Ramón Rodríguez Verdejo, noto come Monchi, è stato presentato oggi ai media in conferenza stampa a Trigoria.
Lei è considerato in Spagna uno dei migliori direttori sportivi al mondo, perché ha scelto di venire alla Roma?
“Prima di tutto vorrei salutare tutti, mi piacerebbe prima chiedere scusa a tutti quelli che mi hanno scritto negli ultimi tre o quattro mesi regolarmente e ai quali non ho risposto con l’educazione dovuta. In quel momento dovevo concentrarmi esclusivamente sul mio Club, il Siviglia, e sul mio arrivo alla Roma”.
“Non mi considero il miglior direttore sportivo al mondo, ma una persona molto fortunata nella carriera che sta avendo, alla quale ho dedicato molto tempo e sforzo. È vero che ho avuto tante offerte di altri Club che sono state sicuramente interessanti per nome e tradizione. Lasciare il Siviglia è stata una scelta complicata, ma una volta presa quella decisione ho avuto subito le idee chiare. La Roma è un Club con un margine di crescita grande, qui la base esiste: non ricominceremo da zero. È stato fatto un gran lavoro dai miei predecessori, cioè da Sabatini e Ricky, ma credo ci siano enormi possibilità di crescita, per entusiasmarci e per sognare. C’è un altro motivo, poi, per cui ho scelto la Roma: ho parlato con Jim, e a tal proposito mi unisco al ringraziamento di Gandini nei suoi confronti, ho affrontato il tema anche con Mauro e Ricky e ho subito capito che qui avrei potuto lavorare essendo me stesso, essendo Monchi. Se la Roma si è interessata a me è perché sono Monchi e qui sono sicuro che potrò lavorare essendo me stesso”.
Lei è qui per preparare il futuro, ma nel presente ci sono quattro partite fondamentali, cosa ha detto e cosa dirà alla squadra?
“Assolutamente, sono pienamente d’accordo. Non avrò grande influenza su questa stagione, non ho molto tempo essendo arrivato sul finale. Sono qui e sto pensando maggiormente al futuro piuttosto che al presente. È vero, però, che il nostro futuro dipende dal presente, questo è un concetto valido per il Club, per i tifosi e per tutto. Il futuro è stimolante, ci giochiamo il secondo posto e l’accesso diretto in Champions League. Per quanto possa aiutare ora, sono a piena disposizione del Club, del gruppo e di tutti. Da quando ho messo piede in questa società mi sento una parte pienamente integrante del Club: è sulla base del presente che costruiremo il futuro”.
Come ci si avvicina a una Juventus che sembra inarrivabile?
“Come ho già detto sono qui concentrato sul futuro ma mi preoccupo anche del presente su cui posso intervenire. Conosco il cammino e il potenziale della Juventus. Io sono ambizioso per natura, lo sono sempre stato, ma questo non vuol dire vendere fumo. Colmare il divario con la Juventus non è facile ma non è nemmeno impossibile. Inoltre, nella rosa attuale, abbiamo ottime possibilità per poter colmare questo gap. Dobbiamo continuare a lavorare molto: è difficile ma non è impossibile, è realizzabile. Soprattutto sulla base di ruolo che abbiamo oggi: nella rosa attuale ci sono ottimi elementi per il futuro”.
In Italia recentemente si è riaffacciato il problema dei cori razzisti. Questo problema c’è anche in Spagna? Si convive con questo anche lì nel 2017?
“Questo è un tema che mi preoccupa molto. In Spagna è un tema che si sta affrontando molto bene, ci si sta lavorando, grazie al contributo di tutti: dei Club, della federazione, del Governo, dei giocatori, degli allenatori. Si parla tutti la stessa lingua, hanno tutti la medesima ossessione. In Italia si può fare bene, ma con l’aiuto di tutti, anche della stampa che deve denunciare. Un professionista può uscire dal campo arrabbiato per una sconfitta, ma non perché offeso per il colore della pelle o per la sua ideologia. Ho trascorso questi giorni con Toni, lui sta soffrendo per questo tema e invito tutti a proteggere i calciatori, ma non solo lui, anche Muntari e tutti i calciatori in questa situazione. Siamo nel 2017 e siamo entrati da un po’ nel Ventunesimo Secolo, non dovremmo parlare di questo tema. Con la modestia dell’ultimo arrivato chiedo a tutti sostegno e fermezza nel denunciare questi episodi”.
A Roma si è vinto poco storicamente, quello che però colpisce della sua esperienza al Siviglia è che lei ha trasformato una realtà rendendola vincente. Vede delle analogie tra i due Club? Qual è stato il segreto del suo lavoro?
“Non credo che ci siano segreti nel mio lavoro, non ci sono formule magiche, altrimenti le avrei vendute. Non esistono due club identici, ciascuno ha una propria fisionomia. Il mio segreto mi è stato chiesto più volte in Spagna e ho sempre dato una risposta poco originale: il lavoro. Cosa vuol dire il lavoro? Non solo acquistare calciatori e vedere partite. Io credo che i tifosi della Roma meritino che i propri sogni vengano realizzati, tutti dobbiamo aiutare il club, tutti. Se non andiamo nella stessa direzione non raggiungiamo i nostri obiettivi. Questo è quello che abbiamo fatto al Siviglia, sono sicuro che ci riusciremo: i tifosi meritano di vedere i propri sogni realizzati e io sono qui per aiutare a realizzarli. Tutti dobbiamo lavorare e col tempo imparerete a conoscermi. Il mio obiettivo è quello riunire tutti, da Pallotta a Monchi, passando per ogni singolo dipendente, per raggiungere lo stesso obiettivo: questo è il primo passo per riuscire a vincere”.
Qual è la sua posizione sul futuro di Luciano Spalletti?
“Vi racconto una storia, anzi un segreto. La prima volta in cui ho ricevuto la chiamata per valutare la possibilità di venire alla Roma sono stato la notte a pensare ai pro e ai contro. I lati negativi erano legati solo al fatto di lasciare il Siviglia, che è stato difficile: è casa mia, essendoci stato tanti anni. I pro sono stati tanti, ma ce n’è uno che racconterò ora: è Luciano Spalletti. L’idea di poter lavorare con lui, l’entusiasmo di poter stare con lui. Lo considero un allenatore molto importante. Detto questo cercherò di realizzare questa possibilità ma ora non dobbiamo distrarci, né permetterci di perdere un solo secondo. Quello che conta sono le ultime partite. Detto questo conservo la speranza che possa restare con noi, perché è uno dei motivi che mi ha attratto a venire qui. Ci proverò con la voglia e l’entusiasmo, vedremo se ci riuscirò.
Cosa si prova ad aver lasciato Siviglia?
“È la prima volta che esco da Siviglia non solo come Direttore Sportivo ma in tutti i sensi. Ci sono arrivato a 19 anni e ovviamente l’ignoto inizialmente fa paura. Neanche nei miei sogni migliori avrei potuto immaginare un’accoglienza migliore qui: del Club, dei tifosi, di altri club italiani o spagnoli. Ci sono molte cose a preparare la mia traversata, ringrazio tutti: Umberto, Mauro, Ricky, i ragazzi dei media, è stato tutto molto più semplice. La partite è già come se fosse iniziata per 1-0 nei miei confronti”.
Lei aprirebbe le porte al contratto di un’altra stagione di Totti? De Rossi rinnoverà il contratto e anche l'anno prossimo sarà un giocatore della Roma?
“Inizio rispondendo su Daniele. La voglia e l’interesse delle due parti è il medesimo, sia Daniele sia la Roma vogliono continuare insieme. Faremmo davvero la figura degli imbranati se non riuscissimo a trovare un accordo. Ho conosciuto Daniele e, oltre che un gran calciatore e un ragazzo fantastico, cercheremo di raggiungere un obiettivo comune”.
“Su Francesco dico solo che sono arrivato qui da una settimana e quello che so è che già c'era un accordo tra lui e la Società su un ultimo anno da calciatore e a partire dal prossimo come dirigente della Roma. Ora voglio guardare avanti e chiedo che Francesco sia il più possibile vicino a me per aiutarmi a imparare cosa è la Roma, perché lui è la Roma. Gli chiedo che mi stia vicinissimo se lo vorrà e se riuscirò a imparare solo l’1% di quello che lui conosce della Roma mi potrò ritenere fortunato”.
Quanto ha influito la figura di Franco Baldini nel suo arrivo alla Roma?
“Non saprei quantificarlo. Su di me ha influito la Roma. Baldini è stata la persona con cui ho parlato, la persona che aveva ricevuto il mandato di pallotta per contattarmi, ma io non mi sono innamorato di Baldini, io mi sono innamorato della Roma”.
Il piazzamento della Roma quanto può influire sugli investimenti del Club? Ci sono due piani di mercato diversi in base al piazzamento come secondi o terzi?
“Sto facendo tre corsi accelerati, uno di italiano, uno per conoscere i nomi di tutti i dipendenti del club e uno di ambizione. La Roma è ambiziosa da cima a fondo, evidentemente l’ingresso in Champions ci dà accesso a degli introiti, ma il denaro non è tutto, aiuta ma non è tutto. Dobbiamo preoccuparci e trovare l’accesso alla Champions per il prestigio e per la crescita del marchio Roma, per riuscire ad attirare i calciatori importanti. Questa preoccupazione non è legata al denaro: al denaro si può supplire con il lavoro, ma noi proveremo a raggiungere quell’obiettivo per il prestigio e qualora non ci riuscissimo ci rimboccheremo le maniche e ci metteremo al lavoro”.
Al Siviglia ha dovuto vendere per fare diverse plusvalenze, qui a Roma dovrà adottare la stessa strategia?
“Al Siviglia era una strategia necessaria, dovevamo farlo per raggiungere una serie di obiettivi finanziari. Era difficile e per fortuna siamo riusciti a raggiungere quell’obiettivo finanziario generando plusvalenze. Ma è solo un’analisi parziale questa. Quello che ha reso una buona squadra il Siviglia sono i successi sportivi. Qui elaboreremo la strategia migliore per ottenere quei successi sportivi. Ora provo ad analizzare la domanda e dico subito una cosa: il problema maggiore nel nostro lavoro non è vendere, ma comprare male. Tutti insieme lavoreremo per una strategia condivisa e idonea per ottenere i successi. Crede che io sia venuto qui e abbia lasciato casa mia per non vincere?”.
Incedibile è una parola che per lei esiste? Qual è il suo metodo di lavoro?
“La risposta tipo dei manuali è che esistono giocatori incedibili. Ho detto che non vendo fumo però e personalmente credo che non ci siano giocatori incedibili, evidentemente più importanti e alcuni meno importanti. In ogni caso non dico che la Roma dovrà vendere, la Roma analizzerà tutte le offerte che perverranno in termini economici e sportivi: la Roma non ha un cartello su cui è scritto si vende, ha un cartello in cui c‘è scritto si vince. Nessuno è cedibile, nessuno è incedibile. Sul mio metodo di lavoro, poi, ci sarebbe bisogno di un’intervista a tu per tu”.
Nella Roma dovrà continuare a cercare giocatori come Dani Alves e Sergio Ramos che poi sono diventati incredibili o ci sarà mai la possibilità di acquistare l’attuale Higuain? A che punto siamo con l’affare Kessié?
“Una precisazione, Ramos non è stato acquistato, ma veniva dal settore giovanile. A me piace lavorare con giocatori giovani, comprare giocatori giovani. Ma non è un’ossessione, L’obiettivo è uno, i giocatori che vogliamo comprare devono avere due caratteristiche: devono essere forti e con fame di vincere. Voglia, volontà ed entusiasmo, poi è uguale se hanno 19 o 28 anni è su questo che dobbiamo scommettere”.
“Kessié è un ottimo calciatore che la Roma segue, abbiamo ottime referenze su di lui, lo conoscevo, è una possibilità, vediamo cosa succederà. Siamo solo agli inizi, agli albori, ogni cosa è possibile”.