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Carpi
"Tripudi, osanna e scarrozzata finale in Via del Gambero, dove era la rinomata bottiglieria Farneti. Farneti era stato magnate dell'Alba, non aveva digerito la fusione, si era fatto laziale. Ed ecco pronti Carpi, Bibbitone, Degni e naturalmente Attilio Ferraris IV passargli e ripassargli davanti in carrozza, con facce da luna piena. Questo era il clima di quel primo derby capitolino!"
-Vittorio Finizio

Elegante, loquace, visceralmente romano. E romanista. Giorgio Carpi è stato, era e sarà uno dei simboli della Roma. In campo con la squadra degli albori, nel primo derby, nella prima partita a campo Testaccio. Oppure al volante della sua Fiat 509 Coupé a portare in giro per Roma l’amico fraterno Attilio Ferraris: che tutto sapeva fare, dalle rovesciate al biliardo, tranne guidare un’automobile.  E’ stato romanista, Carpi ‘Il Signorino’, dietro una scrivania ad occuparsi delle questioni quotidiane, piccole e grandi, dell’AS Roma. A bordocampo seguendo i ragazzi delle giovanili, al fianco della Prima Squadra verso il Venezuela. Addirittura in panchina, due volte. Poi sugli spalti, da tifoso. 

Carpi, classe 1909, arriva al Football Club di Roma al seguito del fratello Luciano. Il padre Cesare è a sua volta un importante dirigente dell’Aristocratico Club e partecipa alle fasi che portano alla fondazione della Roma, prima che un incidente automobilistico lo strappi all’affetto della sua famiglia. Giorgio, nel giugno 1927, entra così a far parte della Roma, togliendosi grandi soddisfazioni e restando in giallorosso per quasi un decennio. Elegante, loquace, estremamente romano e romanista, per giocare nella Roma non chiede uno stipendio e percepisce solo i rimborsi spese. Così Renato Sacerdoti, già amico personale del padre di Giorgio, nel 1930 decide di premiarlo regalandogli un’automobile. In fatto di amicizia è impossibile dimenticare il suo legame fraterno con Ferraris IV, che proprio sotto l’incoraggiamento di Carpi apre il suo leggendario bar con la carta da parati giallorossa. Nominato Socio Benemerito già nel novembre 1944 (la comunicazione dal presidente Pietro Baldassarre gli arriva a gennaio del 1945), entra nei quadri dirigenziali della Roma raggiungendo incarichi di primissimo piano (tra questi Segretario del Comitato Esecutivo), ma nel Club svolge ogni tipo di funzione compresa quella di allenatore, quando siede sulla panchina della Roma, con la qualifica di Direttore Tecnico, in occasione delle due gare contro il Vojvodina del giugno-luglio 1955. Lascerà il Club nel 1959 rimanendone sempre un affezionato sostenitore. Oltre alla gran partita disputata nel derby numero uno dell’8 dicembre 1929, vinto ovviamente dalla Roma, un altro fiore all’occhiello del suo curriculum giallorosso arriva nel 1954: è lui, materialmente, a portare Giacomo Losi a Roma. Un suo rimpianto? L’unico, confidato in un’intervista del 1992, è quello di non essere riuscito a segnare un gol in Serie A con la maglia della Roma: “Ci andai molto vicino contro la Juventus, ma Combi, con un balzo, mi privò di questa gioia quando pensavo di avercela fatta”. Nel derby dell’11 gennaio 2015 i tifosi romanisti lo omaggiarono inserendo il suo volto in quello di sedici “figli di Roma, capitani e bandiere” innalzati in Curva Sud prima del calcio d’inizio.

"Con mio fratello Piero e i nipoti di papà, tutti invariabilmente romanisti, esprimo riconoscenza all’AS Roma, per la sensibilità dimostrata nel sostenere la memoria storica dei colori giallorossi, e ringrazio di cuore la Commissione e i tifosi che hanno votato online, per le preferenze espresse. Ci piace interpretare il loro voto come un riconoscimento, oltre che per il contributo dato da papà come calciatore, anche per i suoi comportamenti improntati sempre alla correttezza sportiva, per la sua testimonianza degli albori della squadra, fin dalla sua militanza da giovanissimo nel Roman, per la collaborazione in diversi ruoli dirigenziali nel difficile periodo della ricostruzione degli anni ’50, per la fedeltà fino alla fine come tifoso con il batticuore e, non ultimo, per la spesso citata rinuncia agli emolumenti come giocatore, divenuta simbolo dei valori di disinteresse e onestà, oggi di particolare attualità. Dopo la morte di suo padre Cesare, avvenuta proprio nell’anno di fondazione della società, la Roma era divenuta per mio papà una seconda famiglia. Questo riconoscimento è per lui un regalo inestimabile"
-Andrea Carpi
Competizione Presenze Gol
Massima Divisione 45 0
Totale 45 0