stagione, il maggiorenne collezionerà successivamente anche tre partite in Coppa Italia. Solo il 25 gennaio 2003 esordirà in campionato, sul neutro di Piacenza, contro il Como. Quel Roma-Anderlecht 1-1 è un primo pezzo del puzzle della storia di Daniele De Rossi con la Roma, con la sua maglia.
Una maglia indossata 616 volte, iniziando con l’Anderlecht. 616, cifra evocativa di quello che sarà DDR nel corso romanista. 6 il 16 (quello che sarà il suo numero di maglia dal 2005). 6 De Rossi.
Andiamo nel dettaglio dell’undici titolare di quella serata.
Ivan Pelizzoli: arrivato dall’Atalanta nell’estate del 2001, in molti pronosticavano per lui un futuro alla Buffon. Ma non mantenne completamente le attese. In giallorosso detiene il record di imbattibilità, maturato nella stagione 2003-2004: 774 minuti. 92 presenze dal 2001 al 2005.
Sebastiano Siviglia: una sola stagione in giallorosso, la 2001-2002, con lo scudetto cucito sul petto. Pochi sussulti. Contro l’Anderlecht l’unica presenza in Champions con la Roma. 7 presenze.
Walter Samuel: a lui Capello non rinunciava mai. Lo faceva giocare sempre, incurante del lignaggio dell’avversario o del valore dell’incontro. È stato “The Wall”, “Il muro”, colonna del terzo scudetto giallorosso nel 2001. 173 gare e 11 gol.
Aldair: campione del mondo con il Brasile nel 1994 e campione d’Italia con la Roma nel 2001. Difensore centrale di spessore enorme, non aveva nulla da invidiare a Franco Baresi, che in qualche modo sconfisse nella finale di Pasadena. 13 anni in giallorosso, 436 presenze, 20 gol.
Marcos Cafu: come Aldair, campione del mondo col Brasile (due volte, 1994 e 2002), campione d’Italia con la Roma nel 2001. Lui, a differenza di Pluto, alzò la coppa del mondo al cielo da capitano nel 2002. Icona del calcio mondiale, a Roma è ricordato anche per i palleggi sulla testa di Nedved nel derby deciso da un autogol di Negro nel 2000. 218 presenze, 8 gol.
Marcos Assunçao: arrivò per fare il titolare nel campionato 1999-00, diventerà un comprimario di lusso nella stagione del terzo scudetto (2000-2001) e in quella successiva. Calciava le punizioni con il telecomando, molto spesso finivano in rete. “Assunçao, come fao?”. 83 presenze, 10 gol,
Emerson: la sua storia con la Roma è finita male, ma iniziò come una fiaba. Con le lacrime dopo l’infortunio e la voglia di tornare subito protagonista nella stagione del terzo scudetto. È stato un centrocampista totale, capace di interdire e suggerire con la stessa qualità. 145 gare, 21 gol.
Ivan Tomic: preso nella primavera del 1998 dal Partizan Belgrado in luogo di Dejan Stankovic, che invece finì da un’altra parte. Avrebbe dovuto aggiungere velocità e qualità al centrocampo di Zeman formato da Tommasi, Di Biagio e Di Francesco. Sembrava effettivamente forte in una videocassetta del Corriere dello Sport, uscita per celebrare il suo acquisto. Ma, alla fine, non andò tanto bene. Daniele De Rossi, in quel Roma-Anderlecht, entrò al posto di Tomic. 31 presenze.
Gianni Guigou: di nome completo faceva Gianni Bismark Martinez Guigou. Centrocampista tuttofare, alternativa nella stagione del terzo scudetto, comprimario efficace anche nelle annate successive. Suggerì di testa a Batistuta il gol dell’ex in Roma-Fiorentina 1-0 del 2000. Nell’edizione della Champions League 2001-2002, servì un “cioccolatino” per il gol di Totti in Roma-Lokomotiv Mosca. 61 gare, 3 gol.
Antonio Cassano: poteva fare una carriera alla Baggio, si è accontentato di molto meno. “Il mio carattere un po’ m’ha penalizzato, ma ero veramente forte”. A parte la sua scarsa modestia, era così. Per Totti è stato il compagno ideale in attacco. In coppia, facevano sparire la palla agli avversari. Illegali. Però, citando De Niro in Bronx, “talento sprecato”. 161 partite, 52 gol.
Marco Delvecchio: aveva meno talento rispetto a Cassano, Montella e Totti, ma il suo spirito di sacrificio era imprescindibile per Capello. Il tecnico difficilmente ci rinunciava, anche se non era un fine dicitore. Ma quella finta a Nesta o Mihajlovic nei derby resta il suo marchio distintivo. 300 presenze, 83 gol.
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