Soprattutto se quella stessa gara metteva in palio un trofeo, un titolo, la Coppa Italia nella fattispecie. Lo dice lui stesso. “Se avessimo vinto quella Coppa Italia nel 1993 in finale con il Torino, anche il mio percorso sarebbe stato diverso”. Sono le parole di uno – ex portiere, classe 1973 – che, in ogni caso, la sua carriera a livelli professionistici l’ha fatta, in diversi club di C, difendendo anche i pali di club storici come Catania, Lodigiani, Viterbese e anche il Benevento.
Stagione 2000-2001 in Campania. Iniziamo da là?
“Diciamo che a livello personale non fu un’annata felicissima. Anche per ragioni personali. Dopo tre stagioni alla Viterbese, a casa mia, lasciare quella squadra mi pesò moltissimo. Andai a Benevento, però non andò benissimo. Giocai anche poco”.
Che società e che ambiente trovò?
“Sicuramente una squadra importante con una tifoseria molto calda e appassionata alle spalle. Affrontare il Benevento, nel suo stadio, non era semplice per nessuno. Giocai in una squadra giallorossa nell’anno del terzo scudetto della Roma…”.
Rammaricato per come finì nella Roma?
“Sicuramente se avessimo portato a casa quella coppa, in quella doppia finale contro il Torino, sarebbe stata una grande impresa per la Roma, partendo dal 3-0 subito all’andata al Delle Alpi, ma pure un biglietto da visita diverso per il sottoscritto. Come è noto, giocai entrambe le partite andata e ritorno, considerando che mancavano primo e secondo portiere per ragioni diverse. Ovvero, Cervone e Zinetti. Purtroppo le cose non sono andate in quella direzione, ma va bene così. Quello che ho avuto è ciò che mi sono meritato”.
Debuttò con la Roma nell’annata con Boskov allenatore, 1992-1993. Il suo rapporto con il tecnico serbo?
“Personaggio straordinario. Un aneddoto continuo. Tutto quello che si dice su di lui, del suo modo di parlare e di essere carismatico, era esattamente così. Una persona squisita, mi diede fiducia in un impegno così importante come una finale. Mi porto dietro un’esperienza grandissima con lui”.
In quel momento storico avvenne anche l’esordio nel calcio professionistico di Totti, a Brescia, il 28 marzo 1993.
“Con Francesco abbiamo giocato insieme in Primavera per molto tempo. Il calciatore lo conosciamo tutti e non ha bisogno di altre parole. La cosa bella è il fatto che lui sia rimasto sempre lo stesso ragazzo di sempre, alla mano e disponibile con tutti”.
Chi la portò alla Roma?
“Fu il direttore sportivo di allora, Giorgio Perinetti, a notarmi. Era il 1986, avevo tredici anni. Poi, il preparatore dei portieri, Negrisolo, diede il benestare. E con lui, con i suoi insegnamenti, sono cresciuto tanto. Così come pure con gli altri allenatori che ho avuto come Tancredi e Quintini, due che in prima squadra hanno giocato e vinto”.
È mai tornato a Trigoria?
“Sì, ci sono stato di recente per la mia società. È cambiata tantissimo rispetto ad allora, ma è sempre l’ambiente che per sette anni, fino al 1993, mi ha permesso di diventare uomo e calciatore professionista. Fa sempre effetto rivederla”.
Oggi di cosa si occupa?
“Sono il responsabile del settore giovanile della Viterbese. Gestisco anche una scuola calcio e, quando posso, alleno anche i portieri della squadra. Mi tengo impegnato, insomma. E, devo dire, che essere stato un calciatore professionista dà molta più credibilità ai ragazzi che ti ascoltano”.
Da dirigente di un club di calcio, come state vivendo l’esperienza legata al Covid?
“Devo dire che, per fortuna, non abbiamo avuto contagiati nelle nostre squadre. Cerchiamo di attenerci scrupolosamente alle regole. È una situazione critica e chi non sta sul campo non può capire. Mi auguro passi presto. Per il bene di tutti”.
"Boskov un aneddoto vivente, Totti è rimasto il ragazzo semplice della Primavera"
- Patrizio Fimiani
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