Di giocatori come Carlo Ancelotti si è perso lo stampo. Nessuno nel calcio moderno sa operare in fase d’interdizione e rilanciare l’azione sulla scorta di fondamentali tecnici di primissimo ordine come era in grado di fare lui.
Nella Roma compie un percorso di otto anni che lo porta da matricola al debutto in serie A a capitano giallorosso e titolare in Nazionale.
In questo viaggio, stelle polari della sua militanza sono naturalmente le vittorie (lo scudetto su tutte, assieme alle quattro coppe Italia), ma non c’è dubbio che una cifra determinante rimane il rapporto d’affetto che il ragazzo di Reggiolo riesce a costruire con la città e i tifosi. Nel suo libro autobiografico “Preferisco la Coppa”, Ancelotti, non a caso ha scritto: “Roma città matta, capitale del mio cuore. Di Milano non conosco niente, di Roma tutto. Lì ho imparato a vincere, anche se il mio rapporto disincantato nell’affrontare gli avvenimenti belli è strano: li ricordo poco. Nel calcio come nella vita – anche privata – ti restano più addosso le delusioni, di cui però non ho tutta questa voglia di parlare. Lo scudetto del 1983 è stata la mia prima vittoria”.
Delusioni, che per Carlo, negli anni romani, significano anche e soprattutto infortuni. Due serissimi traumi che lo fermeranno per due stagioni privandolo, dal punto di vista sportivo, della possibilità di prendere parte a un mondiale (quello vittorioso del 1982) e a una finale di Coppa dei Campioni (1984).
L’approdo di Ancelotti alla Roma è legato sia all’intuizione tecnica di Nils Liedholm che alla determinazione feroce di Dino Viola, capace di superare la concorrenza spietata di Inter e Juventus e di altre formazioni del panorama calcistico italiano.
Sin dalle prime battute, l’ex gioiello del Parma si dimostra in grado di fare la differenza. Falcao lo incorona come “migliore giocatore italiano”, mentre Cruijff, che lo vede giocare, esterna la sua ammirazione e prevede che con lui la Roma arriverà “almeno in semifinale di Coppa dei Campioni”. Persino Maradona lo individua come uno dei segreti di un centrocampo, quello giallorosso. Nonostante questo Carlo rimane un campione e un uomo umile. Molti anni dopo, a chi gli chiedeva come sarebbe stato per lui giocare assieme a Francesco Totti, rispondeva: “Van Basten mi diceva scherzando che dovevo solo pensare a dargli la palla e correre a esultare dopo che lui aveva segnato. Con Francesco sarebbe stata la stessa cosa”.
Competizione | Presenze | Gol segnati |
Serie A | 171 | 12 |
Coppa Italia | 36 | 3 |
Coppe europee | 20 | 2 |
Supercoppa | 0 | 0 |
Totale | 227 | 17 |
Confermo di aver preso visione della privacy policy.
© 2018/2024 Soccer S.r.l. – P.IVA 09305501000 - tutti i diritti riservati. I nomi AS Roma, i loghi e le immagini sono marchi registrati o non registrati di Soccer S.r.l. Tutti gli altri marchi possono essere di proprietà dei rispettivi titolari.